La psicosi generata dal COVID 19

I grandi sistemi inventati per sostenere sviluppo e benessere dei popoli: OMS, Onu, Ue con le 2000 varie agenzie eccetera – confrontati al momento pandemico sembrano essere andati miseramente in tilt. Lo dimostrano le misure più disparate e disomogenee – persino tra le regioni di uno stesso Stato – promulgate per far fronte all’aumento dei contagi, l’approssimazione nelle ordinazioni alle case farmaceutiche dei vaccini, molti dei quali, del resto, non hanno avuto ancora i margini temporali di una seria e valida sperimentazione e il ricorso ad un rimedio che ci fa tornare indietro nel tempo, agli inizi del Novecento: il confinamento.

Un’emozione esasperata che resterà nella Storia come l’esempio più lampante di psicosi collettiva con la quale la maggior parte dei Paesi occidentali ha risposto all’epidemia.

Nell’era di internet, in Paesi a più alto sviluppo che rappresentano la maggiori forze economiche, culturali e civili del mondo, obbedienti alla nuova liturgia rappresentata dal principio di precauzione, siamo riusciti a calpestare persino i valori più importanti della nostra società.

Certamente stiamo vivendo una crisi sanitaria terribile, ma cerchiamo di non dimenticare la crisi economica che sta determinando la morte di tanti i piccoli commerci, dei ristoratori, degli operatori culturali e di tante categorie di lavoratori strettamente collegate.

Aumenta così, oggi, il numero di quelli che non credono più nella quarantena come la scelta migliore a livello sanitario, anche perché non esiste alcuna prova scientifica della sua efficacia e persino l’Oms, che tanto aveva sostenuto il confinamento nella scorsa primavera, oggi ne sconsiglia il ritorno.

Diagnosticare, isolare e curare restano i principi base nel trattamento delle malattie infettive e proprio in questa logica il buon senso vorrebbe che si separassero i malati dai non malati per evitare il contagio. Nel confinamento, però, questo principio di separazione non viene assolutamente rispettato, ma al contrario, si isolano insieme malati e non malati facilitando così la propagazione del virus, come si è potuto purtroppo constatare nelle case di riposo dove l’solamento ha propagato la malattia tra i più deboli causando l’ecatombe che conosciamo.

Chiudere i negozi al dettaglio, i piccoli commerci, impedire alla gente di uscire per strada senza le opportune autorizzazioni – tralasciando per un momento l’attentato che subisce la nostra libertà individuale – si è rivelata manovra inutile perché si è appurato che l’80% dei contagi avviene proprio entro l’ambito familiare e che, viceversa, il contagio all’aria aperta si è dimostrato praticamente impossibile.

Il rimedio rischia di essere peggiore del male ed il bilancio costi/benefici rimane assolutamente in negativo.

Quando si parla di crisi economica si parla di recessione, di disoccupazione crescente, di fallimento delle imprese, di impoverimento generale, di suicidi conseguenti, di paesi arrivati allo stremo.

Nessun governo si è dedicato ad analizzare l’epidemia in modo razionale studiandola come problema di salute pubblica, anzi ogni ipotesi in tal senso è stata accantonata proprio nel tentativo di mascherare le carenze del sistema sanitario.

Da questo momento la paura è diventata dominante e la psicosi del covid, abbondantemente ripresa dal sistema mediatico, ha fatto deragliare la politica verso l’incoerenza e l’assurdo. Oggi ciascuno di noi ha paura del suo vicino, i nonni dei nipoti, i professori degli alunni, i commercianti dei loro clienti, cose invece che sarebbero da evitare in Paesi come il nostro, già fragilizzato da crisi economica e fratture politiche e sociali.

Dal sospetto all’odio il passo è breve e la delazione è diventata un’arma liberticida, come dimostrato dalle denunzie di sedicenti attori che forti della loro popolarità si sono permessi di erigersi a fustigatori del popolo.

Il puritanesimo progressista ormai impera: un vociare improvviso nel silenzio del quartiere provoca, su richiesta del cittadino delatore, l’intervento di forze dell’ordine, per loro natura poste a protezione della gente e non a punizione, come avvenuto ad esempio per sanzionare parroco e diacono, colpevoli, in occasione della celebrazione di un battesimo collettivo, di non aver verificato se i fedeli presenti portassero la mascherina, o ancora la caccia ai ristoranti clandestini, nuovo sport nazionale delle forze di polizia che equiparano gli affamati clienti ai peggiori terroristi.

Hanno creato nello spirito del cittadino un nuovo conformismo abitudinario da cui sarà difficile disfarsi, un conformismo definitivamente rassicurante e soprattutto meritorio perché eleva spiriti mediocri al rango di fustigatori di costumi, assegna loro un compito di pubblica utilità e li fa uscire da un’esistenza ridotta a pura grisaglia: non è il COVID che ha messo il mondo in ginocchio ma le psicosi generate da questo virus.

Eugenio Preta