I siciliani della diaspora VS Parmalat

L’Altra Sicilia apprende con soddisfazione la notizia (leggi gli articoli su corriere.it e su bloomberg.com) secondo cui Luis Kaplan, giudice distrettuale di New York, avrebbe dichiarato ammissibili le richieste di risarcimento contro la Parmalat da parte dei risparmiatori americani che persero i loro risparmi grazie alle truffe perpetrate dai vertici dell’azienda.

Il fatto che sino ad ora l’azienda non abbia scucito un soldo per rimborsare le migliaia di piccoli risparmiatori gabbati in tutto il mondo rappresenta uno scandalo tipicamente italiano che vogliamo stigmatizzare con forza. A questo proposito c’è da rilevare il commento rilasciato dalla società a riguardo della decisione del giudice: “non e consistente con un verdetto della corte italiana”, che la dice lunga su quanto affidabile sia la giustizia italiana di questi tempi.

Grazie a questa decisione i siciliani della diaspora ed i loro discendenti, che erano stati per l’ennesima volta gabbati da uno stato che li ha sempre sfruttati (in passato lucrando persino sulle loro povere rimesse) avranno una speranza di vedersi ritornato il maltolto.

Non sarà lo stesso invece per i siciliani che ancora si trovano in Sicilia, costretti a sottostare alle ingiustizie del regime attuale. In particolare non riusciamo a capire come mai ogni volta che ci sia un’azienda siciliana in difficoltà questa debba essere venduta, smantellata, ed il suo marchio distrutto mentre quando si tratta di una azienda settentrionale (colpevole di uno dei più grossi scandali finanziari della storia, non solo quella italiana) lo stato debbe intervenire con soldi pubblici (anche siciliani, dunque) a risanarla.

Stranamente i fatti della Parmalat con le sue ramificazioni nord americane ci riportano alla mente una vicenda per certi versi simile che vide coinvolto un nostro conterraneo, Michele Sindona. Qui non si vuole assolutamente riabilitare una figura controversa come quella del finanziere di Patti, ma si vorrebbe capire come mai costui (forse anche giustamente) finì i suoi giorni in galera, dove morì avvelenato, mentre il signor Tanzi continua a spassarsela praticamente indisturbato nella sua reggia, dove presto tornerà tranquillamente a vivere?

Allora, vorremmo che tutti i siciliani per un attimo pensassero a tutte quelle aziende ed a quelle banche che avevano la sede sotto casa nostra e che in un certo senso ci ispiravano fiducia e che ora sono scomparse sensa motivo, mentre l’azienda resasi colpevole di una delle più grosse truffe della storia, in seguito alla quale anche noi abbiamo subito un pesante danno d’immagine, continua la sua attività indisturbata con arroganza e grazie ai soldi truffati ai siciliani (e non solo ai siciliani) di tutto il mondo.

Antonio Santagati
L’Altra Sicilia, Dubai


New York – Pesante il titolo Parmalat a Piazza
Affari, dopo le indiscrezioni secondo le quali un giudice di New York avrebbe
deciso per la class action sul gruppo di Collecchio. In questo
modo, i creditori della “vecchia” Parmalat potranno rivalersi sulla società
italiana, attualmente guidata da Enrico Bondi.

Il giudice distrettuale di
New York, Lewis Kaplan si è pronunciato oggi in merito al caso
del crac Parmalat, ritenendo ammissibili le richieste degli investitori. Il
titolo, a seguito della notizia battuta da Bloomberg, scivola sul listino,
perdendo oltre il 9%, ragione per la quale sono state sospese le contrattazioni.

La decisione di Kaplan prepara la strada per un risarcimento
sostanziale contro la nuova Parmalat
“, ha commentato Stuart
Grant
, uno dei legali dei creditori che ha proposto la class action
contro la società – in tale circostanza i creditori di Parmalat avrebbero perso
fino a 8 miliardi di dollari nel crac del gruppo di Collecchio, soprattutto a
causa del mancato rimborso delle obbigazioni Parmalat. La bancarotta del gruppo
alimentare, avvenuta nel 2003, nel suo complesso, è stata valutata attorno ai 14
miliardi di euro: il più pesante crac della storia europea. Nella causa,
pendente presso la Corte di Manhattan, i ricorrenti puntano il dito anche contro
Citigroup e Bank of America.

Nella controversia il management della nuova Parmalat guidata da Enrico Bondi aveva
cercato di prendere le distanze dalle azioni commesse dalla vecchia scoietà,
sostenendo che le richieste degli obbligazionisti non potevano pesare sulla
nuova. Non così per il giudice Lewis Kaplan che ha stabilito che sarà la nuova
Parmalat a ereditare le pendenze della vecchia società.

News ITALIA PRESS, 3 luglio 2007