Due realtà contrapposte

Anche nell’immagine veicolata dai media appare un uomo nel pieno delle sue facoltà fisiche, disteso e senza titubanze né tentennamenti. Pieno di un vigore fisico che diventa psicologico, corroborato poi dalle dichiarazioni che, pur annunziando anche periodi difficili, lasciano trasparire la volontà di superare le crisi, volontà non arzigogolata dai media ma che è sentire comune, speranza e incoraggiamento popolare.

Putin si è presentato in televisione per fare gli auguri ai russi, come ha fatto pure Napolitano agli italiani disponibili.

Due realtà  contrapposte: da una parte la forza e la dignità, la volontà di avvenire, dall’altra la rassegnazione dell’età, la delusione dell’uomo senza più futuro, senza sogni nè possibilità nè tempo di programmazione.


Putin si confronta con la crisi della Crimea e dell’Ucraina, con l’ostracismo dell’Unione Europea, con l’approccio del fenomeno energetico che per anni era stato il punto trainante delle politiche economiche russe e che oggi subisce un brusco rallentamento sia per questioni politiche, sia per nuove scoperte del panorama scientifico mondiale ma non si scoraggia, invita alla prudenza, lascia la porta aperta alla speranza, alla voglia di farcela che caratterizza, dal dopo Gorbaciev, questa vasta Repubblica europea.

Le sfide alle quali si confronta oggi Mosca non sono di equilibrismo politico nè di giochetti tra parti dello stesso puzzle, ma pesanti attentati alla sovranità della nazione che non vuole cadere preda di massonerie e lobbies bancarie mondiali, che difende con i denti pezzi di territori in rivolta “telecomandata”.

Putin non svenderebbe mai i suoi rubli per un “prestito” di euro dalla BCE, non abbandonerebbe il suo potere sovrano nelle mani di Merkel , o peggio di Draghi, rivendicherebbe, in un momento come questo, tutta intera la sovranità non solo monetaria ma politica del suo paese, cosa che invece, come accade a noi, viene fatta da tempo, scientemente da oltre nove anni col risultato che tutti abbiamo sotto gli occhi.

Putin ricorda che il bene più grande di uno Stato sono le famiglie che lo compongono e e la Chiesa ortodossa che le assiste, ricorda che la forza per superare i momenti bui uno Stato deve trovarla nei suoi poteri, nella sua classe dirigenziale che mai svenderebbe questo Stato all’oncia orme purtroppo avviene un po’ dovunque oggi, nel continente europeo. Non ha avuto bisogno di rivendicare una cravatta rossa e nemmeno una comoda poltrona da cui pontificare, ma è rimasto in piedi, come per sottolineare la voglia di volontà che non si abbandona alle luci artefatte di un ambiente artificiale ne’ ad una simbologia che non teme di essere contraddetta dalle azioni

Da noi tutto sembrava superato, declinato al passato, pure i cameraman sembravano anchilosati, e se lo “zar” riparlava di Patria, famiglia , lo faceva da una terrazza del Cremlino sul traffico moscovita sinonimo di vitalità, voglia di agire. Da noi lo si faceva seduti, ricordando cose ovvie che tanto scontate non sono, come l’aver utilizzato la presidenza italiana del semestre UE per avviare i cambiamenti che forse ha visto solo Napolitano, l’aver tenuto aperta una legislatura fallita, con lo sfascio economico del Paese (quello politico era già in atto) l’aver consegnato il Paese alla Troika, l’aver voluto scientemente ignorare ogni accenno alla vicenda dei due fucilieri di Marina, Girone e La Torre che getta nell’indignazione il Paese e gli toglie ogni credibilità internazionale, altro che presidenza dell’Ue o incarico italiano alla dirigenza Pesc!

In un discorso di pochi minuti, Putin è riuscito a dimostrare un Paese dove tradizione, famiglia e amore per la Patria, ne compongono le caratteristiche riconosciute e ne costituiscono le sovranità irrinunciabili.
In una lunga orazione Napolitano invece ha solo sottolineato un Paese drammaticamente confrontato ad una crisi troppo lunga che, pervicacemente si vuole affidare alla tutela della BC e dei partners europei come ultima possibilità di rinascita, dimostrando di non voler tenere in nessun conto la sovranità peculiare di uno Stato, il tessuto connettivo che ormai non si riesce più a denominare Patria che cosi’ pero’ perde il suo orgoglio, la sua dignità e la sua credibilità internazionale.
Eugenio Preta