Bruxelles, centro nevralgico dell’anticristianesimo

La costruzione europea ha portato a lungo con sè, specialmente nel mondo cattolico, l’immagine di un progetto positivo e degno di essere difeso; il suo corollario naturale comportava il sospetto che chi si fosse opposto certamente non era un buon cristiano.

La Chiesa si è sempre dichiarata favorevole ad ogni referendum sul progetto europeo ritenendo fosse cosa giusta e meritevole. La stessa stampa cattolica si è fatta sempre paladina dell’interesse europeo ed ha recentemente pubblicato numerosi appelli per invitare i cittadini a votare per sostenere l’Europa.
D’altra parte i tre padri fondatori, Adenauer, De Gasperi e Schuman furono cattolici e democratici cristiani e la bandiera europea con le sue dodici stelle ricorda quelle che circondano la stessa immagine della Vergine dell’Apocalisse. Anche un cattolico praticante come Charles de Gaulle, venne tacciato di essere un cattivo cristiano perché oppositore dell’Europa di Bruxelles e per queste stesse ragioni, molti laici si sono dimostrati scettici rispetto al progetto europeo.

Oggi però, chi si impegna ad interpretare gli eventi, sembra non essersi accorto dell’inversione di tendenza che si è manifestata negli ultimi 40 anni. In effetti pare che Bruxelles sia divenuta il centro nevralgico dell’anti-cristianesimo. Ci siamo sempre sforzati di dire che l’antica Europa dei sei, uscita dal trattato di Roma (altro nome significativo), fosse dominata dalle forze cattoliche e che gli avvenuti allargamenti ne avessero accresciuto il peso nel mondo protestante e anglo-sassone, ma ormai è chiaro che la mutazione pare sia andata ben oltre. Lo testimoniano il rifiuto di iscrivere le radici cristiane dell’Europa nei testi costitutivi, la propaganda attiva a favore delle evoluzioni libertarie più disparate, sia della commissione sia del PE, dove la maggioranza social-democratica e popolare è sempre disponibile a colpire i paesi che resistono.

A riprova di tutto questo una riunione elettorale tenuta dall’allora presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, all’Università di Cracovia a favore dell’opposizione filo-europea al governo polacco. Il caporedattore del giornale polacco Liberté aveva pronunciato un discorso di una violenza inimmaginabile contro la Chiesa cattolica, rea di sostenere i conservatori polacchi al governo.

Sarebbe necessario poter approfondire le ragioni di questa “mutazione” che ha vissuto l’idea europea al punto da essere associata oggi all’anti-cristianesimo più virulento, prova imprescindibile della deriva ideologica della costruzione europea. Più che essere un progetto di cooperazione naturale tra paesi desiderosi di lavorare insieme, il progetto europeo è oggi concepito dai sui partigiani come un progetto messianico di abolizione delle frontiere, di azzeramento dei fattori nazionali. Non è soltanto una realtà politica ma una rivoluzione destinata a rimettere in causa questa realtà antropologica fondamentale costituita dagli Stati nazionali.

L’esperienza del secolo scorso ha dimostrato che il fattore ideologico, che sia comunismo o social-nazionalismo, è sempre andato verso un’ostilità radicale contro quello religioso e sarebbe anche del tutto normale se si presentasse effettivamente come una Chiesa di sostituzione. Non c’è da meravigliarsi che oggi esso si allinei alla terza grande utopia, l’utopia mondialista, soltanto una tappa dello stesso progetto europeo, a detta dello stesso Jean Monnet.

Ormai i cattolici ancora superstiti in Europa debbono aprire gli occhi davanti a quello che non appare più solo un lento abbandono delle convinzioni cristiane dei padri fondatori, ma una vera e propria inversione del rapporto del progetto europeo di fronte alla civiltà cristiana per la quale è diventato soltanto una vera e propria macchina di distruzione e annientamento.

Eugenio Preta