Euro – Dollaro: la Bce gioca con il fuoco

La Banca centrale europea continua nella sua politica di
rigidità monetarista, tutta rivolta a puntellare il sistema del dollaro, in
ambasce per la grave crisi dei fondi immobiliari.
La spettrale superbanca
creata dal Trattato di Maastricht, rapinatrice delle sovranità nazionali perché
non soggetta ad alcun controllo politico dei governi europei, ma direttamente
influenzata dalla “golden share” anglo-americana presente nella Bri, la Banca
dei regolamenti internazionali, non soltanto non ha tagliato i tassi di
interesse primario (lasciando nell’Europa comunitaria un alto costo del denaro,
ma ha negato alle stesse banche europee, quantomeno, l’immissione di 140
miliardi di euro di nuova liquidità per “raffreddare” nell’Ue la crescente bolla
dei fondi e dei mutui immobiliari.

La Bce, giocando con il
fuoco, ha deliberato invece la misura tampone di immissione di poco più (75
miliardi) della metà del denaro liquido richiesto e ha lasciato ai
sub-governatori delle sue banche centrali nazionali – come la Banca d’Italia –
il compito di ripetere il ritornello della necessità, per i rispettivi Stati, di
“tagliare la spesa pubblica” (leggasi: procedere nello smantellamento
dell’assistenza e della previdenza sociale garantita, contenere stipendi e
salari, proseguire nello smantellamento delle residue partecipazioni pubbliche,
“liberalizzare” e cioè privatizzare i servizi, e così via), di “non ridurre le
tasse”, di proseguire nella campagna di elogio della funzione “stabilizzatrice”
dell’attuale moneta unica, l’euro (in realtà una moneta che, priva di ogni
paracadute di contenimento dei raid speculativi finanziari, ha finora prodotto
un accelerata riduzione del potere di acquisto dei redditi della stragrande
maggioranza dei cittadini dell’Ue).

Senza timore di smentire se stessa,
anzi utilizzando tale dato sconfortante per un indiretto allarme-inflazione, nel
bollettino di settembre, la stessa Bce ha però lanciato l’allarme per un
verificato aumento generalizzato del 20 per cento, nell’agosto, dei prezzi al
consumo di primaria necessità, gli alimentari.

Ecco così, in
contemporanea, giungere sul patrio suolo nazionale la reprimenda di Brescia del
governatore della Banca d’Italia Mario Draghi alla “politica” nazionale.
Accusata di fatto degli sconquassi monetari altrui. Invece, ad esempio, di
addebitare alla moneta unica la mancata tutela del potere d’acquisto dei
cittadini (un dato che anche i più strenui difensori dell’euro ritengono
assodato), il suo rapporto si è risolto in un panegirico dell’euro che avrebbe –
udite, udite! – “protetto la nostra economia” dalle speculazioni finanziarie, e
in una serie di “comandamenti” al governo perfettamente in riga con i desiderata
della Bce (e degli angloamericani): primo fra tutti, la riduzione del debito
pubblico attraverso una “disciplina di bilancio”, attraverso cioè nuovi tagli
della spesa sociale.
Il sub-governatore Draghi, nella sua “lezione” agli
universitari di Brescia, non ha certo smentito il suo ruolo di portavoce dei
Signori del denaro.

Chissà se troverà un giorno il tempo di spiegare,
sempre da lettore, magari in un Ateneo minore, senza clamore, chi concretamente
detiene il potere bancario nel mondo e comanda la Bce. Perché, ad esempio, il
dollaro stia vagando a ruota libera e al ribasso per drenare materie prime a
basso costo nei quattro angoli del mondo. Perché la Bce si presti a puntellare
una tale politica monetaria mantenendo alto il costo del denaro. Perché nessuno
pensi ad una politica monetaria di tutela dei cittadini (pensiamo ai mutui, ai
risparmi, ai redditi differiti).
Chissà poi, se quantomeno di sfuggita,
riuscirà mai a spiegare ad un qualsiasi uditorio come la Banca d’Italia sia di
proprietà non del popolo italiano, ma di una ristretta cerchia di operatori
finanziari privati, italiani e stranieri.
Ma questo è pretendere troppo, lo
comprendiamo. Non sono certo argomenti da pubblicizzare a vanvera. Una lezione
universitaria così non sarebbe gradita né agli gnomi di Basilea, né agli gnomi
di Francoforte, né alla City, né a Wall Street. E nemmeno agli azionisti privati
di Bankitalia.

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