Se i Siciliani sapessero che l’Europa…

Bruxelles, 09 settembre 2005

Se i Siciliani sapessero che l’Europa è una grande burocrazia che, sotto il paravento ideologico dell’unità e della coesione economica continentale, costituisce in realtà uno dei più diabolici meccanismi di sfruttamento coloniale della Sicilia, concentrato di poteri forti e di lobby in cui i cittadini e le parti sociali più deboli vengono sistematicamente schiacciate, … forse sarebbero un po’ meno europeisti, un po’ meno fiduciosi nelle istituzioni comuni.

Ricordiamo che le parti periferiche dell’Europa hanno scelto, non a caso di uscirne o di non entrarvi mai (la Groenlandia, le Faer Oer, la Norvegia, Man, le Isole del Canale) perché hanno capito che sarebbe stata una trappola pensata per la diarchia Francia-Germania, con la partecipazione minoritaria di Benelux, Italia settentrionale, Spagna e un po’ anche Londra, che lucra di una particolare rendita di posizione. Gli altri contano poco o pochissimo e se hanno pressato per entrare lo hanno fatto solo per ottenere un po’ di sussidi e soprattutto i benefici della delocalizzazione produttiva che deriva dal vero e proprio “dumping” sociale che vi si pratica a spese dell’Europa occidentale. Ricordate la differenza di trattamento tra il deficit portoghese (subito ripreso) e quello tedesco (perdonato)? E più in genere tanti sono i pesi e le misure che valgono in Europa.
Ebbene, tra tutti, la Sicilia è l’ultima in assoluto: non conta niente in Europa perché nessuno la rappresenta: non è uno stato membro, non ha uno stato che ne rappresenti gli interessi (non parlateci dell’Italia, per favore), non ha uno status peculiare riconosciuto (come le regioni ultra-periferiche ad esempio o altre regioni che beneficiano di condizioni fiscali particolari), non ha quasi rappresentanza parlamentare, non ha nemmeno una classe politica che chieda alcunché per la Sicilia (i nostri europarlamentari sono paghi del posto che devono ad altri e delle prebende, le più alte in Europa).
Si dirà che è pregiudizio antieuropeo… Non è affatto vero! L’Altra Sicilia è consapevole dell’opportunità che un’Europa unita (davvero unita) rappresenterebbe per arginare lo strapotere USA e per la stabilizzazione e la pace nel mondo. Un’Europa dei Popoli e delle Nazioni (anche quelle senza stato come il nostro) potrebbe essere anche la patria nostra, ma questa no! Non la riconosciamo! E ne abbiamo una riprova al giorno…
Già i Siciliani hanno avuto una prova tangibile di quanto sia bello essere in Europa con l’introduzione dell’Euro. L’insipienza o la corruzione dei governi italiani ha consentito arrotondamenti infiniti che a tre anni di distanza ancora non si arrestano; la politica industriale italiana, del resto, che vuole la Sicilia esportatrice (a costi da strozzinaggio) di materie prime ed importatrice di qualunque bene e servizio dalla Brianza, ha fatto lievitare i costi di trasporto nella nuova valuta e quindi il costo della vita in Sicilia come in nessuna altra parte d’Italia. Provate a comprare una fornitura per la casa in Sicilia e ve ne renderete conto. L’attuale congiuntura che vede esploso il prezzo dei carburanti porta l’iniquità al paradosso: la Sicilia, paese produttore di energia, paga i prezzi più alti dell’euro, delle catene italiane di intermediazione del commercio, dei costi di trasporto.
Ma veniamo ad un altro fatto di cronaca (“nera” dovremmo dire) che riporta d’attualità quanto l’Europa sia nemica della Sicilia.
La Commissione ha aperto un’inchiesta per “aiuti di stato” ai danni della legislazione siciliana perché – udite, udite – ha osato ridurre l’imposizione IRAP in talune fattispecie di particolare rilievo produttivo.

Riportiamo dalla Agence Europe del 7 settembre 2005:

La Commissione ha deciso mercoledì di aprire un’inchiesta approfondita su due regimi di incitazione fiscale iscritte in una legge regionale in Sicilia del 2003, che considera a questo stadio come una “forma di aiuto al funzionamento che esonera i beneficiari dalle cariche che tutti i concorrenti devono subire”, indica un comunicato. Il primo regime concede un esonero di imposta regionale italiana sulle attività produttive (IRAP) per 5 anni:
(a) alle aziende attive dal 2004 nei settore alberghiero, turistico, dei beni culturali, dell’agro alimentazione, dell’informatica e delle telecomunicazioni;
(b) alle aziende attive dal 2004 in un settore industriale il cui fatturato è inferiore a 10 milioni di euro. Il secondo regime prevede che alcune filiali di società di servizi finanziari e assicurativi, riuniti presso un “Centro euro-mediterraneo”, possono beneficiare di agevolazioni fiscali quando effettuano operazioni con paesi terzi che hanno sottoscritto la dichiarazione di Barcellona del 1995. Si tratta:
(a) di riduzioni del 50% dell’IRAP;
(b) di esonerazioni di tasse sulle concessioni regionali;
(c) di pagamenti per un valore forfetario al posto delle tasse di registrazione, di imposte e di tassi ipotecari;
(d) di esoneri di imposte italiana sulle società con imposte generate in Sicilia.

Ecco, la Sicilia è sleale! Aiuta talune imprese a sfavore di altre e così corrompre il mercato comune che, infatti, come è noto, vede investimenti sbilanciati a favore della nostra Isola!

Non c’è un briciolo di logica giuridica o economica o politica nell’atteggiamento della Commissione, ma solo l’arroganza dei forti contro i deboli nella consapevolezza che la maggioranza dei Siciliani non ne capisce niente di “queste cose da economisti” e quindi che di fronte a questa vera e propria aggressione alla sovranità della Sicilia (l’ennesima) non parlerà nessuno!

Non c’è un briciolo di logica giuridica perché non c’è scritto da nessuna parte nei trattati che tutti i paesi europei devono avere tutti lo stesso regime fiscale. E l’Irap è, in teoria, tributo proprio della Regione Siciliana! Andate a guardare dov’è catalogata nel suo bilancio e ve ne renderete conto! Cioè, per esso, la Sicilia è come uno stato sovrano a tutti gli effetti! Se dispone una detassazione ne sopporta le conseguenze in termini finanziari, non la chiede allo stato italiano! Ma dov’è l’aiuto di Stato? E’ come se punissimo il Lussemburgo perché ha ridotto le tasse rispetto a quelle che vigono in Belgio…

Non c’è un briciolo di logica economica nel dire che le “Regioni”, anche se investite di potestà tributaria (come la Sicilia, ma c’è qualcuno che si è preso la briga di dirlo ai burocrati di Bruxelles?) non possono manovrare la politica fiscale ma solo gli stati. Scusate, ma se c’è un mercato comune in cui beni, servizi, capitali e persone circolano liberamente (ricordate l’Atto Unico di Bruxelles del 1987?), che differenza c’è, per un’impresa tra un differenziale tributario tra Irlanda e Gran Bretagna ed uno tra Sicilia e continente d’Italia? Economicamente parlando è irrilevante se il soggetto tributario attivo è stato sovrano o regione… A meno di non dire che Irlanda e Malta possono fare qualunque cosa perché sono stati sovrani… Noi non siamo indipendentisti, ma se continuate su questa strada, la tentazione sarà ogni giorno più forte, se il prezzo per essere italiani deve essere quello di non potere applicare neanche un rigo del nostro Statuto (anche quello nuovo minimalistico che, Dio non voglia, fosse approvato dal Parlamento Italiano) e di essere sempre presi per i fondelli…
Non c’è un briciolo di logica politica se si punisce uno tentativo di dare contenuto all’integrazione euro-mediterranea con il “Centro finanziario ed assicurativo ” che era stato istituito: la Sicilia è il centro del Mediterraneo e DEVE ESSERE il centro dell’integrazione euro-mediterranea, altrimenti non ci stiamo! Invece a Bruxelles (con la determinante complicità di Roma) si è pensato ad un Mediterraneo integrato a “ciambella” con un buco nero in mezzo, la nostra povera Sicilia, povera “schiava di Roma”. Così si spiega che nessuna “autostrada del mare” passi per la Sicilia, nessun interporto,… E che siamo? L’isola dei pirati da evitare ad ogni costo?
La presa di posizione della Commissione – se avessimo un briciolo di onore – dovrebbe essere presa per quello che è: un arrogante attacco alla Sicilia con la “manuzza” complice dell’Italia che ha paura di una piccola delocalizzazione produttiva verso l’Isola (che in teoria fa parte di sé) ma che è impotente di fronte a ben più gravi delocalizzazioni che vanno verso l’estero.
Essa è illegittima, iniqua e inopportuna.

E’ ILLEGITTIMA per le ragioni che abbiamo detto: la Sicilia dispone come vuole dei tributi propri e di quelli che lo stato italiano le devolve (Statuto alla mano quasi nessun tributo da legislazione italiana dovrebbe applicarsi in Sicilia) e deve essere considerata da Bruxelles autonoma in materia quanto qualunque altro stato europeo. Non si può dire che lo Statuto è in contrasto con i Trattati e quindi decaduto in materia perché da nessuna parte (all’infuori dell’IVA) è scritto che gli stati abdicano alla loro potesta tributaria sull’imposizione diretta. E’ vero che non si possono dare aiuti di stato ad imprese che si trovano in particolari regioni (se non concordati, etc.), ma in materia la Sicilia non si comporta come una regione perché è soggetto attivo, cioè in tutto simile ad uno stato sovrano e su chi siano i soggetti che stabiliscono la politica tributaria nello stato italiano non è competente l’Unione ma solo la costituzione italiana.

E’ INIQUA perché condizioni di maggior favore sono concesse sistematicamente a regioni periferiche dell’Unione, anche non statuali (Galles, Corsica) e perché condizioni di maggior favore sono concesse a isole-stato anche di più recente entrata nell’Unione (Cipro, Malta). Insomma solo a noi viene negato tutto!

E’ INOPPORTUNA perché il degrado economico della Sicilia è tale che una deroga a principi generali nel nome dei tanto declamati valori della coesione, dello sviluppo armonico delle diverse regioni d’Europa dovrebbe essere concessa. Tutti gli indicatori dell’economia siciliana hanno un solo nome: disastro! Dov’è il favoritismo? Dov’è l’abuso che creerebbe una Sicilia ricca a danno del Continente? Perché in condizioni di recessione lo stesso trattato concede deroghe ai limiti di deficit ed alla Sicilia non è concesso mai nulla?
Vuole proprio vederci morire o emigrare tutti questa Europa?
Si dirà che ci sono i finanziamenti europei… Ma quelli sono in gran parte la nuova droga assistenzialista, la nuova “Cassa per il Mezzogiorno” che serve più a spiazzare gli investimenti seri che non a crearne di nuovi (si pensi alla formazione professionale).

Ma che dobbiamo fare con quest’Europa? Dobbiamo fare un referendum per proporre l’uscita della Sicilia dall’Unione? Siamo sicuri che vincerebbe il Sì e questo, davvero, farebbe cambiare rotta agli eurocrati…
Noi non arriviamo ancora a tanto, ma intanto cominciamo a informare i Siciliani sui veri giochi che si muovono sopra la loro testa.

Viva la Trinacria! Viva il Vespro!
Viva la Sicilia!