Articolo 18: noi stiamo con la Camusso

Non riusciamo ad uscire dalla grave fase di recessione economica in cui versa il Paese, nonostante questi professori e pseudo-tecnici (vedi D’Andrea, ad esempio) offertici da Napolitano.
Che poi questo Presidente sia riuscito a mettere in soffitta la democrazia con la scusa del particolare momento di crisi, non può certo consolarci, anzi aggiunge una pesante aggravante: aver fatto assaggiare le gioie del potere a gente che difficilmente poi si lascerà convincere e fare il famoso passo indietro per restituire al cittadino un suo diritto vilipeso.

Intanto non è un caso che aumenti il divario tra questa ricca oligarchia che governa il paese e la popolazione, anche perché, con la scusa del bisogno di tecnici e di esperti, al governo sono state chiamate persone provenienti da università e da banche che nella scala sociale si situano un gradino più in alto della classe medio borghese, maggioritaria in questo Paese, con la conseguenza che ogni loro azione si proietta più nell’ambiente particolare da cui provengono che non in quello generale che invece dovrebbero rappresentare come richiesto da una democrazia, parlamentare a questo punto.

Questo perdurare della crisi, da un lato, ci pare essercela proprio cercata, dall’altro ci sembra un progetto voluto e messo in atto di proposito da chi può trarre enormi vantaggi da questo stato di difficoltà economica: le banche ad esempio.

L’Altra Sicilia ha sempre combattuto il signoraggio e il fatto che lo Stato nazione non abbia più sovranità monetaria, non batta più cassa perché la moneta la fabbrica ormai solo la BCE e poi la rivende alle banche centrali nazionali. Così abbiamo sempre preteso che ogni manovra europea che di fatto limitasse la sovranità nazionale monetaria dovesse essere straordinaria e limitata nel tempo, ed ancora discutiamo queste manovre tecniche messe in atto per fare fronte alle crisi economica, manovre che colpiscono soltanto i pensionati, i lavoratori dipendenti, le fasce di popolazione meno favorite.

L’unione europea, ormai diventata paradigma di ogni manovra, è intervenuta sui debiti degli Stati, grazie ai furbi tedeschi, ed ha deciso l’immissione sul mercato di 39 miliardi di euro per garantire il credito alle imprese e alle famiglie e li ha voluti affidare alle Banche perché possano fare ripartire il sistema incentivando i consumi.
Attenzione pero’, queste banche non fanno girare questo denaro, lo trattengono investendolo nell’acquisto di buoni del Tesoro (oggi molto convenienti per il loro rendimento annuo superiore al 6%) e impediscono, in definitiva, la disponibilità di credito a detrimento del rilancio dei consumi e con la conseguenza della chiusura di moltissime aziende e la relativa disoccupazione e recessione.

Oggi che nessun imprenditore appare in grado di lavorare con le sue sole risorse e che diventa importante poter accedere al credito, si viene a creare una situazione di dipendenza economica, a questo punto voluta dalle stesse banche, un sistema perverso, favorito da una classe di oligarchi che partecipano al potere bancario e oggi, grazie al Colle, anche a quello politico.

Cosi’ siamo riusciti ad affidare le sorti del Paese ad un banchiere che, logicamente, finora ha varato leggi che premiassero sempre più le banche. Questo signore insieme ai membri eccellenti del suo governo, ha ad esempio reso impossibili le transazioni in contanti anche per cifre modeste; ha obbligato anche i pensionati ad aprire un conto corrente, con la scusa di una lotta all’evasione, lungi ancora dall’iniziare.
Notiamo oggi che la pressione fiscale arriva al 45% e arriverà prossimamente al 55%, una situazione capestro che farà fuggire chi lo potrà verso altri lidi ed aggraverà la situazione economica di tutti.
La forbice tra chi è molto ricco e chi è molto povero si è allargata preoccupantemente e la democrazia è diventato soltanto uno scudo dietro il quale gli oligarchi si nascondono per evitare di rendere conto delle loro azioni. Così non ci è consentito ribellarci perché non possiamo ribellarci alla democrazia. E questo è il teorema costruito per obbligarci a sopportare in silenzio.

Così, mentre da una parte ci rapinano, per distogliere l’attenzione dall’altra agitano falsi problemi come l’articolo 18 e la regolamentazione del lavoro. Ma quale lavoro diciamo noi, quello che non c’è?
O i licenziamenti che continuano e che ora vorrebbero regolamentare per legge (iniqua) consegnando carta bianca alle industrie proprio per sfoltire le fabbriche e gettare sul lastrico migliaia di famiglie? A questo punto Bonanni e Angeletti (Centrella …non conta) hanno gettato la maschera: complici degli oligarchi.

Noi stiamo con la CGIL, i soli capaci di rappresentare il cittadino in questo braccio di ferro con le oligarchie che cercano di costruirsi un potere a loro piacere e con la confusione dell’essere dei nominati nel parlamento.

Senza alcuna remora L’Altra Sicilia sta oggi con la Camusso, perchè difende i lavoratori, i pensionati e la gente, perchè siamo contro i nuovi padroni di questo governo tecnico i cui provvedimenti sul mercato del lavoro sono pretestuosi e servono solo a licenziare, iniqui verso i pensionati e avviano, nel giro di due anni, un processo di espulsione dal posto di lavoro di masse di lavoratori ultracinquantenni che si troveranno senza lavoro ma anche senza aver raggiunto la soglia per poter andare in pensione.

E i siciliani, i figli della diaspora che nel nord lontano hanno trovato quelle possibilità di un lavoro e di una vita decente che venivano loro vietate da un’Isola infelice occupata da una patria matrigna, in quanti saranno colpiti dalla manovra dei fortunelli ed in quanti riprenderanno controsenso quel cammino di speranza che avevano intrapreso negli anni ? Per loro, per i nostri fratelli stiamo con la Camusso.

Diffidiamo ancora di quello che i partiti ci raccontano facendo pure finta di litigare quando invece sono tutti d’accordo per conservare facilitazioni, salari e guarentigie.

Adesso diciamo basta e aspettiamo l’occasione di ribaltare la situazione per poterli rimandare tutti a casa e cosi’ poter rifondare il nostro vivere civile e morale.

Eugenio Preta