Avanza il vento di destra in Europa: bonaccia o tempesta?

Dopo Svezia e Danimarca e la parziale vittoria del partito dei contadini in Olanda, continua a soffiare un vento nuovo in Europa. Un soffio che viene definito di destra in opposizione a quello progressista vigente, ma che in verità non si può catalogare sul piano delle ideologie qualora ancora esistessero.

Si dovrebbe iscrivere piuttosto come un nuovo senso di consapevolezza cittadina che ha sperimentato sulla sua propria pelle il fallimento del mondialismo, dell’atlantismo guerriero, delle direttive di Bruxelles, delle ondate migratorie poi abbandonate sulle spiagge e nelle metropoli urbane e, ormai stanca di aver concesso carta bianca alle élite del politicamente corretto, sta riflettendo sui modelli sociali oggi imposti e cerca di trovare le alternative al fallimento odierno.

La luce dunque arriverebbe proprio dal nord se dopo l’elezione di un governo danese che, benché di sinistra, si è dichiarato apertamente anti immigrazionista, anche la Finlandia boccia inesorabilmente la coalizione progressista al potere.
Eppure il primo ministro finlandese uscente, Sanna Marin, battuta dalla coalizione nazionale di destra (48 deputati) e da quella di estrema destra (46 deputati ) aveva tutto per piacere alla gente. Quasi un modello costruito da un’intelligenza robotica affinata sul modello valoriale più alla moda dei tempi: bella, fotogenica, vegetariana, atlantista, figlia di una coppia di donne. Una sconfitta scottante, un vero peccato per il campo del bene.

Ma per Sanna Marin, niente è perduto. Sugli sconfitti progressisti si aprono sempre le porte delle nomine scappatoie. Lo abbiamo visto con i capi di governo battuti dalle elezioni ed abbattuti dagli scandali che si sono poi riciclati nel gran mondo delle istituzioni mondialiste ancora tenute, finché non si sarà riusciti ad attuare sul piano pratico dei direttori amministrativi, quella rivoluzione che comincia sempre con una vittoria elettorale ma che, in questo caso specifico la destra o presunta tale, non è mai riuscita a realizzare.
In Italia la cosa appare molto evidente nel mondo dei media e nel mondo della politica quando assistiamo alle giravolte dei bellimbusti che saltano sul carro vincente per salvarsi la cadrega: una pratica che automaticamente annulla quella voglia di cambiamento che, pur mutatis mutandis, non si può realizzare.

Sanna Marin aveva evidentemente, come si conviene a tutti i leader mondialisti, condannato l’invasione russa ed era stata particolarmente attiva nella richiesta finlandese di aderire alla NATO, adesione che potrebbe aprirle la possibilità di riciclarla come segretario generale vista la prossima scadenza di Stoltenberg , della serie cadono sempre in piedi, e che comunque avverrà tra non molto visto che la Turchia, ben foraggiata dagli USA, ha tolto il suo veto.
Apprezzata quindi dalle lite del mondo intero, non lo era a casa sua – nessun profeta in patria- soprattutto per le scelte di politica economica che già in campagna elettorale le avevano valso l’allontanamento dichiarato dei centristi dalla possibilità di partecipare ad una nuova coalizione governativa, in caso di vittoria progressista.

Dopo Svezia e Danimarca quindi è la volta della Finlandia a generare l’effetto domino già annunziato in Italia con la vittoria di Giorgia Meloni ed avviare la caduta degli altri governi mondialisti, progressisti ed europeisti.

La realtà a questo punto sembra prendere la sua rivincita su tutti i discorsi che, a dispetto dei roboanti slogan (ricordiamo Eu generation, ad esempio) sono riusciti soltanto a creare la confusione dei vaccini, l’arricchimento degli approfittatori, la rovina degli agricoltori, degli imprenditori, l’eccitazione ambientalista , l’inflazione, la criminalità, il traffico di droga, di esseri umani, il terrorismo.
La tragedia del 2020 – con le incapacità dimostrate dalla classe dirigente e con i tanti “problemi” causati alla gente comune – ha sicuramente costituito il giro di boa nella lunga navigazione delle opinioni pubbliche europee che ormai, stanche e deluse, stanno facendo cadere ad uno ad uno le maschere di quei governi che si dimostrano impegnati più nei grandi sistemi e nel compiacere le élite che a difendere gli interessi della gente comune.

Se oggi il vento soffia da destra, è vento di bonaccia, serve a portare in porto il battello non ad affrontare improbabili navigazioni in mare aperto: ci pensi Giorgia Meloni.

Eugenio Preta