Elezioni in Gran Bretagna. VINCONO i Nazionalisti Scozzesi

I giornali celebrano la vittoria dei Conservatori di Cameron. Che, in realtà, per andare avanti, dovranno razzolare tra i vari e litigiosi partiti unionisti dell’Ulster. Volano, invece, i Nazionalisti Scozzesi. La dimostrazione che l’Europa delle banche e dell’euro si va sgretolando

Quest’Europa, anziché unire i popoli, li divide come una centrifuga. Chi è dentro cerca di fuggire, ma anche chi è dentro uno Stato, e un tempo aveva una nazione propria, sente il bisogno di uscire dal proprio Stato centrale. Sembra incredibile: è come se i popoli avessero una memoria storica antica di secoli. Se continua così fra non molto la carta geografica dell’Europa somiglierà a quella del “Trecento”: la Scozia, la Catalogna (allora sotto il nome di “Aragona” che comprendeva i quattro Stati di Catalogna, Valenza, Aragona e Maiorca), gli Stati tedeschi, fra i quali la Baviera, la Serenissima di Venezia, e – perché no – la Sicilia.

Come leggere i risultati delle elezioni britanniche? Vittoria dei Conservatori? Sì, vittoria di Pirro. Gli inglesi “medi”, spaventati dal secessionismo scozzese, ovvero dal separatismo antieuropeo di Farage, si sono compattati su un partito “meno peggiore” degli altri. Tutto qua. Per i Conservatori di Cameron, in realtà, è una vittoria dimezzata. Hanno quattro seggi di maggioranza con la stessa percentuale della volta scorsa; non si capisce perché i giornali mainstream parlino addirittura di “trionfo”. Mancano un po’ di deputati per sentirsi sicuri, e questa volta non servirà allearsi con i Liberaldemocratici (eredi degli Whigs, in un tempo lontano i loro principali antagonisti), ormai polverizzati. Dovranno razzolare tra i vari e litigiosi partiti unionisti dell’Ulster per star saldi in sella. I liberali, già, i più “europeisti” di tutti (o meglio, i meno antieuropeisti in un Paese che con Bruxelles non è mai andato d’accordo), sono i più puniti di tutti. Se non fosse stato per qualche pietosa desistenza dei conservatori oggi non esisterebbero più.

Farage ha vinto anche se resta con un solo seggio. È il sistema maggioritario britannico che lo fa sembrare sconfitto. Col 12% (contro l’1% della volta precedente) potrebbe considerarsi soddisfatto e fa male a dimettersi. In Italia con lo 0,5% in più si strombazza per le strade. La vittoria è solo rinviata, mentre Cameron lo deve inseguire sul piano del referendum antieuropeo. Lo avrebbe indetto senza l’Ukip? I laburisti erano forti per il feudo scozzese. È rimasta loro l’Inghilterra del Nord e la metropoli londinese. Troppo poco per vincere.

Il vero fatto nuovo è la rivincita dei Nazionalisti scozzesi, che è come se avessero vinto postumo il referendum per l’indipendenza. Su 59 deputati ne portano a casa 56, 50 in più della volta precedente! E lo fanno non con il 30% dei voti, ma con la maggioranza assoluta dei consensi. I tre collegi mancanti sono: quello delle Shetland, che sono scozzesi solo da un punto di vista amministrativo, ma in realtà sono un gruppetto sperduto di isolette vichinghe (non diversamente dalle vicine e danesi Faer Oer) che per un fatto storico sono rimaste aggregate alla Gran Bretagna e dove nessuno ha mai parlato il Gaelico; e due collegi su quattro del Border Country, quella landa semidisabitata dalle parti del Vallo di Adriano dove la Scozia va sfumando nell’Inghilterra. Per il resto, compattissime, le popolatissime Lowlands di Glasgow, Edinburgo ed Aberdeen; per non parlare della roccaforte delle Highlands e delle Ebridi, che hanno dato uno schiaffone al Regno Unito. Se si unisce questo dato con l’irrobustimento dei cugini del Galles, il dato politico è servito. Solo un cieco potrebbe non vederlo.

E chi lo avrebbe mai detto, anche solo dieci anni fa? I popoli europei vogliono un futuro in continuità con il loro passato, con le loro identità, sono stanche di una globalizzazione senz’anima. Il sistema sta crollando e fanno male le élite a far finta di niente.

Questo non riguarda solo il Regno Unito, ma tutti, anche l’Italia, dove le pulsioni separatiste non sono meno forti sol perché i telegiornali non ne parlano. In Sicilia, il prossimo 15 maggio, sfileranno i Nazionalisti Siciliani: guai a sottovalutarli. Anche qui la misura è colma. Oggi twittavano sul loro sito: “Today in Scotland, Tomorrow in Sicily”. Chissà che a breve non succeda qualcosa del genere dalle nostre parti.

Anch’io, nel mio piccolo, stamattina ho mandato un messaggio di congratulazioni allo SNP (Scottish Nationalist Party). So che, a modo loro, sono europeisti, in chiave anti-inglese. Ma l’Europa che vogliono non è questa, ma un’Europa dei Popoli e delle Nazioni, non certo quella delle banche e dell’euro. E il messaggio, volutamente, l’ho inviato in latino e non in inglese. L’inglese lo uso tutti i giorni per il mio lavoro, ma sono convinto che se non vogliamo un’Europa di plastica, dobbiamo radicarla nell’unica identità possibile che metta insieme Popoli e Nazioni tanto diverse. E questa non può parlare la stessa lingua di chi all’Europa non appartiene, come gli Usa, o di chi non vuole farne parte, come l’Inghilterra. È un messaggio così orecchiabile e facile che mi piace non tradurlo:

Nationalisti Siculi congratulantur Nationalistis Scotis victoria electionis politicis; cum auspicio proximae plenae libertatis Scotiae.

Ad Majora!

Massimo Costa