Il MERCATO SOVRANO E LE 3 LEVE DEL LIBERALISMO

Al centro del sistema liberale regna il mercato, abile nel placare le relazioni tra gli esseri umani distraendoli da quelle passioni che, nei secoli passati, li avevano portati allo scontro. Dedicandosi al commercio docile, quell’invenzione che riesce a soddisfare i propri bisogni, gli uomini hanno creato il surrogato delle passioni guerriere. Per ottenere questo, il sistema liberale poggia su tre leve: la neutralità morale assoluta, la cancellazione delle strutture sociali esistenti e il dogma della crescita senza limiti.

Per la prima leva, il liberalismo confina solo con la sfera privata delle convinzioni personali, perchè nulla possa attentare ai principi fondamentali e poi enfatizzare fino a distrarre gli uomini dalla loro funzione prettamente economica. Riguardo alla distruzione delle strutture morali tradizionali, questo liberalismo trasforma la persona in individuo e lo isola di fronte al mercato. In quanto alla crescita, la terza leva della ricerca della soddisfazione di bisogni sempre più impellenti, il riferimento rimanda al materialismo più assoluto.

Del resto le attuali rivolte di piazza a Parigi e in tutta la Francia, spiegano perfettamente questo sistema. Ben lungi dal contestare una sana libertà economica o il sogno di una società utopisticamente socialista, i rivoltosi francesi – ma è un riferimento che può trovare esempi in molti Sati membri – si sono resi conto di dover protestare perché esclusi dalla crescita, fatalmente isolati da un sistema che ha distrutto le solidarietà statali, le strutture familiari, i corpi sociali intermedi e tutto il senso del vivere che sfugge alle elucubrate scienze economiche.

Pensare che lo facciano scientemente sarebbe perlomeno presuntuoso, non si può parlare di filosofia politica a chi muore di fame, ma il messaggio non deve sembrare incoerente e disparato. Dal prezzo della benzina all’abbandono delle campagne, dalla crisi migratoria alla complessità legislativa, dalla perdita delle nostre libertà individuali alla pressione fiscale, tutti intendono denunziare, in maniera differente, la sensazione di essere stati abbandonati dal “Palazzo”, da questa élite di privilegiati che continua a trarre vantaggi dalla mondializzazione dimenticando il popolo che permette l’abbondanza materiale in cui prospera la casta.

Il sistema liberale mostra, loro tramite, proprio il suo limite. A nome dell’efficienza distrugge e sopprime tutto quello che sembra inutile e costoso: uffici postali, servizi sanitari, treni, piccole imprese agricole, comunità rurali, vale a dire tutto ciò che ha un costo e incide pesantemente sui bilanci societari. In nome della crescita inquina e distrugge i paesaggi, in nome della riduzione dei costi riduce i salari imponendo un’immigrazione che non ha proprio nulla di filantropico. A nome del quieto vivere reprime l’espressione della dissidenza. Infine impone a tutti la sua maniera di procedere e chi tenta di sottrarsi rimane isolato e distrutto dalla concorrenza selvaggia. L’imprenditore infatti che rifiutasse di de-localizzare le sue produzioni, pur affidate a immigrati schiavizzati, verrebbe costretto a chiudere battenti. Come difendersi?

Ci siamo imbevuti di liberalismo per decenni perché eravamo confrontati al sistema comunista, la cui tirannia ci sembrava molto peggiore. In questo sistema oggi, contrariamente a quello che pensano i soloni che lo hanno costruito, la somma dei vizi privati non fa una società, ma lascia per strada tutti quelli che non sanno, non possono o non possono più e concede solo il piacere amaro di un consumismo senza scopo né fine.

L’uomo, però, non può vivere solo per consumare; al di là dei malintesi, a volte delle violenze, di tutto il male che possiamo addebitargli, il popolo che si ribella è latore di un messaggio chiaro: la nostra società è arrivata alla follia e, in una società che ha abdicato ogni valore morale, una società in cui gli individui sono diventati esattamente così come li ha voluti il sistema, non sembra esistere soluzione atta a cambiare i dati di questo paradigma. Questo fa dire alla gente ragionevole che non c’é alternativa e la costringe ad una resa senza condizioni. Nonostante l’ignavia dei tempi però il sistema sta lentamente scivolando nel fallimento, vittima delle sue stesse contraddizioni. Rimane un’incognita: nessuno sa se domani o tra dieci anni.

Eugenio Preta