Il salvagente

Media e tivvù ci hanno trasmesso immagini multicolori di gente nelle piazze delle città del mondo festante per la ricorrenza del Santo Natale.
 
Noi abbiamo visto sorgere l’alba del Natale sulla visione inquietante di una montagna di salvagenti ammucchiati sulle spiagge del nostro Mediterraneo. È successo in Grecia, culla – parola meravigliosa oggi specialmente in questa ricorrenza  – della nostra civiltà occidentale.
 
Salvagenti abbandonati là da uomini, ma soprattutto da donne, molte di esse incinte, e da bambini di ogni età. 
 
Molti i cristiani, tra tutti questi profughi, che hanno potuto celebrare il loro primo Santo Natale sul suolo occidentale, lontano dalle loro case.
 
L’abbandono di quei gilet di salvataggio sono la metafora di una nuova nascita. Oggi, al risveglio, quei genitori avranno ricordato il momento in cui hanno levato quel salvagente ai loro figli come il momento in cui si sono potuti liberare dalla paura, il momento in cui hanno trovato sollievo da una vita vissuta nel pericolo, vita che per un giorno e per una notte  era rimasta in bilico, tenuta solo da un tenue filo, quello che legava il salvagente a quel corpicino esile, troppo denutrito, debole e affamato.
 
Chi di noi avrebbe avuto il coraggio di negare l’accoglienza a  questi bambini che, grazie ad un salvagente miracoloso, ma strappato senza ritegno una volta raggiunta la terraferma, hanno potuto trascorrere finalmente senza angoscia la notte di Natale? 
 
Manifestare la propria opposizione all’ingresso incontrollato di profughi per i rischi legati al terrorismo (confermati peraltro dai recenti attentati) non vuol dire essere indifferenti al loro destino, specie a quello a volte tragico dei più piccoli. Nessuno avrebbe mai potuto pensare di rimandarli indietro nel mare, nella notte oscura da dove arrivavano.
 
Chi di noi non si rallegra infatti nel sentire che la maggior parte dei migranti arrivati nelle nostre spiagge questa estate, soprattutto i bambini, abbiano potuto, abbandonando quel salvagente sulla spiaggia, sognare davanti ad un Babbo Natale, alle luci scintillanti di un albero colorato, di un presepe illuminato? 
 
E forse un papà sarà pure riuscito a convincersi che se i suoi figli sono sani e salvi lo debbano a  Babbo Natale, sicuramente a quel bambinello venuto alla luce in una grotta, come loro, al freddo e al gelo.
 
Adesso questi bambini prepareranno le loro calzette da mettere sotto il camino aspettando l’arrivo di dolci e regali che tradizionalmente la Befana non fa mancare mai a chi è stato buono nel corso di tutto un anno o durante la drammatica notte della traversata del mare….
 
Eugenio Preta