La questione della proprietà della moneta al momento della sua emissione

La Banca Centrale emette denaro per un valore, supponiamo, di mille
miliardi di Euro. Quel valore, quei mille miliardi, di chi sono?
A chi
appartiene la moneta, il valore del denaro, nel momento in cui viene emessa
dalla Banca Centrale?
Alla Banca Centrale stessa, che quindi ha diritto di
farsela pagare dallo Stato? O allo Stato, al popolo, che quindi non dovrebbe
pagare né il denaro né gli interessi alla Banca Centrale quando ha bisogno di
denaro?

Si tratta di una questione fondamentale, perché dalla risposta
che essa riceve, dipende essenzialmente l’indebitamento dello Stato.
Il
fatto che l’esercizio del potere monetario attraverso la Banca Centrale è uno
strumento di potere dei banchieri sullo Stato, trova conferma in come le
istituzioni statali sono impegnate a equivocare e a mentire in tutte le sedi,
anche parlamentari, per coprire il fatto che la Banca d’Italia cede a caro
prezzo denaro che a essa niente costa e a cui non è essa a dare il valore, ossia
il potere di acquisto.

Il potere di acquisto, come abbiamo visto, glielo
conferisce il mercato, la gente, attraverso la domanda di denaro. La Banca
Centrale non ha “prodotto” il valore del denaro, eppure si comporta come se
fosse proprietaria del medesimo denaro, in quanto lo cede allo Stato (e alle
banche commerciali) in cambio di titoli di Stato e controinteressate.


Questo fatto è paradossale.
È come se il tipografo, incaricato dagli
amministratori della società calcistica organizzatrice di una partita di
stampare 30.000 biglietti di ingresso per le partite del campionato, col prezzo
di € 20 stampato su ogni biglietto, chiedesse come compenso per il suo lavoro di
stampa € 600.000, in base al fatto che i biglietti che ha prodotto “valgono” €
20 cadauno. È vero che essi “valgono” € 20 caduno, ma che essi abbiano un valore
non dipende dal tipografo, bensì dall’associazione sportiva che ha formato la
squadra, procurato il campo da gioco e organizzato la partita, sostenendo i
relativi costi e producendo la domanda di quei biglietti, senza la quali questi
niente varrebbero.
Gli amministratori della società sportiva lo sanno bene,
ma il tipografo in parte li ricatta e in parte li lusinga perché promette loro
che, se gli pagheranno l’ingiusto compenso richiesto, egli darà loro un lauto
regalo e i fondi per farsi rieleggere alle prossime elezioni del consiglio di
amministrazione. Altrimenti, finanzierà altri candidati e una campagna di stampa
contro i consiglieri onesti.

Il potere bancario si comporta come quel
tipografo, e i governanti si comportano come i consiglieri ricattati e lusingati
dell’associazione sportiva, riconoscendo alla Banca Centrale la proprietà o
titolarità del valore del denaro che emette, stampato o scritturale che sia, e
in cambio di esso indebitano ingiustamente e illogicamente proprio il popolo,
che è il soggetto che, col suo lavoro e con la sua domanda, ossia col mercato,
conferisce valore al denaro. Per questa ragione, oltre che in base al principio
costituzionale della sovranità popolare, al momento in cui viene emesso, il
denaro, il suo valore, dovrebbe logicamente essere ed essere trattato come
proprietà del popolo e, per esso, dello Stato. Assolutamente lo Stato non
dovrebbe indebitare se stesso e il popolo verso una Banca Centrale, pubblica o
privata che sia, per ottenere denaro.

Al contrario, ciò è proprio quanto
succede incessantemente. Ma vi è di peggio: la Banca Centrale , cioè i suoi
azionisti, oltre ad appropriarsi, a danno dello Stato, del valore del denaro che
essa emette, nei suoi propri conti segna questo valore non all’attivo ma al
passivo, simulando un debito ed evitando, così, di pagare le tasse su quello che
è un puro incremento di capitale e che, come tale, dovrebbe essere interamente
tassato.
L’ovvio ragionamento che abbiamo testé svolto è stato già
sottoposto al Parlamento, attraverso interrogazioni parlamentari, nel 1994 e nel
1995.
Entrambe le risposte elusero il problema, affermando che la Banca
Centrale (allora, cioè, la Banca d’Italia) non sarebbe proprietaria dei valori
monetari, ossia del valore del denaro emesso, perché il denaro emesso
costituirebbe sempre un passivo, un debito; e che, perciò, giustamente la Banca
d’Italia lo iscriveva come posta passiva nel proprio bilancio.

Come i
membri competenti dei due governi interessati non potevano ignorare, queste
risposte sono del tutto contrarie alla verità. Innanzitutto, la risposta fornita
è contraddetta dal comportamento dei governi medesimi – di tutti i governi.
Infatti, se i governi fossero coerenti con l’affermazione che il denaro, il
valore monetario, non appartiene alla Banca emittente, perché lo Stato continua
a dare qualcosa (i titoli del debito pubblico) in cambio di Lire o Euro? E se il
denaro emesso costituisse una passività, un debito, perché mai lo Stato dovrebbe
comperarlo pagandolo con titoli del debito pubblico, che costituiscono un
credito per chi li riceve? Si è mai visto che qualcuno paghi un altro per farsi
cedere un debito?
Ma le risposte del governo sono anche false
giuridicamente, perché il denaro non è affatto un debito per la Banca che lo
emette. Se fosse un debito, dovrebbe poter essere incassato dal portatore presso
la Banca medesima, mediante conversione in oro, e il portatore della banconota
aveva il diritto di farsela cambiare in oro dalla Banca Centrale che l’aveva
emessa, come avveniva una volta, fino al 1929 circa, quando il denaro era
convertibile in oro. Anche in tempi successivi al 1929, molte banconote
portavano la scritta “Pagabile a vista al portatore”.

Ma pagabile in che
cosa, dato che esse non erano convertibili in oro? In realtà, quei biglietti non
erano pagabili in alcun modo e quella scritta era una menzogna per ingannare il
pubblico e fargli credere che i biglietti di banca fossero convertibili in
qualcosa avente valore proprio o che la banca si fosse indebitata per emetterli,
il che è falso (mentre era vero in un ormai lontano passato).
Del resto, è
naturale che nessun governo potrebbe permettersi di dare risposte veridiche a
simili questioni, perché ammetterebbe che la sua vera funzione è defraudare i
cittadini e gli elettori per arricchire un’élite finanziaria che detiene il vero
potere.
Ma quanto sopra costituisce solo la punta dell’iceberg. Perché il
grosso, circa l’85%, del denaro esistente e circolante al mondo, non è denaro
vero, emesso da Banche Centrali, ma denaro creditizio, ossia aperture di credito
e disponibilità di spesa create dal nulla dalle banche commerciali, le quali,
attraverso questa creazione continua di nuovo denaro creditizio, si impossessano
di quote crescenti del potere d’acquisto complessivo della popolazione mondiale.
Di ciò si parlerà più diffusamente in seguito in tema di signoraggio secondario
o creditizio.

Caro Cittadino europeo, sapevi che…?

– Il debito
pubblico è fasullo e le tasse che paghi a causa di esso sono illegali e
incostituzionali.
– Banca d’Italia S. p. A, autorizzata a creare in modo
autonomo denaro dal nulla senza garanzie auree o di altro tipo, è dal 1948 di
proprietà privata.
– I suoi azionisti (detti ‘partecipanti’) sono le altre
banche e assicurazioni private. Il debito pubblico dello Stato, quindi dei
cittadini, nasce nei loro confronti.
– La Banca d’Italia (analogamente alla
Banca Centrale Europea) usa un artificio contabile più o meno espressamente
legalizzato per camuffare i propri utili, non pagare le tasse su essi dovuti e
per non darli allo Stato, come dovrebbe per statuto.
– La Banca d’Italia
dovrebbe, per statuto, vigilare sulla correttezza delle altre banche; ma essa
stessa è di proprietà di banche private, le quali nominano il suo governatore e
i suoi direttori; quindi questi dovrebbero sorvegliare chi li nomina – cosa del
tutto improbabile.
– Le tasse vanno in gran parte a pagare il debito
pubblico e gli interessi su di esso, quindi finiscono in tasca ai proprietari
privati della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea, e non per spese di
interesse collettivo.
– Per arricchirli, il debito pubblico viene
continuamente fatto crescere – e ciò non solo in Italia e non solo di recente.

– L’organizzazione a monte di questo sistema di potere bancario è
internazionale: in quasi tutti gli altri Paesi, infatti, la situazione è simile
a quella italiana.
– Tale sistema, di cui i mass media si guardano bene dal
parlare (come pure i sindacalisti, i parlamentari, i ministri, i presidenti) ha
prodotto nel tempo, e ancor oggi sempre più produce, un enorme e sistematico
trasferimento di beni e di ricchezze dalle tasche dei cittadini a quelle dei
banchieri, ma anche un trasferimento del potere politico dalle istituzioni
democratiche alle mani dei banchieri sovranazionali.
– Il vero potere
politico ed economico, a livello mondiale e nazionale, sta in questi meccanismi,
ignoti a tutti o quasi; essendo sconosciuti, essi sono ancor più efficaci..

– Il Trattato di Maastricht, l’Euro, la Banca Centrale Europea, sono
strumenti di completamento di questo trasferimento.
– La corrente mancanza
di denaro, la crisi economica, i fallimenti e le privatizzazioni sono
p.i.l.otati da loro attraverso governi a sovranità limitata, e vanno a loro
vantaggio.
– La soluzione efficace è ben nota ed è stata ripetutamente
proposta: restituire al popolo, quindi allo Stato, la funzione sovrana
dell’emissione del denaro, in modo che non si debba più indebitare.
– Il
risultato sarebbe: tasse quasi eliminate, denaro a costo zero per lo stato e la
Pubblica Amministrazione , economia fiorente; potere politico democratico
anziché in mano alle banche.
– Ovviamente, gli unici danneggiati da questa
riforma sarebbero i banchieri.
– E’ anche stata proposta una soluzione
parziale: la moneta complementare, sull’esempio di migliaia di realtà nel mondo.

– Sono state proposte e talora attuate, nella storia, anche soluzioni
globali, e hanno funzionato: l’emissione di denaro da parte dello Stato,
direttamente e sovranamente, senza l’inutile intermediario di una banca centrale
di emissione.
– Se quanto sopra ti lascia un poco perplesso, continua a
leggere, e tutto ti apparirà chiaro…

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Tratto dal
libro “Euroschiavi e i segreti del signoraggio”
di Marco Della Luna e
Antonio Miclavez