Il Papa in Marocco per continuare il dialogo interculturale tra Chiesa cattolica e Islam

Papa Francesco ha  visitato il 30 e 31 marzo  Casablanca e Rabat su invito di re Maommed VI:  ritorna cosi’ il Papa in Marocco  25 anni dopo  la visita di Giovanni Paolo II, nel 1985. Già nel corso del  primo giorno  Bergoglio ha voluto connotare il carattere della sua visita che si iscrive proprio nella continuazione del dialogo interculturale tra Chiesa e Islam ed in un discorso senza precedenti è ritornato a richiedere ulteriori aiuti a favore dei migranti.

Il punto centrale dell’allocuzione del Sommo Pontefice ha riguardato  il Patto di Marrakech, l’ accordo dell’Onu adottato recentemente che invoca una maggiore cooperazione tra gli Stati firmatari per migliorare le politiche di accoglienza e sollecita la stampa ad impegnarsi ulteriormente per  veicolare un’immagine positiva del migrante.

Il Papa ha auspicato la rapida attuazione dell’accordo ed il suo rispetto da parte della comunità internazionale incentrando il suo intervento su quattro punti cardinali: l’accoglienza,la protezione, la promozione e l’integrazione dei migranti.

Innanzitutto il Papa ha insistito sul fatto che bisogna accogliere i migranti altrimenti la società perde la sua capacità di compassione e diventa una società senza cuore . Ancora una proposta pero’ che rimane fine a  se stessa ,  non si pone limiti, ma soprattutto  non si chiede se  esistano veramente i presupposti ad un’accoglienza efficace dal momento che  sono già milioni i cristiani  che vivono sotto la soglia di povertà. La compassione è senz’altro un sentimento nobile che rimane pero’ molto debole se si ferma solo alla sfera sentimentale. In realtà  dovrebbe  indirizzarsi a colui che ci sta più vicino prima di impegnarsi verso chi è materialmente piu’ lontano .

Se ci occupassimo prioritariamente  di chi ne ha piu’  bisogno, italiano od europeo che sia,  potremmo essere sicuramente  piu’ disponibili e piu’ capaci di occuparci degli altri.

Nel punto relativo alla protezione dei migranti  Bergoglio  ha accennato alle espulsioni collettive, ritenute il segno della grande violenza della nostra società. Se vengono espulsi, si dovrebbe pero’ dire che, forse, significa che non possiedono i requisiti per ottenere il diritto all’asilo, di per se stesso  già molto lassista. Il Papa , si sa , è contro le espulsioni per un suo eccessivo buonismo , ma la protezione piu’ efficace che possiamo offrire ai migranti  risiede nei loro stessi paesi di origine,  aiutandone lo sviluppo , certamente non a lasciarli venire da noi per approfittare di loro e attirarli nel  nostro modello di protezione sociale che in verità gli è estraneo e non serve assolutamente a proteggerli.

La promozione delle migrazioni ha costituito, già nel Patto di Marakesch il punto piu’ controverso. Secondo Francesco le società d’accoglienza si arricchirebbero se sapessero valorizzare il contributo dei migranti . Per fare cio al meglio dovrebbero prevenire ogni tipo di discriminazione ed ogni sentimento xenofobo. In verità le società d’accoglienza si arricchirebbero se effettivamente non dovessero piegarsi al multiculturalismo e se riuscissero a proteggere la loro identità riuscendo ad integrare in maniera ottimale elementi nuovi che non ne modifichino pero’ l’essenza intrinseca.

L’integrazione evocata da Bergoglio rimane una parola vuota. L’idea di Bergoglio è quella di costruire una società multiculurale aperta ( sembra di sentire george soros& co) con città accoglienti e attente ai processi interculturali;  città capaci di valorizzare la ricchezza data dalla differenza nell’incontro reciproco dell’altro. Ancora una volta Bergoglio si fa fautore di multiculturalismo, mentre dovrebbe rimanere semplicemente apostolo di fede, di cristianità e di nient’altro

Ognuno ha il diritto di rappresentarsi la questione migratoria come ritenga piu’ consono alla sua sensibilità, senza rimanere invischiato nel sentimentalismo e nel pathos, e soprattutto dovrebbe essere messo in grado di difendere la propria identità contro la marea scatenata  dalle migrazioni .Ed  in questa prerogativa propria di ciascuno di noi il papa non ha alcuna ragione di  intromettersi.

Eugenio Preta