Le ricercate complicazioni della procedura per il Brexit

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea è diventata una vera pantomima: due anni di discussioni e liti per trovare un accordo sulle condizioni di uscita del Paese dall’Unione. Un negoziato complesso che avveniva mentre i preppy della City e la bella borghesia di Piccadilly o Chelsea non perdevano occasione per reclamare un nuovo referendum, al contrario dei cittadini delle periferie, degli operai dell’industria navale di Portsmouth o dell’industria automobilistica del West Midlands, ad esempio, che avevano votato per il sì all’uscita ed ora, confusi dalla campagna mediatica che li vorrebbe riportare al voto, ritengono comunque che il loro primo ministro si sia abbandonata a concessioni eccessive.

Com’era nella previsioni, la Camera dei Comuni ha bocciato il negoziato, mettendo d’accordo sia la coalizione degli avversari della Brexit, sia coloro che, pur favorevoli, avevano creduto di poter ottenere condizioni più vantaggiose agli interessi britannici. Adesso si aprono tante congetture sul futuro. Il governo britannico avrebbe avuto due formule per applicare la Brexit – votata dai cittadini, è bene ricordarlo, visti i ripetuti tentativi di richiamare alle urne i britannici – e non è abbastanza chiaro perché Teresa May sia andata ad impelagarsi in un negoziato che, Trattato alla mano, poteva essere affrontato in modo molto più semplice.

Due formule si potevano prevedere per applicare il ritiro britannico. La più semplice sarebbe stata quella di ritirare l’adesione, procedura consentita ad ogni Stato sovrano. A quel punto tutta la legislazione europea avrebbe continuato ad applicarsi anche al Regno Unito fino ad eventuali abrogazioni o modifiche particolari da parte del parlamento di Londra. Se le eventuali modifiche si fossero dimostrate contrarie agli interessi europei, ad esempio nel caso che la GB avesse imposto un diritto di dogana alle importazioni dal continente, si sarebbe aperto un negoziato puntuale, procedura che sarebbe valsa ugualmente nel caso che i britannici avessero ritenuto sfavorevoli le decisioni europee.

Evidentemente questi negoziati particolari sarebbero intervenuti solo dopo l’uscita della Gran Bretagna, in piena libertà, tanto più che gli accordi commerciali in seno all’OMC (Organizzazione mondiale del commercio), a cui aderiscono sia la Gran Bretagna sia l’Unione europea, servono proprio a limitare ogni tentativo di rappresaglia economica tra le parti. Per quel che concerne il potere regolamentare proprio dell’Unione europea, questo potere sarebbe ritornato semplicemente alla Gran Bretagna senza bisogno di rivedere l’insieme della legislazione precedente. Lo stesso principio avrebbe potuto applicarsi agli accordi con i paesi terzi, che sarebbero rimasti in atto fintanto che uno dei paesi firmatari non li avesse rimessi in causa.

La seconda formula Brexit, quella decisa dai Britannici, sarebbe stata proprio l’applicazione dell’art. 50 del Trattato dell’Unione europea che prevede una procedura complessa di uscita, tenendo conto che, finché la procedura non sia stata espletata, il Paese che decide di ritirarsi rimane membro effettivo dell’Unione. E’ indicativo quindi che invece di semplificare gli atti, la procedura sia stata spinta al parossismo della complicazione: ritorna in mente un decreto della regia marina borbonica: il “facite ammuina”, una direttiva che prescriveva ai marinai di fare appunto “ammuina”, cioè mostrarsi indaffarati, in occasione delle visite delle autorità a bordo.

Si potrebbe persino ritenere che Il Parlamento britannico abbia scelto la formula dell’art. 50 per edulcorare la rottura, ma è una tesi difficile da condividere se si tiene conto che Teresa May, subentrata nel Premierato in corso d’opera, si era già dichiarata contraria all’uscita del suo Paese dall’UE. Così i britannici, hanno oggi capito, che la procedura complessa era stata scelta proprio per rendere difficoltoso il ritiro del Paese e, in qualche modo, cercare di scoraggiarlo. Del resto, proprio perché il ritiro di uno Stato membro possa venire dissuaso da questa procedura, i negoziati con la Gran Bretagna si sono rivelati spigolosi, resi difficili proprio dalle ripicche dei tedeschi e dei francesi.

Il risultato di questa tattica europea, intesa a creare complicazioni, attuata per scoraggiare oggi i Britannici, potrebbe venire interpretata anche in senso contrario: qualora un Paese decidesse di ritirarsi dall’Unione, è perché avrebbe capito che sarebbe opportuno intraprendere la via più semplice del ritiro unilaterale e obbligare lo svolgimento dei negoziati solo dopo l’uscita e assolutamente non prima.

In ogni caso il popolo britannico, votando a maggioranza il referendum per la Brexit ha scelto l’uscita dall’Unione. Ogni tentativo di ritenere nullo e non avvenuto quel voto e addirittura chiedere ai Britannici di ritornare a votare per un nuovo referendum, significherebbe cancellare le tradizioni democratiche di quel paese e confermare la riprovevole tendenza, che fa ritenere valido e democratico solo il voto che fa gli interessi delle élite, in questo caso quelle filo-europee.

Eugenio Preta