Auto elettriche: l’Europa in corto circuito

Sembra che la missione più importante dei governanti e dei media più influenti della terra non sia la creazione di occupazione, la ripresa economica dopo la pandemia, la dovuta morale nell’amministrazione della cosa pubblica, ma quella di salvare questo nostro pianeta dai veleni con i quali la nostra società dei consumi lo sta demolendo.

Un tema, quello della tutela dell’ambiente, che ha fatto la fortuna di ragazzette che hanno promosso in tutti i continenti lo “Skolstrejk för klimatet” ovvero lo sciopero della scuola per il clima, ma anche di partiti in cerca di nuovi motivi politici che proprio nell’ecologia hanno ritrovato la loro fortuna elettorale.

L’inquinamento atmosferico, quello acustico, i cambiamenti climatici, lo sfruttamento del suolo e dei mari, le plastiche imperanti hanno ridotto veramente male questo nostro pianeta.

Ma siccome anche in una grande catastrofe (e “Il cuoco di Salò” del grande De Gregori ce l’ha insegnato) bisogna mangiare, cioè trarre il mezzo per guadagnarci sopra, l’industria automobilistica si è buttata a capofitto ed ha inventato l’auto elettrica, con il sostegno dei governi e dei loro sussidi.

Si continua a magnificare la vettura elettrica come la chiave del futuro e soprattutto pare addirittura rappresenti la sola possibilità di salvare il pianeta.

Ma salvarlo da cosa? Non se ne sa molto, ma si insiste sul fatto che bisogna salvarlo. Così i governi hanno imposto ai costruttori automobilistici di impegnarsi al massimo per poter finalmente offrire al mercato il veicolo elettrico.

Cosa comporta? Innanzitutto l’installazione su tutte le strade delle centraline elettriche per la ricarica, perché attualmente, anche le vetture più performanti hanno un’autonomia ridotta al massimo a 500 chilometri se non si usa la vettura di notte, quindi si risparmia sull’utilizzo dei fanali; quando non piove e c’è bel tempo si risparmia l’energia occorrente per fare funzionare il riscaldamento, l’aria condizionata o i tergicristalli.

Auto elettrica significa anche la costruzione di batterie capaci di immagazzinare l’energia occorrente. Attualmente le batterie utilizzate dalle auto elettriche sono molto pesanti, molto care e imbottite di metalli rari. Nel modello più venduto sul mercato, ad esempio, la quantità di nichel impiegata è superiore ai 16 chilogrammi. Si da il caso però che il nichel sia un metallo molto raro sul pianeta e proprio il suo impiego potrebbe costituire una problema per la tanto agognata via verso la transizione energetica sostenibile. Reperibile in Nuova Caledonia o in Indonesia, questo metallo non si trova allo stato puro e la sua estrazione rappresenta un’operazione proibitiva visti i risultati molto scarsi rispetto ai mezzi impiegati e crea una massa colossale di residui che vengono riversati in mare.

Ma non c’è solo il nickel in gioco, c‘è pure il litio che equipaggia le batterie nell’ordine di 15 chilogrammi ciascuna. Il litio proviene dalle Ande e per la sua estrazione si lavora sui laghi salati disseccati provocando uno spostamento di acqua dolce verso le profondità, creando ancora gravi problemi di siccità a quelle popolazioni che ne sono già colpite endemicamente.

Poi c’è il cobalto, 10 chilogrammi per batteria di un prodotto che si va a cercare in Congo e che viene estratto da bambini che per 2 dollari al giorno scavano a mani nude. Ma il sacrificio di questi bambini resta un dettaglio di poco conto per i costruttori automobilistici che hanno come obiettivo raggiungere Cina ed Asia, ormai leader del settore.

Inoltre essendo le batterie molto pesanti è necessario alleggerire al massimo il veicolo costruendo carrozzerie in alluminio la cui estrazione origina i rifiuti del trattamento dell’alluminio con la soda e con numerosi metalli pesanti come l’arsenico, il ferro, il mercurio, il silicio ed il titano si riversano nel mare a dispetto delle tanto decantate questioni di tutela ambientale.

Ed allora, corriamo tutti ad acquistare la vettura elettrica questo miracolo ecologico, tanto più che lo Stato ci riserva gli incentivi statali per ottenere risparmi incredibili, alla faccia delle campagne per lo sviluppo sostenibile e per la salvaguardia di questo nostro povero pianeta.

Eugenio Preta