IL VOTO CONFERMATIVO

In nome della libertà e della democrazia si sono consumati crimini orrendi e tante persone hanno perso anche la vita. E non sempre, in verità, tutto ciò è avvenuto per difendere questi nobili ideali: falsi profeti, in ogni epoca e a qualsiasi latitudine e longitudine, hanno issato alte le bandiere della libertà per loschi fini di gruppo, quando non anche personali.
È facile riscontrare nella realtà politica contemporanea, non solo italiana, che non è affatto il popolo che governa ma una minoranza ben organizzata, così come è avvenuto sin dal sorgere delle comunità umane, in ogni tempo e luogo. Se osserviamo i risultati di tante competizioni elettorali in Paesi anche abbastanza evoluti – gli Stati Uniti per esempio – possiamo notare che spesso un partito va al governo con una maggioranza relativa che in effetti rappresenta non più del 30/35% dell’elettorato.
In verità, non possiamo affermare, in casi simili, che è il popolo a governare. Tuttavia, questo sistema è sempre preferibile ad un regime dittatoriale che dura generalmente una ventina d’anni e che difficilmente viene rovesciato senza sconvolgimenti sociali, e spesso anche cruenti. In effetti, la democrazia non è un sistema politico statico ma un processo evolutivo verso una sempre più profonda partecipazione del popolo alla vita collettiva.
Indubbiamente, il popolo è sovrano e nessuno osa contestare questo principio, almeno a parole. Ma il popolo è anche l’unico destinatario del conto che i legislatori ed i governanti ci presentano periodicamente, in cui troviamo imposte, tasse, debito pubblico, inflazione ed altro.
Non si vuole contestare per questo il regime parlamentare, perché, nonostante tutti i suoi difetti, rappresenta al momento quanto di meglio noi abbiamo per tutelarci dai regimi totalitari. Però, non sarebbe male suggerire qualche accorgimento per evitare che una ipotetica minoranza politica al potere possa coltivare progetti poco raccomandabili.
I parlamentari e i governanti hanno attualmente un mandato in bianco e non rispondono di tasca propria per i conti da pagare che passano, come detto, al popolo «sovrano». Mentre i consumatori possono oggi godere della clausola «soddisfatti o rimborsati», questa possibilità non è prevista per i cittadini, se non dopo quattro o cinque anni.
Poiché da noi si vota con una certa frequenza, si potrebbe istituzionalizzare un periodo elettorale biennale per soddisfare esigenze varie (referendum, elezioni nazionali, regionali, provinciali, comunali), risparmiando così un «sacco di soldi» dei contribuenti, le fatiche dei candidati e l’imbarazzo degli elettori per la scelta. In questa occasione si potrebbe inserire una ulteriore consultazione, che potremmo definire «voto confermativo» per esprimere il nostro gradimento per il governo, per il parlamento, per i nostri amministratori comunali, e così via.
Se, per esempio, il governo di una Regione non dovesse soddisfare i governati, gli eletti tornerebbero ad essere semplici cittadini, privati di potere, di pensione e di possibilità di ripresentarsi o di «riciclarsi», come si usa dire in gergo politico.
Ma il «voto confermativo» potrebbe essere visto anche in chiave positiva.
Se, per esempio, il gradimento superasse una certa percentuale, il mandato elettorale potrebbe essere prolungato per un altro biennio, e si assicurerebbe così un’interessante continuità operativa.
In questo modo il popolo manifesterebbe una vera sovranità e non sarebbe costretto a basarsi sulle promesse elettorali, ma anche, periodicamente, sui risultati concreti. Con i tempi che corrono, dobbiamo fare tutto il possibile per gestire le scarse risorse che abbiamo con la massima oculatezza e dobbiamo innovarci, senza pregiudiziali di sorta, per mirare ad una gestione pubblica competente, corretta e responsabile.
Un «voto confermativo» non è antidemocratico e consiglierebbe efficacemente i politici a promettere meno e a fare di più e bene. E questo sarebbe gia un grande risultato.
Michele Panebianco