LA SICILIA, UN CONTINENTE “IN VENDITA” – UN ANNO DOPO

Bruxelles, 19/06/2005

Nella giornata dello scorso venerdì 17 nella città di Mazara del Vallo, proprio nella stessa città che per prima ha festeggiato l’Autonomia con i nostri auspici, ha avuto luogo un dotto convegno organizzato dalla rivista “Milano Finanza” che da qualche tempo ha aperto e pubblicizza una sua redazione siciliana.



La manifestazione, declamata con toni trionfali dalle televisioni siciliane ed italiane, avrebbe parlato di una Sicilia “in decollo”, soprattutto nel suo ruolo di mediazione euromediterraneo. Ovviamente gli stessi “media” hanno ignorato l’intervento “non programmato” del nostro Francesco Paolo Catania che ha un po’ rovinato la festa al Governatore, ma sarebbe stato davvero pretendere troppo ed è già tanto se non è stato fatto tacere a forza dai rappresentanti delle forze dell’ordine.

E’ da 50 o 60 anni che si parla di questa Sicilia-Ponte tra Europa e Mediterraneo ed è da altrettanto tempo che non si vede niente di concreto, che si vende “aria fritta” ai gonzi che hanno voglia di credere, di sperare.

La Sicilia è soltanto il centro geografico del Mediterraneo, ma finché essa sarà colonizzata dai poteri forti dell’Italia, tale ruolo sarà soltanto e sempre usurpato dall’esterno, anzi l’unico modello di sviluppo che si vedrà all’orizzonte sarà quello di una svendita di ciò che resta della ricchezza di questa nobile Isola con la connivenza di una classe dirigente locale in gran parte venduta e corrotta.

Già su “Milano Finanza” in quanto tale ci sarebbe da dire: di che finanza, di che economia volete parlare ad un Popolo a cui sono state tolte (con l’aiuto determinante delle politiche dello Stato Italiano) tutte le realtà economiche significative?

Di qualche “carnezziere” o “ambulante di frutta e verdura”?

Di qualche piccola e media industria da asservire alle esigenze produttive continentali?

Potrete parlargli soltanto di Milano, della finanza milanese appunto! E cos’è una nazione (che tale è almeno potenzialmente una Terra come la nostra che ha le dimensioni medie di uno stato europeo) senza alcun centro di decisioni economiche di rilievo, una nazione scerebrata, non può avere neanche un suo quotidiano o periodico economico ma deve ringraziare se otterrà qualche riga dalla benevola attenzione altrui…

Ma veniamo al dunque della giornata.

Non vogliamo offendere gratuitamente i convenuti non siciliani all’incontro. Comunque li ringraziamo; anche se molti di loro sanno poco o pochissimo di questo Paese che per loro è solo un “mercato regionale”.

In particolare ci ha colpito la simpatia e l’umiltà di Fabio Rizzoli, amministratore delegato della Mezza Corona; lui che, di origine trentina, ha avuto il tocco di spirito di dire che si sforzava di fare un intervento in una lingua che non è la sua: gran lavoratore, uomo semplice e fattivo, benvenuto lui come gli altri manager italiani del suo carattere…

Ma qui, al di là delle affermazioni vacue che si sono sentite, è il modello di sviluppo (o dovremmo dire di “sottosviluppo”) che ci preoccupa.

Lo spirito dell’incontro, come la qualità degli inviti, è che i Siciliani sono un popolo di servi, che niente possono fare senza la determinante iniziativa peninsulare.

A che serve dire che le banche “siciliane” hanno ottimi impiegati siciliani se il management che conta deve venire dal Nord?


Cosa siamo?


Un popolo di barbari la cui massima aspirazione è quella di diventare “caporal maggiori” a servizio di capitani e marescialli d’oltre stretto?


Semplicemente non è previsto che grandi gruppi possano insediarsi in Sicilia.

Non è previsto che possiamo avere serie società di consulenza (devono venire le “continentali”), che possiamo avere imprese nei settori dei servizi pubblici, della finanza, dell’editoria…


Solo piccole manifatture, esercizi alberghieri ed agricoltori senza potere contrattuale alcuno, gingilli nella mani della “Galassia del nord”.


Ciò che significa – diciamolo se qualcuno non lo avesse ancora capito – fame, sottosviluppo ed emigrazione dei migliori.

Ma la cosa più grave è il ruolo ufficiale di “ruffiani” che la classe politica siciliana si è assunta su di se.


Ma che celebrate?


Di quale decollo fantomatico parlate?

Le presenze straniere in Sicilia sono in calo, le imprese diminuiscono, in 15 anni è stato fatto fuggire il 10 % della Popolazione Siciliana, per lo più dai 18 ai 35 anni (quindi la speranza del domani e chi garantisce il ricambio generazionale), e per lo più di manodopera qualificata, laureati anzitutto (che costituiscono il bene più prezioso della Nostra Terra).

Di fronte a questo vero e proprio genocidio di cosa andate parlando?


Di vendere giardini e boschi secolari a speculatori che ne facciano campi da golf per un turismo elitario?


Di fare “club mediterranée” intorno ai quali ci sia il vuoto sociale ed economico come nelle Maldive o in Kenya?


Di svendere strutture pubbliche come l’ospedale di Cefalù alla “mitica” organizzazione di cliniche milanesi come il San Raffaele?

Abbiamo capito! Vi restano solo il territorio e le strutture pubbliche dopo aver distrutto l’imprenditoria privata ed il sistema bancario e adesso state negoziando per vendere anche quelle (l’insularità ad esempio, è la vendita più grossa che state organizzando con la tragedia o la farsa del “ponte”).

Il nostro buon Governatore ha fatto il suo discorso “parolaio” in cui ci ha detto come si stia facendo molto per combattere la mafia quale condizione per creare sviluppo; certo che sì ma detto da lui…lui che lo stesso giorno al processo in cui è inquisito si avvale della facoltà di non rispondere (sacrosanta come diritto di difesa per un cittadino comune ma inquietante da parte del massimo esponente della cosa pubblica) e che ha inserito, e perci?istituzionalizzato per la prima volta nella storia, la “mafia” nel “nuovo” Statuto: si ripudia con la bocca e la si mette sugli altari, la si consegna al mondo come identità siciliana, come se non bastasse quello che i Siciliani nel mondo devono quotidianamente sentirsi dire per colpa dell’Italia!


Perché è dell’Italia, dei monopoli italiani, che la mafia fa gli interessi! Non c’è creatura siciliana che sia più “italofila” della mafia: nasce con la Sicilia italiana ed è legata a doppio filo alle facce pulite che poi vengono a depredarci ed a spiegarci che questa storia delle banche siciliane, delle grandi imprese di trasporto siciliane, dei grandi magazzini siciliani, etc.


È storia d’altri tempi che S.M. il Mercato oggi non consentirebbe di far sopravvivere…


Ma quale mercato e mercato?


E’ la politica accentratrice che fa chiudere le imprese siciliane e la lista sarebbe lunghissima: dalla SGES nell’elettricità al Banco di Sicilia, all’AIR SICILIA, al SIGROS nella distribuzione e via discorrendo all’infinito… La politica unita ad una mafia asservita alla stessa…

E per contro non vorremmo che questa nostra forte presa di posizione venisse presa erroneamente per anti-italiana o separatista.


Gli investimenti ed il management italiano sono benvenuti e lo ribadiamo.

Ringraziamo il Dott. Neri della Price Waterhouse per aver candidamente ammesso di non essere a conoscenza delle peculiarità istituzionali e politiche di quella che per lui era soltanto la “Regione Sicilia” e non “Regione Siciliana” in rapporto pattizio e confederale con l’Italia dal 15 maggio 1946;


ringraziamo chi, come la Banca Nuova, non ha voluto affidare la raccolta di risparmio in Sicilia a semplici filiali ma ha dato vita a società controllata con sede in Sicilia.

Ma quando questo “sbarco” è fatto con le armi della politica ed a discapito della Sicilia che produce allora non ci stiamo; e consideriamo nemici, davvero nemici, non chi viene in buona fede a fare affari, ma coloro che svendono e tradiscono la propria terra ogni giorno.

Sarà anche vero che queste banche sono “vicine al territorio”; ma le nostre lo erano molto di più e non erano gestite male. Semplicemente sono state chiuse perché così aveva deciso la Banca d’Italia e noi non cesseremo mai di denunciare questo stupro silenzioso ai danni della nostra economia.

Sicilia terra di raccolta e non di investimento finanziario; terra di consumo e non di produzione; terra di passaggio (nella migliore delle ipotesi) e non di incontro tra Europa e Paesi del Mediterraneo.

Senza una politica che la ponga al centro delle infrastrutture di ogni tipo per i rapporti euromediterranei essa vedrà sempre più aumentare la propria marginalità geografica, politica, economica, sociale e culturale.

A meno che… a meno che i Siciliani non si sveglino e mandino a casa i traditori…

ANTUDO

L’Altra Sicilia –


Al servizio della Sicilia e dei Siciliani