Le metamorfosi napolitane

(Bxl 13/09/2011) – Il presidente italiano ha trascorso, nella passata settimana, due calde giornate a Palermo, capitale della nostra Sicilia-Nazione. L’occasione era ed è sempre la stessa: le celebrazioni del centocinquantesimo… bla, bla, bla…. Come se i siciliani stessero aspettando proprio Napolitano per convincersi a festeggiare quest’Unità!

Certo il protocollo presidenziale aveva previsto un calendario di visite difficilmente evitabili soprattutto per un’Autorità in missione di sensibilizzazione dei cittadini ad un avvenimento che , a pelle, i siciliani non sentono e men che mai intendono festeggiare, soprattutto perchè conoscono nel dettaglio gli spasimi che quell’avvenimento ha creato alla loro povera terra.

Ma i libri di Storia patria, insieme alle visite istituzionali, continuano ad ignorare quel periodo nefasto per la nostra terra “impareggiabile”, ed allora è necessario lasciare che i cortei autoconvocati sotto le bandiere giallorosse della Trinacria riescano soprattutto a fare opera pedagogica e di informazione popolare.

La serie di visite palermitane del presidente Napolitano sono culminate nella Lectio magistralis del prof. Villari proprio sul risorgimento e – udite, udite, alla faccia di ogni pretesa sensibilità ai problemi dell’applicazione dello Statuto – nella visita al prefetto Caruso, dovuta come si conviene da un feudatario ad un vassallo che siede illegalmente su di un territorio occupato, e nel pervicace rifiuto di incontrare il comitato per lo Statuto a cui è rimasta soltanto la magra soddisfazione di consegnare una lettera di recriminazioni, proteste che ormai hanno fatto il loro tempo: aria fritta, parole create a bella posta e, ci sorge il dubbio, forse proprio per creare confusione e offrire alibi e pretesti a chi ha dimostrato non solo di non voler capire ma neanche di voler sentire.

D’altronde che cosa si aspettavano questi “autonomisti” da un presidente che veniva in Sicilia solo per parlare di Risorgimento e per dibattere con il suo maggior mentore, compagno di partito?
E la Sicilia in tutto questo è stata solo un pretesto, ben giocato, ben organizzato, grazie ai paria locali, ma solo pretesto.
Infatti cosa ha detto Napolitano del nostro Statuto?

Sì ha accennato all’Autonomia ma l’ha agitata come male minore di fronte alle istanze di separatismo e di Indipendenza che ormai costituiscono la sola e ultima possibilità per il futuro dell’Isola.
Pericolosamente il presidente ha parlato anche di necessarie rivisitazioni di questo nostro Statuto, di aggiornamenti, e la qual cosa ci ha fatto accaponare la pelle: abbiamo pensato che ogni pretesto è buono per cancellare quella pretesa autonomia e indipendenza, quindi ventilare necessarie riforme equivarrebbe, secondo noi, a seppellirlo definitivamente, vista la classe politica che ci siamo permessi.
Cosa ha detto infatti Napolitano, lui che è il custode della Costituzione riguardo al dovuto ripristino dell’Alta Corte, illegalmente?
Niente, assolutamente silenzio, e non si può dire che Napolitano si impedisca di dire la sua sui fatti del Paese, certo interventi di spessore ma, secondo noi, sempre diretti alla tutela di una parte politica dalla quale oggi cerca di smarcarsi. Bella impresa, tanto ormai, come gli ex-fascisti, squagliati nelle apnee e sui pontili di barche miliardarie del loro ex-capo, anche gli ex-comunisti sono andati definitivamente in pensione.

Napolitano quindi non ha ricevuto gli autonomisti dello Statuto, ma non ha neanche accennato alle misure necessarie per colmare i ritardi di sviluppo, l’emigrazione che è ricominciata soprattutto per la disoccupazione giovanile ormai arrivata al caos, la necessaria legalità sugli appalti e sulle opere pubbliche, ma ha pronunciato, secondo autorevoli commentatori, un discorso in linea con le rivendicazioni di autonomia. In linea con le metamorfosi ovidiane, diciamo noi, un poema del latino che alla fine di ogni capitolo incensava sempre il capo, Augusto, a dimostrazione che gli adulatori sono esistiti in tutte le epoche.

Ogni lotta di liberazione ha avuto un suo periodo critico ed è stato quello della confusione, del ritenersi da alcuni più bravi degli altri, di considerarsi i soli depositari di verità che non esistono. Adesso la nostra percezione è quella che si stia creando (artificialmente o a bella posta?) un solco tra autonomisti e sicilianisti, pur nella linea di una lotta comune.
Ne è riprova la testimonianza di alcuni commentatori che L’ALTRA SICILIA ben conosce e che non perdono occasione per rimettere sul binario del “politicamente corretto” le loro affermazioni a dispetto di quelle di interlocutori forse più radicali, ma altrettanto valide.
Così facendo contribuiscono a creare due gradi di ascolto, con la conseguenza di banalizzare il dibattito e fare perdere valore ad ogni rivendicazione pur legittima.

L’ALTRA SICILIA è convinta che sia giunto il momento di mettere da parte i distinguo, le differenze esistenti e soprattutto il “politicamente corretto” e che bisogna senz’altro rivendicare l’applicazione integrale dello statuto per creare il futuro dell’isola, altrimenti sarebbero inutili le marce e le auto-convocazioni di popolo. Ma è convinta anche che non si può più soltanto parlare e controbattere, pur con sagge requisitorie, agli argomenti di federalisti o di indipendentisti.
Oggi non si può più denunciare soltanto la violazione dello statuto, non può più bastare, soprattutto alla luce della mancanza di considerazione e nell’assenza di risposte, da tempo invocate, dallo Stato centrale.

Bisogna oggi fare un salto di qualità superando gli inevitabili protagonismi e unire gli sforzi dell’opera di costruzione popolare, da qualunque lato provengano, verso un consenso che poi potrà articolarsi verso istanze autonomiste o più radicalmente indipendentiste, ma che serva finalmente a portare la Sicilia fuori dalle paludi delle chiacchiere e del piangersi addosso, che hanno costituito da sempre il limite invalicabile all’autodeterminazione sulla via del progresso e dello sviluppo futuro, per la Sicilia e solo per la Sicilia

Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo