Lo sfratto dalla Valle de los Caídos delle spoglie del Generale Franco

Nella vicenda delle spoglie mortali del Caudillo che un certo Sánchez – oggi primo ministro grazie al voto parlamentare dei comunisti e dei separatisti di ogni genere – vuole riesumare dal mausoleo della Valle de los Caídos – voluto da Franco per riunire in una grande opera di riconciliazione nazionale tutti i caduti della guerra civile spagnola – la figura del “dittatore” costituisce soltanto un pretesto.

Quello che importa essenzialmente non è l’ennesima messa in stato di accusa del regime franchista, ma piuttosto dare finalmente l’opportunità di rivedere gli atti della vicenda franchista ritenuti, ancora oggi, il peccato originale del regime spagnolo attuale e dare legittimità ad uno dei più grandi imbrogli storici. Il Caudillo infatti è morto nel suo letto, non ucciso dai suoi avversari e nemmeno suicida.

Proprio quel regime franchista con le sue scuole e le sue università è stato però il formatore della nuova classe dirigente del regime liberale (e della monarchia di Re Juan Carlos). Le sinistre però non si sono mai rassegnate; l’odio e il risentimento verso l’altra Spagna le ha perennemente accompagnate, anche grazie ad una destra liberale che non riusciva ad intervenire nel dibattito per non essere accusata di franchismo. Così alla caduta di Rajoy e della maggioranza del Partido popular, arrivate fittiziamente al potere, come atto eclatante della loro reggenza, hanno ritenuto di dover rompere il patto tacito firmato dalle due Spagne nel 1977 che aveva definitivamente seppellito la tragedia della Guerra civile.

Dopo quasi novant’anni solo la voce dei vinti aveva costituito la “recita” erodotea del racconto storico; solo la loro versione dei fatti era stata diffusa in Europa, ed oggi questa versione si vuol far passare come quella “ufficiale ” con la profanazione della tomba di Franco. Sconfessando ufficialmente il patto di riconciliazione nazionale ora la rivisitazione storica può essere liberamente avviata.

E’ sicuramente vero che il colpo di Stato attuato da Franco contro il governo democraticamente eletto, attribuisca per intero la responsabilità della guerra civile del 1936, ma la storia non racconta che quel governo democratico aveva vinto le elezioni del ’36 solo grazie agli imbrogli elettorali comprovati dagli storici del tempo, come non ci dice che la sfida, al momento del “pronunciamento“ di Franco e dei suoi generali non fosse assolutamente quella di cancellare la democrazia, ma quella di bloccare la strada alla rivoluzione comunista che i socialisti ed i loro alleati al potere avevano già avviato due anni prima con un colpo di stato alla fine fallito.

A questo punto non si poteva più accettare la incombente presenza del nemico, non si poteva giustificare la tomba di un capo di stato come Franco in un luogo sacro come la Valle dei Caduti, un monumento alla riconciliazione nazionale, ma anche uno dei rari capolavori di una architettura che la modernità non conosce ancora, e si avvia un’operazione “ossianica” che la vedova del generale ha già denunziato al Tribunale supremo.

Noi ci chiediamo: ma se effettivamente i monumenti che impreziosiscono le nostre città e le nostre piazze accolgono solo le spoglie di personaggi di indubbio valore, a quante riesumazioni e a quanti trasferimenti funerari dovremmo sobbarcarci in tutta Europa senza attendere che un certo Sanchez con la sua maggioranza parlamentare anti-spagnola si impegni strumentalmente alla proditoria operazione di sostituzione necrofora?

Una democrazia arriva veramente al suo paradosso finale quando ha bisogno di “uccidere un uomo morto” per imporre forzatamente la sua presunta legittimità.

Eugenio Preta