Misticismo e villaggio globale

Quale sarebbe quel valore mistico che nessuno può permettersi di contestare per evitare la crocifissione sociale e civile?

Il villaggio globale: la quintessenza del movimento mondialista nel quale gli Stati nazione sono rimasti solo una nozione senza anima e corpo, che deve essere sostituita da un mondo nuovo, un mondo dove culture, etnie, nazionalità si equivalgono. Ognuno di noi può ritenere il villaggio globale come l’ultima speranza della società contemporanea, ma è anche vero che ognuno di noi ha il diritto di rimettere in discussione questo programma senza ritenerlo inevitabile e necessariamente gradito da tutti.

Le nostre classi dirigenti avvertono che per arrivare al villaggio globale bisogna accettare gli sconvolgimenti del nostro vivere civile, le crisi economiche, i flussi migratori incontrollati e, perché no, anche un pò di terrorismo. Ma una riflessione ci induce a valutare se è più importante il futuro dei nostri figli e nipoti oppure la speranza ipotetica di un villaggio globale dove ognuno sarà felice nel rispetto e nella condivisione di idee comuni.

Se siamo disposti, nell’ottica di questo villaggio globale ideale, anche di accettare che i nostri figli siano destinati a patire, siamo egualmente pronti a sacrificarli sull’altare di quel multiculturalismo che diviene di fatto, la dottrina finale?

Con un paragone biblico, sembra una vocazione simile a quella delle società idolatre che costruivano imponenti templi dove sacrificare vittime innocenti; un misticismo che costruiva gli olocausti in onore dei falsi dei, o di Baal, come rimproverava Geremia agli israeliti nei libri dei profeti. Questo stesso misticismo sembra prendere forma negli adoratori contemporanei del multiculturalismo: chiunque lo dovesse accettare entrerebbe a far parte del campo dei Buoni e diventerebbe moralmente puro e superiore rispetto a chi dovesse avere l’ardire di dissentire.

I sostenitori del multiculturalismo, ritengono di potersi permettere di dare patenti di morale giudicando gli altri dall’alto della loro superiorità mistica: anche i loro comportamenti scorretti vengono ritenuti giusti e santificati proprio dal fatto di appartenere alla setta dei Buoni, che promette a tutti quel villaggio globale, una magnifica speranza, un ideale eldorado dove un popolo unico parlerà lo stesso linguaggio, come il significato allegorico del libro della Genesi quando parla della torre di Babele.

Un’allegoria strettamente profetica e che suona come un grido d’allarme contro il sogno delle élites mondiali che continuano a predicare utopie impossibili, che ripetono che niente ormai è impossibile e nulla può essere irrealizzabile. Dimenticano però un dettaglio, e non dei minori : che tutto ciò avverrebbe a spese nostre, la gente comune.

Eugenio Preta