La necessità dell’Indipendenza

Non esiste, dalla parte della Sicilia, figurante politico del livello di Umberto Bossi.

I politicanti siciliani sembrano essere una spanna al di sopra del padano, salvo poi a misurare il loro effettivo valore sulla scena politica, veramente molto basso rispetto a quello acquisito, a forza di proclami, popolo bue e scene eclatanti, dal poco raffinato ma certamente influente capo della Lega.

Può presentarsi anche in canottiera, ma suscita ammirazione anche sui fogli d’informazione più vanitosi e, cosa ancora più pericolosa, riesce a minacciare futuri di secessione senza suscitare alcun commento né da parte dei media politici né dalla magistratura, quasi che la secessione della sua cosiddetta Padania – un territorio inventato con un popolo che esiste soltanto nella contestazione del potere del Governo centrale a cui però la Lega partecipa in maniera massiccia – ormai debba rientrare nella semplice dialettica politica, alla faccia di costituzione e leggi dello Stato.

Ma, alla fine, non possiamo che restarne ammirati, non potendo, noi siciliani, contare su una figura altrettanto efficace quale quella dell’Umberto, nella richiesta di una sacrosanta e oltremodo legalizzata indipendenza della Nazione Siciliana che, solo staccandosi dallo Stato centrale, potrebbe inventarsi finalmente sviluppo e futuro.

Ma mentre Lui può permetterselo, glielo concedono, lo fanno parlare, il suo carisma in canottiera gli permette di pretendere di dire cose giuste nella violazione assoluta delle regole costituzionali, noi siciliani, per la Sicilia, regione autonoma – ahimè, solo a parole dal 1946, per colpa di ascari e parassiti – noi non siamo in grado non solo di rivendicare questa indipendenza , ma neanche semplicemente di parlarne, senza che i poteri centrali agitino il fantasma della mafia per atterrirci e come deterrente alle nostre spinte autonomistiche.

D’altronde è stato sempre così : agitare lo spauracchio dell’indipendenza è valso a concentrare sull’Isola i sospetti di mafia e la risposta di quegli angelisti siciliani politicanti che correvano a rapportarsi a Roma, nelle sedi centrali dei loro partiti, per far rientrare nell’ordine quelle scriteriate richieste di semplice applicazione dei Patti, peraltro già firmati dallo Stato e dalla Regione siciliana (Stato regionale di Sicilia).

Così mentre il Bossi può permettersi di agitare il tema di una secessione legale e condivisa, basata su falsità storiche e politiche, noi siciliani non possiamo reclamare neanche il dovuto, quello che lo Stato stesso ha controfirmato nei Patti dell’Autonomia e che ha da sempre disatteso, proprio perché non abbiamo mai avuto una figura politica originale che si sia innalzata dal contesto di nani, ballerine e ladri di galline, che anima la scena politicante siciliana. Nuddu di nuatri pi farisi rispittari comu fa Bossi.

Ma noi siciliani aspettiamo sempre che siano gli altri a fare il primo passo, “durmemu e nun vulemu esseri arruspigghiati”; permettiamo che altri decidano per noi e lasciamo che poi evochino fantasmi di mafia quando finalmente tentiamo di risvegliarci.

Mafia agitata come spauracchio contro l’autonomia e l’indipendenza per tenerci sotto controllo, senza tenere presente che agitare la mafia, come osservare i disastri economici e vivere i ritardi storici che viviamo nell’Isola, non può mai giustificare la politica di non intervento, di simbiosi e di collusione che ha sempre dimostrato lo Stato centrale.

Sviluppatasi dopo l’unificazione del regno d’Italia, mafia è fenomeno organico di questo Stato centrale, co-fondatrice prima di questa Unità fasulla ( ricordiamo i picciotti e garibaldini) e co-fondatrice poi di questa repubblica bananiera (uno dei primi sindaci della Sicilia liberata dagli americani è stato il boss Navarra) mafia è il braccio armato dei poteri forti che governano oggi la Sicilia.

Resta solo da giocare la carta dell’indipendenza, senza più giustificazioni né dormiveglia per almeno 5 o 6 motivi :

  1. l’assoluta negazione da parte dello Stato centrale dell’applicazione dello Statuto pattizio di Autonomia;
  2. l’endemico ritardo economico e civile dell’Isola;
  3. la mancanza di una classe politica “seriamente” siciliana;
  4. le millanterie unitarie;
  5. le richieste secessioniste del nord inventate da un furbastro;
  6. l’impossibilità di battere moneta siciliana che servirebbe a metterci al riparo da misure di deprezzamento decise a Bruxelles su di una moneta che non esiste, con la conseguenza di far gravare in massima parte sulle regioni in ritardo di sviluppo, e sulla Sicilia in particolare, la necessità di dover abbassare i prezzi ed aumentare le esportazioni ma così facendo obbligando le imprese del sud, più deboli, ad affrontare una nuova tassazione che al Nord consente tuttavia di ripartire mentre al sud taglierebbe letteralmente le ali ai tentativi di creare occupazione, pur tuttavia sporadici, asfittici e senza programmazione.

L’ALTRA SICILIA – Antudo ritiene che sia ormai giunto il momento del coraggio siciliano e delle scelte definitive, senza rincorrere i trasformismi del Ministro presidente Raffaele Lombardo, senza farsi ammaliare dalle promesse di una classe politica ormai vicina al redde rationem del voto del prossimo anno e pronta, gioco-forza, ad accettare e machiavellicamente fare proprie le indicazioni che provengono dai siciliani stessi.

Lo abbiamo sempre detto e lo riaffermiamo se ce ne fosse oggi bisogno: né destra, né centro, né sinistra, ma soltanto rinascita della Triscele e del popolo siciliano finalmente svincolato dai faccendieri di Roma, dai tornacontisti e dai falsi siciliani.

Indipendenza, in definitiva la parola d’ordine per ricatturare ipotesi di libertà politica e di sviluppo economico per una grande terra e la definitiva autodeterminazione di un grande popolo, quello siciliano.

Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo