Monti a poco a poco chiuderà le università siciliane. Siete avvertiti

Si parla in questi giorni di “affievolimento” del valore legale del titolo di studio, cioè di irrilevanza del voto di laurea per accedere ai pubblici concorsi. In realtà volevano abolire del tutto tale valore, ma temono altri disordini qua e là e l’ultima zampata, dopo il colpo di maglio della Legge Gelmini, sulle università statali, deve aspettare ancora un po’. Intanto se ne dà un assaggio.

Cosa c’è dietro tutto ciò? Semplice, lo smantellamento di quasi tutta la rete nazionale delle università a favore unicamente del business di Confindustria, come se questo automaticamente coincidesse con le finalità generali dell’Università e del bene comune. Gli interessi di una classe, anzi di una ristretta élite di finanzieri e di pseudo-imprenditori, prevale ormai sistematicamente su tutto, senza neanche un falso pudore.

Si comincia con un battage pubblicitario in cui si demonizza l’avversario. Se sono i lavoratori dipendenti del privato, sono dei pigroni che non accettano le sfide della flessibilità. Se sono pensionati rubano il lavoro ai nostri figli. Se sono impiegati pubblici, sono mangiapane a tradimento. Se sono piccoli e medi imprenditori, sono zecche sanguisughe da estirpare per far posto alle grandi e corrette società di capitali che hanno altro tipo di accesso al credito e che possono fare piazza pulita delle imprese familiari. Se – nel nostro piccolo – si parla di Regione, allora è la vergogna d’Italia. Se si parla di Università è un luogo in cui privilegiati baroni vivono nell’ozio e nell’ignoranza.

Inutile distinguere. Inutile protestare. La massa accecata dal “giorno dell’odio” (come avrebbe detto il Grande Fratello di Orwell) vuole solo vedere colare il sangue, una volta che ha scoperto chi è la causa di tutti i propri disagi. Viene in mente una poesia di Brecht, che non ricordo per filo e per segno, ma che diceva di un tale che quando perseguitavano gli ebrei non gliene importava perché erano ricchi, quando perseguitavano i comunisti non gliene importava perché lui era anticomunista, quando perseguitavano gli omosessuali non gliene importava perché gli facevano schifo, e quando finalmente perseguitarono lui, non trovò in giro più nessuno al quale potesse importarne qualcosa.

Siamo tutti destinati ad una nuova grande schiavitù, nella quale ci saremo infilati con le nostre stesse mani, scannandoci tra fratelli. Un Nuovo Ordine Mondiale ormai aleggia e GUAI a chi cerca di sfuggire.
Il nepotismo nelle Università? Si poteva eliminare con una legge di un solo articolo. E invece no, lo si lascia galleggiare (a proposito, perché mai con la Gelmini dovrebbe essere scomparso questo fenomeno?) per colpire indiscriminatamente ogni cosa che possa evocare alla lontana il libero pensiero, la coscienza critica di una società, il laboratorio di idee.
Al confronto Teodosio, che chiuse per chi non lo ricorda la Scuola Filosofica di Atene, segnando in tal modo l’inizio dell’Oscurantismo, era solo un dilettante. L’Università dev’essere il luogo per eccellenza del Pensiero Unico: altro che libero pensiero!

Così si crea un’agenzia di valutazione della ricerca che emette i suoi diktat deliranti in cui vuole ridurre tutto il pensiero storico-sociale o umanistico ad un politecnico che sforna brevetti, valutati sulle riviste finanziate da persone giuridiche private che sono eminenti espressioni della globalizzazione. Per mezzo di questo sistema per cui un articolo a quattro mani, di tre pagine l’uno, su una rivista demente americana che non sa far altro che prove statistiche di ipotesi strampalate, vale più di una monografia che cambia i punti di riferimento di una disciplina: roba da rimandare a settembre tutti, ma proprio TUTTI, i grandi pensatori, anche di area cosiddetta “quantitativa” o di “scienze naturali”. Ma non importa. Nell’Università confindustriale chi pensa è un soggetto socialmente pericoloso come l’operaio che negli anni ’50 è sorpreso con L’Unità sotto braccio.
E fin qui pazienza. Ci abitueremo al più leccato dei conformismi. Del resto Monti l’ho conosciuto da studente quand’era il mio rettore. Ed una delle cose che ricordo meglio è che chiuse il corso di laurea in Discipline Economiche e Sociali, perché sfornava economisti troppo svegli e alternativi, mentre lui prediligeva solo i rimbambiti che sanno solo stimare parametri econometrici, senza pensare troppo. A guardare gli esaltati bocconiani di oggi, mi pare sia riuscito in quel disegno.

Ma c’è di più. C’è la soluzione finale. Si tolgono in continuazione risorse alla ricerca ed al turn-over nelle università statali, con il pretesto della “razionalizzazione”.
Alla fine – mi consta sulla mia pelle – si deve andare a costosissimi convegni internazionali o si deve pagare la stampa dei propri lavori su prestigiose riviste … con il proprio stipendio, ormai bloccato per quattro anni, forse per sempre, in attesa che un prestito FMI lo faccia abbattere un anno o l’altro del 30 % o che ci tolgano la tredicesima.
Senza uomini, senza soldi, senza infrastrutture di ricerca e didattiche di ogni tipo, poi si viene sottoposti a severissima censura e valutazione da parte di tutti: ANVUR, Ministero, Studenti, Società civile. E quando incredibilmente le valutazioni sono ancora positive, come quella di chi sopravviveva nei campi di concentramento ad ogni privazione, allora ci vuole la “Dieta E”, quella che – lasciando completamente digiuno il soggetto – faceva morire i malcapitati dei manicomi nazisti che si ostinavano a non morire.

Costretto a fare esami a centinaia e centinaia di persone, con un numero di ore di corso sempre più alto, con adempimenti burocratici che aumentano da una finanziaria all’altra e con uno stipendio che dai tempi del compianto (non da me) Padoa Schioppa va indietro in termini reali di 100 € al mese l’anno, guardo incredulo i risultati delle valutazioni che mi danno gli studenti: sono ancora eccellenti, mi vogliono bene, quando persino io non me ne voglio quasi più. Ma non serve. La dieta E è in agguato.

Il valore dei titoli di studio sarà abolito (per finta). Ma una cerchia ristretta di atenei, nessuno siciliano, ha già pronta l’autoproclamazione a “atenei d’eccellenza”. Un club privato direte. Che male c’è? Il male è che questo “club privato” poi avrà, eccome, il “valore legale” che basta, con la benedizione dell’ANVUR, per prendersi ciò che resta dei finanziamenti pubblici alla ricerca.
Tutte le altre università saranno declassate a “Teaching Universities”, cioè università dove non si farà più ricerca ma – finché ce lo concedono – solo scalcinata didattica. Forse non sono stato chiaro. Le teaching universities, senza valore legale, rilasceranno titoli che per il mercato, e per gli stessi concorsi pubblici, se mai ve ne saranno più, non varranno un’emerita mazza.
Tutte al Nord le università di eccellenza? Non saranno così stupidi da farlo capire. Metteranno qualche specchietto per le allodole al Sud, ma certamente nulla in Sicilia e Sardegna, “province annesse”.

Che significa questo? Significa che, come in epoche ormai lontanissime, una ristrettissima élite di siciliani manderanno i figli a studiare in Continente. La Sicilia invece sarà culturalmente decapitata. Avrà, se mai l’avrà, una università di serie D, in attesa che anche questa venga smantellata del tutto col pretesto che non funziona etc.

E la continuità territoriale? E il diritto all’istruzione? Ai mercati queste parole non dicono niente e, come dice la Merkel, bisogna trovare una nuova forma di “democrazia”, adattata ai mercati. Resterà un popolo di Iloti, senza avere nemmeno un Euno che spezzi le catene di questo servaggio.

Questa è l’Italia di oggi. Questa è l’Europa di oggi. E per noi siciliani l’unico spazio riservato i questo spazio è quello di schiavi, usati e violentati ogni giorno senza dignità e senza speranza. E in più odiati e denigrati da noi stessi (prevedo un certo numero di commenti in tal senso).

Massimo Costa

P.S. Ai colleghi: ma che ci aspettate ancora a diventare separatisti o qualcosa del genere? Vi basta la vostra pensione? Non vi interessa se la vostra università, alla quale avete dedicato l’intera vita, si avvia ad una lenta chiusura? Quasi quasi ci vorrebbero i Forconi pure all’Università. Ma forse ci sono troppe “quinte colonne”.