Siamo alla frutta

Salvini, il nuovo leader della Lega, vive un momento di grande spolvero. Invitato in tutti i talk show,
ne approfitta per veicolare l’immagine del contestatore critico delle malefatte di questo governo,
fustiga leggi improvvide, aborrisce misure inappropriate per affrontare la lunga crisi che ci
attanaglia, denunzia l’arrivo continuo di immigrati, sembra veramente che si posizioni dalla parte
della gente, parli a nome della gente, dimenticando che il suo partito ha fatto parte, e contribuito, in
maniera determinante allo sfascio oggi in atto (vi dice niente il porcellum del Calderoli?).

Però lo lasciano fare, conduttori compiacenti come Paragone, o in vena di magnanimità come lo
zerbinotto Floris o nella sua accidia verso qualcosa, come Formigli, e il tipo recupera nei
sondaggi, scrollando la testa alle asserzioni di impantanati e immarcescibili giornalisti, politici o
vecchie zitelle assurte a fustigatrici di Interpretando televisivamente l’insofferenza dei cittadini, e’
riuscito a risollevare la Lega del trota dai prefissi telefonici cui era caduta e l’ha portata oggi , se i
sondaggi sono veritieri, poco dietro Forza Italia.

Niente male se Salvini servisse per davvero a bilanciare una situazione politica troppo traballante,
pure a sinistra, ora che la destra si è’ diluita mostrando la sua vera natura , dopo gli accordi
intessuti col suo omonimo spirituale da Berlusconi.
Niente male, dicevamo , si tratterebbe di dinamiche elettorali, normalissime se non fosse per il
grosso patema che ci assale, noi siciliani, quando sentiamo che le mire del lombardo si sono
dirette verso il sud è la Sicilia.
Tentativi maldestri e contro una tradizione che, ricordiamo, faceva il tifo per l’Etna quando era
sconvolto da eruzioni, che diceva che i napoletani puzzano, che l’Italia si sarebbe dovuta fermare
all’Arno, mano a mano che un timido successo elettorale spostava verso il meridione i voti della
lega.

Niente male, avevamo anticipato, senza però’ aver tenuto conto dei siciliani.
Certo, illusi e disillusi, circuiti e abbandonati, i siciliani hanno drizzato le orecchie ed hanno
intravisto nel prevedibile vento filo- salvini, le briciole di pollicino, il tracciato cioè, il cammino da
seguire per trovare opportunità elettorali, per uscire dal labirinto creato dai partiti centralisti che
hanno sempre impedito alla Sicilia di decidere il suo proprio avvenire.

Nella fiaba del corvo e della volpe, ovvero dell’adulazione furbesca, la volpe ruffiana riesce a
circuire talmente l’orgoglio del corvo da privarlo di quel pezzo di formaggio che lui teneva
saldamente nel becco.

Così,nella calata al sud del lanzichenecco volpino, ci preoccupa la tenuta del corvo siciliano
incapace di memoria e disponibile anche a farsi strappare il formaggio dalla bocca, quindi il voto
nell’urna. Sarà pure disperazione, fatto sta che l’adulatore vive a carico di chi lo adula .
Non sappiamo e la vicenda di Salvini al sud ci lascia tante perplessità.

Sarà cosa giusta? Visti i prodromi già accennati, un popolo fiero ricorderebbe e non
banalizzerebbe le antiche elucubrazioni leghiste, non consentirebbe spazi. Purtroppo, ripetiamo,
suonano le sirene di una candidatura a favore dei sondaggi e sentiamo di rincorse pazzesche per
salire sul carro leghista. Sappiamo di discutibili proconsoli incaricati di arruolare le truppe – come
l’ex democristiano Attaguile, (oggi nel gruppo misto delle autonomie, chiave passpartout, e in
cerca di agibilità da guadagnarsi a dispetto dei siciliani) – abilitati a dispensare patenti leghiste al
di qua’ del faro e , ripensando al silenzio sospettoso che osservano oggi, Tosi, Zaia o Calderoli,
restiamo molto preoccupati.

La nostra Terra si è’ consegnata sempre fiduciosa allo straniero, affascinata da modi di essere che
venivano da fuori, abbagliata da mode effimere ma non indigene, la Sicilia vive una grande
ambascia e nel momento di disperazione generale si consegna al nuovo che avanza senza
effettivamente aver considerato dove potrebbe portarci questa nuova avventura e senza censurare
antiche “bolle”.

Sappiamo di amici che si annusano, in questo stesso momento, col proconsole incaricato per
sentire che odore soffia, come cani girano intorno alla disperazione di un osso abbandonato
aspettando la prima mossa. Peccato, ci diciamo, se dovessero mettere al servizio di nuovi padroni
stranieri il loro bagaglio di esperienze e conoscenze nella foia di obbedire alla necessità di far
uscire l’Isola dal pantano di un governo che ha chiuso gli interventi economici e strutturali del
Paese sulla linea ideale tra Napoli e Bari.

Intanto non solo Salvini accende i suoi motori, nella pervicace insofferenza del governo
centralista, assistiamo ad altri tentativi di aggregazione per “salvare” la Sicilia. La scorsa settimana
col nostro amico Carlo Mangano abbiamo scambiato le nostre perplessità sulla conferenza tenuta
da Sicilia Nazione, un nome affascinante e che farebbe sognare, se soltanto non si presentassero
poi sul pulpito personalità che hanno dato, nel tempo, prova comprovata di aver perduto l’attimo
fuggente e non aver saputo catturare il tempo del coinvolgimento popolare ed hanno continuato ad
obbedire a padroni forestieri. Piscitello, Armao hanno soavemente dichiarato che loro,
all’indipendenza e all’autodeterminazione della Sicilia non ci avevano mai pensato ma che ora
finalmente hanno capito. Peccato non lo abbiano fatto quando occupavano posizioni istituzionali
che avrebbero potuto dare risalto alla spinta autonomista e che lo facciano ora, sospettosamente
purtroppo in periodo pre-elettorale.

Così restiamo spettatori delle rincorse di Attaguile ed Armao, a loro stesso dire apertissimi ad un
accordo elettorale e di governo; ci piacerebbe lanciare l’ennesimo urlo di adunata dei veri
autonomisti, ma, onestamente siamo sfiduciati, ci verrebbe di incrociare le braccia e osservare. Ma
la nostra Terra impareggiabile tracima verso il fango e non possiamo più assecondare, come il
giunco, la piena.

Eugenio Preta