L’esempio spagnolo

Il risultato delle elezioni spagnole  di domenica sera ha suonato la fine del sistema bipartitico che aveva strutturato la politica del Paese dopo la scomparsa del Caudillo. 


Il partito popolare e il partito socialista, che ancora si chiama operaio, i due partiti che si sono alternati  alla guida del paese da metà degli anni 70, sono stati sconfitti dalle urne ed alla fine hanno perso una media di oltre 20 punti percentuali a testa, cosa che, evidentemente, non lascia possibilità alcuna di un governo monocolore che a questo punto potrebbe risultare soltanto dall’accordo di una coalizione che si formerebbe contro natura, proprio tra  socialisti e popolari, mentre i due nuovi partiti  Podemos, spostato su posizioni di sinistra, e Ciudadanos, di formazione centrista e liberale, hanno dichiarato già da ora di non essere disponibili ad alcun accordo.

Resterebbe aperto un eventuale accordo  tra partito socialista e Podemos, con grande scorno di Rajoy, accordo che implicherebbe però il riposizionamento obbligato dei socialisti su versanti  più estremisti, primo fra tutti il rapporto con le istituzioni di Bruxelles. 


Ma se parliamo di elezioni spagnole non lo facciamo solo per l’informazione spicciola, ma perché la sconfitta dei due partiti tradizionali, pur rappresentando una sintomatologia esclusivamente interna che  stravolge il panorama politico spagnolo, nello stesso tempo può indicare la fine della stagione bipolare della rappresentanza politica – quel bipolarismo incompiuto in italia, tanto ricercato per tantissimi anni ed ora auspicato da riforme poco condivise che implicherebbero pure una radicale riforma della Carta costituzionale –  e la richiesta a gran voce di un rinnovo della classe  dirigente, del cambio obbligato dei rapporti di forza esistenti  e dello svecchiamento  del personale in servizio permanente effettivo.

Alberto Rivera, 35 anni,  e Pablo Iglesias, 37, capi di  Ciudadanos e di Podemos, partiti emergenti in Spagna, ne sono la prova lampante.

Il futuro ci dirà ora se le loro idee sono effettivamente nuove e giovani. Devo però ricordare quello che  faceva dire Corneille al Cid compeador : ” il valore non coincide con il numero di anni. “

Si apre a questo punto l’antico problema  del persistere di ultra settantenni nelle sfere delle istituzioni e ben saldi nella detenzione del potere.

Oggi, estasiati ma vittime di una sindrome di demagogia “giovanilista”, i media in Spagna hanno preso spunto dall’affermazione dei giovani leader non solo per auspicare una nuova stagione, ma per stigmatizzare la gerontocrazia politica e denunziare il permanere di vecchie cariatidi nei gangli del potere.

In Italia noi conosciamo bene questo fenomeno  che denomineremmo “del decano “, e da tempo ci chiediamo se sia più necessario  sopprimere il decano o la sua patologia, la malattia  di chi resta incollato alla poltrona e trama in tutti i modi di restarci. 
Dobbiamo cancellare  la nozione nobile dell’età, o piuttosto ridimensionarne il titolare?

Noi restiamo convinti assertori della necessità di una nuova classe dirigente, che non si sia mai cimentata nella gestione della cosa pubblica, che operi intendendo la funzione politica come un servizio da rendere al Paese, ovviamente senza le attrattive della remunerazione astronomica, della “guarentigie” esistenti,  non più stipendificio cioè, ma funzione politica intesa come  vera missione. 

Così come di conseguenza richiediamo l’abolizione del cumulo dei mandati, la temporizzazione obbligatoria dei percorsi politici (pur se i giovani non è che abbiano finora dato bella prova di se) proprio nel momento in cui cresce il fenomeno della longevità media  che ha raddoppiato, nel settore politico-istituzionale l’esempio di anziani che rimangono abbarbicati al potere e di rappresentanti politici avanti con gli anni che si ostinano ad occupare funzioni che i più giovani rivendicano, a giusto titolo.

Restano diversi interrogativi ma uno tra tutti : saranno pronti i cittadini a mandare in pensione gli anziani politici che già hanno dato esauriente prova delle loro capacità? sarà libero il sistema di privarsi dei suoi supporti  più radicati? 

Eugenio Preta