L’incoronazione di re Carlo III

Con una decisione sorprendente in tutta la Storia del Regno Unito, oggi 6 maggio, all’incoronazione di Carlo III , anche  i rappresentanti dei culti non cristiani prenderanno parte attiva alla cerimonia .
Così , nell’intento di rompere chiaramente una vecchia tradizione consolidata, il nuovo re , indebolito  dalla crisi economica e fragilizzato da una popolarità soltanto “gossippara”  sceglie di moltiplicare i piccoli gesti per apparire  il più possibile moderno e decide di aprire la cerimonia anche ai rappresentanti dei culti presenti nella società britannica , il giudaismo,l’induismo, il sikhismo, l’Islam ed il buddismo.

Una vera e propria svolta , certo in senso ecumenico , incoraggiata dall‘arcuvescovo  di Canterbury, Justin Welby, prima figura della Chiesa anglicana dopo il monarca che sarà incaricato di incoronare re Carlo.

L’arcivescovo svolge da sempre un ruolo importante presso la famiglia reale e sembra che proprio le sue convinzioni, forse eccessivamente progressiste , gli abbiano suggerito di aprire la partecipazione alla cerimonia anche agli altri culti mettendo fine ad una tradizione millenaria che riconosceva il primato della chiesa anglicana.

Welby, conosciuto per le sue posizioni favorevoli alla benedizione delle coppie dello stesso sesso ed all’ordinazione di vescovi di genere femminile, si sarebbe giustificato dichiarando che l’incoronazione ,pur restando un servizio di culto cristiano  dovrà contenere nuovi elementi per riflettere  la diversità attuale della società contemporanea.

Certo diventerà paradossale sentire Carlo dichiarare, sempre nel segno della tradizione, di difendere la fede e proteggere la Chiesa d’Inghilterra di fronte ad invitati eufemisticamente “vicini nella fede “ che, secondo le novità introdotte da Welby dovranno ,alla fine della cerimonia,  riconoscersi nel servizio pubblico e nell’azione del re .

Una cerimonia ideata nel segno di un progressismo forse eccessivamente spinto e nel segno dell’ austerità che ha obbligato la Corona, confrontata ad un’inflazione superiore al 10%, a ridurne i costi per dimostrare che anche il re fa delle economie.

Così gli invitati di Carlo saranno quattro volte inferiori a quelli di sua madre Elisabetta nell’incoronazione del 1953 . Le donne poi  della famiglia reale non indosseranno diademi , come vorrebbe la tradizione , ma soltanto cappellini o acconciature floreali,  la presenza infine di guardie reali e di militari che in 29.000 avevano sfilato per la regina Elisabetta sarà ridotta soltanto a 4.000 militari per scortare Carlo e Camilla.

Certo piccoli gesti per ridurre i fasti di un tempo in un contesto sociale diventato difficile ,ma sicuramente gesti  insufficienti per calmare gli oppositori della monarchia –  il 23% dei britannici si dichiarano contro la monarchia  e soltanto il 56% favorevoli a Re Carlo contro l’80%  per la defunta regina Elisabetta-  che già parlano di offesa e di disprezzo del popolo britannico verso la Real Casa ed invitano gli inglesi , tramite  il movimento  “Repubblica” a manifestare nel giorno dell’incoronazione di Carlo III.

La monarchia britannica è stata sempre apprezzata per il suo ruolo di unità della nazione e di guardiana dei valori tradizionali. Se La sepoltura di Elisabetta si era trasformata nell’apoteosi della monarchia inglese, nell’immobilismo del vecchio continente e nelle uniformi, le parrucche le alabarde e le carrozze che avevano affascinato il mondo intero pur nell’atmosfera di un triste funerale , oggi nelle speranze disattese e nell’austerità apparente di un’incoronazione reale, la Corona britannica sembra voler abbandonare una parte importante e affascinante del suo retaggio per adeguarsi ad una normalità inusuale e a questo punto per lei stessa, banale , del vivere insieme.

Eugenio Preta