Il ”Nuovo” Statuto della Sicilia? Un passo avanti e tre indietro.

L’Altra Sicilia, associazione di diritto internazionale a
tutela della Sicilia e dei Siciliani “al di qua ed al di là del
Faro”, considera il “maxi-” emendamento allo Statuto Siciliano
votato lo scorso 30 marzo quale proposta di legge costituzionale dal Parlamento
Siciliano nel suo complesso una manovra inutile, anzi dannosa per il Popolo
Siciliano, fatta quasi alle sue spalle.

Questo va detto pur nella soddisfazione per il fatto che,
rispetto ai progetti preliminari che volevano semplicemente annullare o vanificare
l’Autonomia della Sicilia o a singole iniziative di deputati a dir poco “traditori”
del loro stesso Popolo, si è salvato il complesso dell’impianto istituzionale
(in qualche punto secondario addirittura migliorandolo) con il contributo determinante
di non pochi deputati che si sono rivelati realmente autonomisti.
Alcuni di questi per non dire i più, hanno – è pur vero – difeso
da “conigli” la Nostra Autonomia (dicendo che lo facevano per il valore
simbolico della stessa… almeno per non dispiacere ai loro principali “romani”),
ma comunque l’hanno difesa e hanno votato in modo da evitare un colpo di mano

che ci avrebbe negato di aspirare al vero Autogoverno, oggi solo sulla Carta,
ma almeno in quanto tale speranza per noi tutti.
Altri, pochissimi, lo hanno difeso nella sostanza, e fra questi il maggior plauso
va all’eroica perorazione dell’On. Bartolo Sammartino, che ha dimostrato più
di ogni altro di credere nella Sicilia e nei Siciliani.
Noi speriamo che ad ogni modo la controriforma, sia pure in gran parte sventata,
non vada comunque in porto. Basti confrontare il testo risultante da tale manipolazione
con il nostro progetto confederalista di cui alla Nostra Carta Politica delle
Rivendicazioni del Popolo Siciliano per vedere quanto siano distanti le nostre
posizioni e quanto poco maturo appaia oggi il mondo politico siciliano.
Tuttavia, per fortuna o per caso o per il poco tempo a disposizione, almeno
il Parlamento più antico del mondo non si è evirato da solo come
qualcuno avrebbe voluto che facesse.
Che giudizio dare dell’intera manovra se mai andrà in porto?
A parte alcune considerazioni secondarie sulle quali avremo modo di tornare,
vorremmo presentare al Popolo Siciliano, grande assente, i punti salienti di
quella che forse sarà la sua futura Carta Fondamentale.
In questa sede ci limitiamo a considerazioni qualitative e generali, ma i particolari
non sono meno importanti: basti citare un emendamento dell’ultimo momento con
il quale la Regione rinuncia persino alla potestà concorrente (non a
quella esclusiva) sul credito, evidentemente considerata materia irrilevante
in un’isola senza più banche e con gli imprenditori strangolati dal “racket”
del cartello bancario nazionale. Possiamo pensare malignamente che le lobby
nazionali abbiano i loro rappresentanti all’ARS? Torneremo sul punto.

Cominciamo con i pochi punti realmente qualificanti del Nuovo Testo:

– Le future modifiche allo Statuto adesso passeranno necessariamente dall’approvazione
dell’Assemblea: si rafforza così la natura pattizia della Nostra Autonomia
prima formulata in maniera piuttosto ambigua; un ringraziamento particolare
all’On. Angelo Capodicasa che ha fortemente voluto introdurre l’art. 41 –
ter che regola la materia in maniera più garantista per la Sicilia.

– Si sono mantenute le “eccezionalità” mai applicate dello
Statuto, sia pure a futura memoria: l’Alta Corte, i poteri di Polizia del
Governo Regionale, l’Autonomia tributaria: non è stato facile, non
servirà a molto nel breve, ma è una bandiera che resta.

Seguono alcune innovazioni apparentemente positive, ad una lettura ingenua
e superficiale, ma in realtà non scevre da alcune ambiguità
pericolose:
– le “pari opportunità” che garantiscono “per legge
costituzionale” la presenza di un terzo di donne nell’esecutivo, norma
a nostro avviso ipocrita e discriminatrice anche se, come argomentato dall’On.
Salvatore Raiti, può avere il valore positivo di norma transitoria
o, come argomentato dall’On. Eleonora Lo Curto, può “forzare”
nel breve termine ad una maggiore partecipazione femminile;
– il “ripudio” della mafia che vuole avere un alto valore ideale
ma che ci etichetta implicitamente come “isola della mafia”;
– la religione cristiana nel preambolo che potrebbe essere letta da qualcuno
come una confessionalizzazione della Sicilia e perciò forse anche incostituzionale,
sia pure detto ciò con il massimo rispetto della religione professata
dalla stragrande maggioranza dei Siciliani.

Ma veniamo ai punti realmente critici:

1- Nel Preambolo e nella Relazione di presentazione della Legge emerge un
latente anti-autonomismo ed una subalternità nei confronti della politica
della Penisola che contraddicono alle fondamenta la stessa Autonomia che si
dice di voler professare; non c’è il riferimento al Popolo Siciliano,
alla sua diaspora nel Mondo, alla sua millenaria storia, cultura e lingua…alla
sua identità in una parola.

2- L’Autonomia finanziaria, seppur salvata rispetto ai progetti preliminari
ed a qualche incursione “minimalista” per fortuna minoritaria, ne
esce in qualche modo menomata: si istituzionalizza la “finanza derivata”,
cioè le elemosine al posto dei tributi che ci spettano, si rinuncia
a quell’abbozzo di politica valutaria autonoma che avrebbe potuto, nel contesto
attuale, farci inserire come soggetto autonomo nel Sistema Europeo delle Banche
Centrali e, in genere, si perpetua e si istituzionalizza il “tributo
erariale di spettanza regionale” al posto dei “tributi propri”
che non possono avere spazio se “si devono aggiungere” a quelli
erariali.

3- Le differenze con le regioni ordinarie si riducono fino quasi a svanire,
al punto che dobbiamo dire grazie alla riforma del Titolo V se ancora qualcosa
resta di sostanzialmente autonomo a favore della Sicilia; oltretutto in certi
campi, come quello dell’Autonomia legislativa, si resta persino potenzialmente
indietro rispetto alle stesse regioni a statuto ordinario.

4- La forma di governo è ispirata più ad un presidenzialismo
sudamericano che non ad una forte tradizione parlamentarista come la nostra,
per certi versi parallela a quella britannica (nel suo piccolo); le motivazioni
di “governabilità” addotte sono pretestuose, come vedremo
in successivi interventi.

5- Il testo è allungato con molte norme tecniche inessenziali per
mortificarne il valore simbolico, renderlo inaccessibile ai cittadini e …
nasconderne le magagne.

6- C’è una pericolosissima, anche se non del tutto chiara, abdicazione
del potere amministrativo della Regione come coordinatrice in Sicilia di ciò
che resta dell’amministrazione statale una volta che l’attuazione della restante
autonomia fosse completa.

7- C’è una subalternità al potere dello Stato italiano a dir
poco preoccupante (basti pensare all’iniziativa di scioglimento dell’Assemblea
affidata al Governo della Repubblica e non più al Commissario disposta
dal nuovo art. 8).

8- La partecipazione della Regione alla formazione delle normative europee
sulle materie di propria competenza è puramente consultiva e perciò
è solo un inganno: di fatto l’Europa consente all’Italia di scavalcare
la Sicilia – come ha sempre fatto – e di sottrarle l’Autonomia rappresentandola
sulle medesime materie presso gli organismi europei (soprattutto il Consiglio
dei Ministri).

9- In alcuni campi l’autonomia legislativa anziché andare avanti va
indietro (alcune competenze esclusive diventano concorrenti, alcune competenze
concorrenti si perdono).

10- Sotto il pretesto, più che fondato, di combattere il centralismo
regionale, si combatte la stessa Regione secondo il vecchio motto romano del
divide et impera: vengono istituzionalizzate le inutili Province (senza più
neanche la finzione di chiamarle “regionali”), i consorzi diventano
una burla, si insinua il tarlo di una competizione insana tra centro e periferia
che ha il solo compito di rafforzare le burocrazie romane, le città
metropolitane non sono ben definite, etc.

Per tutto questo si ritiene che il colpo di mano, sia pure in parte, sia
riuscito e sarebbe quindi preferibile ogni mezzo per arrestarlo, finanche
la richiesta di un referendum abrogativo della proposta, o qualsiasi forma
di ostruzionismo, tanto più che in alcune dichiarazioni parlamentari
i nostri “rappresentanti” hanno dichiarato che questa legge è
solo un punto di partenza negoziale dal quale poi, a Roma, retrocedere parzialmente
(in cambio di che? viene da pensare…)
Siciliani, difendiamo il Nostro Statuto e lottiamo semmai per esplicitarne
la natura pattizia e confederale. Chiediamo che sia finalmente applicato!
Così com’è! Proviamolo prima di abolirlo! E poi semmai vedremo
se saranno necessari emendamenti di sorta.

Una cosa appare strana.
Per 59 anni lo Statuto è rimasto in gran parte “chiuso nel cassetto”.
Ora che ci sono molti Siciliani, come noi fra gli altri, che sembrano essersi
svegliati e chiederne a gran voce l’applicazione, la politica ufficiale siciliana
si sveglia dal suo torpore, si ricorda del suo Statuto, ma solo per toglierne
le parti più fastidiose in modo che, una volta rimosse queste, si possa
tornare alla consueta sonnolenza.

Per la nostra parte Noi lo impediremo.

ANTUDO !

Bruxelles,31/03/2005

“L’ALTRA SICILIA” – Al servizio della Sicilia e dei Siciliani
(” https://www.laltrasicilia.org “)
(“http://www.anniversariostatutosiciliano.org “)
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