SOLO LA FANTASIA FERMENTA…

Bruxelles, 15 marzo 2000

Negli odori di incenso della Santa settimana che si
avvicina tra paglia di sepolcri e rami d’ulivo
benedetto, la senti cambiare la stagione, per le ombre della sera ed i contorni del tramonto più nitidi, nel riflesso di piogge ancora da venire ma che più non spaventano ne avviliscono.


La fantasia comincia allora il suo andare vagabondo, tra la realtà che non puoi negare e la memoria che sembra flettere sotto le pieghe del tempo, mentre continua a sprofondare immagini, luoghi, sensazioni e ombre.

Sperduti nel grande Nord della vita, sentiamo nei
giorni che si allungano, all’annunziare del cambio di
stagione, l’antico fremito che trafigge le membra e ci meravigliano ancora i luoghi consueti della memoria, come fatamorgana di fine estate, ad un passo dai nostri occhi, svela il suo mistero a la magia di uno strettto di mare.

Vissuto sulla pelle l’inverno, sempre più duro per il
suo carico di piogge e di paure, abbiamo alzato il
bavero, avvezzi all’andare consueto.

Coperto il capo, abbiamo attraversato le piogge come un addio dovuto alla distanza e alla volontà, alle ragioni della mente e a quelle del cuore e cerchiamo adesso, nei cambi di stagione, le ragioni del ritorno.

Non ci spaventa il lungo cammino, né ci arrendiamo al tempo e ai suoi segnali, ma ritorniamo a voler
riscoprire dietro quelIa curva, dall’alto di un
viadotto tante volte troppo lungo da attraversare, se gioca la memoria, quel braccio di mare che ci si offre contro e brilla per le ragioni del cuore, ma anche della mente.

Capo Peloro si sporge allora dall’acqua, quasi ad
accoglierti ed invitarti ad accellerare il passo, e il
suo faro, metafora della nostra vita, che tante volte abbiamo illuminato nel buio di notti senza stelle e cariche di paure, e spento, nelle delusioni e nei rifiuti, è là, pronto ad ammaliarti e a dedicarti i
riti del ritorno.

Allora, mentre il passo si fa più svelto e la fatica
più lieve, arrivano le ombre e si agitano appena
avvertono il tuo ritornare. Le rivedi, se vuoi, ma
appena cerchi di spostarle, resta fitto il dialogo con
le cose che incontri: squarci di memoria che nessuno potrà mai cancellare.

Di notte poi quei silenzi che cerchi, ti verranno a
cercare arrivando dai posti più lontani, dal mare che ritrovi, dalle carezze di madre, dall’abbraccio di
fratelli. Vengono da riscoperte timidezze che
spengono, per un poco, la spavalderia del ritorno, il
finto distacco di chi vive lontano.

E l’Isola si offre al disincanto, sfregiata nelle
strade e negli alberi divelti per far posto ad inutili
costruzioni d’uomo, nell’andare ottuso di chi non si
cura di lei e dei suoi figli, di chi non sa disegnare
un futuro, ma vive alla giornata, nonostante il
tesoro, nascosto ma cosí facile da trovare, nel
viaggio che abbiamo intrapreso, consci del passaggio, sconvolti dal ritorno che comincerà troppo presto. Senza conforto finirà anche questa parentesi del cuore, perché siamo rimasti fuori troppo tempo ormai.

Anche se i nostri sogni sono diventati più veri, le
nostre paure ci hanno spinto piano piano verso casa e la libertà, beh, quella è rimasta soltanto nelle chiacchiere di qualcuno…

Eugenio Preta