Politicamente corretto

Parte dall’Ungheria – cuore della Mitteleuropa, patria ideale di quell’uomo senza qualità di Roberto Musil che, sempre in bilico tra trasformazione e tradizione, finalmente era stato “ricondotto” nell’alveo delle originarie democrazie occidentali dall’allargamento dell’Unione europea – un importante messaggio politico sicuramente controtendenza che ha scatenato intorno alla repubblica magiara uno stuolo di critiche acerrime che fanno capo all’Alta finanza, ai poteri finanziari, alla Chiesa cattolica e all’Unione europea.

Ci sembra quasi di vedere, in parallelo alla svolta ungherese, quegli stessi poteri insorgere contro la Sicilia se decidesse di avviare finalmente la tanto auspicata attuazione dello Statuto di autonomia e indipendenza…. Ma quando mai…

Si ha bel dire oggi del tramonto dello Stato nazione, certamente per quel sentire maggioritario, oggi imperante, che pone nel modello federale della costruzione politica europea la sola possibilità di sviluppo, di democrazia e di crescita del vecchio continente (soprattutto dopo gli allargamenti dell’Unione europea ai Paesi dell’Europa centro-orientale, affrettati e mal preparati – diciamo noi-), ma la svolta impressa dalle decisioni del primo ministro ungherese Victor Orban, fortemente identitarie, restituiscono dignità ai cittadini ungheresi e al discorso sulle Patrie e sulle sovranità nazionali, forse troppo presto messe da parte dalla dottrina federalista.

Su questo filone, è stato naturale immaginare che le carte costituzionali dei singoli Stati membri, ormai superate dal comune sentire dilagante, dovessero subire almeno delle modifiche, se non delle vere e proprie riformulazioni in senso federale. Al contrario Orban, lo scorso 1° gennaio, ha promulgato una nuova Costituzione, approvata l’anno precedente, politicamente contraria alla logica vigente perché tende a restituire la dignità ai cittadini e a valorizzare la sovranità nazionale, senza infiltrazioni esterne o estranee alla storia del Paese.

Di pari passo alla voluta imposizione del concetto federale, quell’uomo senza qualità, addomesticato culturalmente da fitte campagne mediatiche che avevano promosso quello liberista come il solo e valido modello di sviluppo, assiste oggi con malcelata aspettativa a quello che sta succedendo in Ungheria e che l’opinione pubblica occidentale giudica perlomeno atipico, estremo e finanche pericoloso.

Ma il tricolore magiaro, sormontato dalla corona di Santo Stefano, è tornato a sventolare su Budapest per affermare una sovranità nazionale che se intende favorire il popolo, d’altra parte terrorizza i nuovi padroni dell’Europa, i banchieri e i tecnocrati.

Pronti ad approfittare di qualsiasi occasione, gli agguerriti nemici dello Stato magiaro non hanno perso occasione per tacciare di derive etiche tutte quelle misure, alcune controverse in verità, che mirano pero’ a ricostruire un potere sovrano nazionale a danno dei poteri forti e delle oligarchie economiche, ma a volte anche a danno della libertà di espressione e dei media e dei giornali, pronti a sferrare un attacco frontale non appena se ne fosse presentata l’occasione.

Al di là del consenso ottenuto da Orban con una maggioranza del 52,7 dei voti, la Nuova Carta Costituzionale, nello stesso prologo che recita: Dio benedica gli ungheresi, non poteva certo suscitare l’entusiasmo di un’Europa laica e laicista ma incapace di riconoscere, ad esempio, le radici giudaico-cristiane della sua storia né, di contro, la riduzione del numero di comunità religiose ammesse al beneficio degli aiuti pubblici, passate da oltre 300 a solo 14, poteva accendere il consenso della Chiesa.

Inutile dire che le misure in ambito economico pero’ sono state quelle che hanno fatto scatenare le lobby della finanza, colpite nei loro interessi particolari dalla nuova costituzione di Orban che ha, di fatto, tolto il monopolio dell’alta finanza nella Banca Centrale ungherese facendo dipendere direttamente dal governo la nomina dei suoi rappresentanti.

Misura che ha radicalizzato lo scontro tra banca centrale ungherese, Fondo monetario Internazionale e istituzioni europee, scontro già in atto dal mese di settembre antecedente l’entrata in vigore della Costituzione quando, per arginare la crisi che invece – abbiamo visto – ha travolto altri Paesi e ha portato al fallimento la Grecia, il governo ha favorito i suoi concittadini svalutando forzatamente la moneta nazionale del 23% se avevano contratto un debito in moneta nazionale e del 12% se il debito fosse stato in Euro, ed in più imputando alle stesse banche, che sono detentrici del debito, il costo della differenza tra valore nominale e valore reale del cambio monetario.

Apriti cielo! Oceaniche sfilate di protesta e, dagli armadi del governo vengono riesumati, da parte della stampa occidentale, i fantasmi del vecchio regime comunista in palese contraddizione pero’ con il fatto che Orban aveva epurato la vecchia nomenclatura culturale legata ancora al passato regime nominando gente nuova e, simbolicamente, prendendo le distanze da quel periodo buio con la rimozione forzata dalla piazza del parlamento della statua del poeta Attila Jozef, cantore di quel regime marxista che aveva causato durante l’insurrezione del ’56 ben 2652 morti e 250mila feriti, il 3% della popolazione ungherese.

Come il marchese De Sade che trasponendosi al Murat gli fa dire “la mia vita è l’immaginazione”, lasciate immaginare anche a noi de L’ALTRA SICILIA una svolta della nostra storia politica simile a quella che vive oggi il popolo ungherese, pur attanagliato dal “political correct”, rivoluzione effettiva che ci liberi dai costringimenti delle autorità centrali e riconsegnando dignità al popolo siciliano ci lasci immaginare una nuova era di vera autonomia ed effettivo sviluppo.

Eugenio Preta
29/02/2012