Il coraggio dell’indipendenza. Omaggio a Sean Connery

Viviamo un’epoca di vuoti assoluti che, pur se vigliaccamente reclama i suoi eroi, nei paradossi del suo linguaggio comune condanna ogni forma di eroismo. Così ci sono figure che incarnano ancora il mito dell’eroe come ci è stato trasmesso da letteratura, poesia, dalla scuola di una volta, da quel cinema che proprio di eroi ancora vive e si nutre.

James Bond, l’eroe di noi tutti, al secolo Sean Connery, ci ha salutati in una notte di fine autunno. Forse, nel nostro immaginario collettivo lo ritenevamo, come ogni eroe che si rispetti, immortale, senza età e senza tempo, felice tra ville esotiche, smoking, sigarette perennemente attaccate agli angoli della bocca, donne bellissime, armi ed Aston Martin rimodellate dall‘M5, il servizio segreto di sua Maestà britannica, proprio lui, Sean Connery, che dalla Regina aveva preteso onori e ottenuto onorificenze che poi ha regolarmente devoluto alla causa in cui credeva: l’indipendenza del suo Paese.

Il genio, diceva Baudelaire, è chi inventa uno stereotipo e Sean Connery, proprio lui fu il vero inventore dello stereotipo Bond, e non Ian Fleming, l’autore che scriveva semplicemente la vita che sognava.

Tutto passa. Ma oggi Edimburgo piange la scomparsa del grande Sean e riapriranno, per quelle bevute collettive, i pub dove sventola la bandiera dell’indipendenza che la vittoria di un partito nazionalista aveva fatto venir fuori dalle viscere e dal cuore di tutti gli scozzesi.

Come William Wallace, l’eroe dell’indipendenza delle Highlanders, più conosciuto come Braveheart di hollywoodiana memoria, Sean Connery portava una scritta tatuata sulla spalla “Scottland forever”, e ai suoi detrattori che gli rimproveravano di vivere alle Bahamas rispondeva che appena avesse visto una Scozia libera sarebbe ritornato senz’altro ad Edimburgo ed intanto proseguiva la sua crociata per l’indipendenza del suo paese. Il ritorno, il mito di “nuàtri”, condizionato però da una clausola: il coraggio dell’indipendenza.

In un mondo dove tutto ormai si lega, economia, politica, mercati e borse, il coraggio dell’indipendenza è prerogativa di pochi, patrimonio dei pochissimi.
Quanti dei siciliani della diaspora, partiti per fare grande l’Isola, accetterebbero di declinare onori e onorificenze in nome dell’indipendenza della loro terra?
Quanti politici siciliani che hanno fatto fortuna nel Parlamento romano sarebbero disposti a mettere tutto in discussione per una causa nobile di appartenenza? Quanti di loro avrebbero il coraggio dell’indipendenza? E quanti di noi?

Bussando alle porte del Paradiso, sarà riuscito oggi il signor Connery – l’eroe dell’indipendenza delle Highlanders che aveva rinunziato a capire la questione del permissivismo eccessivo, le leggi contro il tabacco, il multiculturalismo, la mancanza di coraggio, le abiure del passato, in definitiva questo nostro mondo del reale – a liberarsi finalmente dei panni di James Bond, dei vestiti di Savile Row, delle Muratti ambassador, delle Aston Martin, dei profumi di donna, del signor G e della signorina Moneypenny?

Oppure… alla domanda che era diventata un rituale avrà ancora risposto con aria distaccata: “Bond, naturalmente James Bond”.

Eugenio Preta