OCCULTISMO DI STATO

La banca d’Italia non è d’Italia.
Se fosse d’Italia sarebbe dello Stato Italiano.

Se fosse dello Stato
sarebbe dei cittadini italiani.

Se fosse dei cittadini italiani sarebbe pubblica.

E invece non è pubblica, ma privata.

Vale a dire: “nonostante l’evidente interesse pubblico e nazionale” del suo ruolo di banca d’Italia l’interesse pubblico è gestito da una società privata… talmente è privata che i veri suoi proprietari risultano nascosti.


Infatti nel sito del Senato relativo alla banca d’Italia (http://www.senato.it/att/ddl/r4083p.htm) curiosamente, chissà perché, manca la parte più interessante, cioè la composizione societaria: quando infatti arrivi al titolo “QUOTE DI PARTECIPAZIONE AL CAPITALE” appare la scritta “Porzione di testo non disponibile” !
http://www.senato.it/leg/13/BGT/Testi/Ddlpres/00004397.htm

“Ma la BANCA d’ITALIA ha interessi pubblici ed è privata ? – commenta un cittadino – Come mai ? Evidentemente si vogliono nascondere i veri proprietari. che a quanto pare non sono gli italiani, cioè lo Stato Italiano… Se non è così, com’è ? Giornali e televisioni ogni tanto dicono che il popolo italiano ha un mostruoso debito pubblico, ma nessuno dice verso chi è debitore… Com’è questa storia ? E’ così difficile saperla ?

O forse la spiegazione è semplicissima: è soltanto una truffa, una grande truffa !!!”

Un po’ di storia allora:

Pare che il 1861 sia stato l’anno dell’unità d’Italia.

Una dozzina di anni prima – nel 1849 – si costituiva in Piemonte la banca Nazionale degli Stati Sardi, di proprietà privata. Il maggiore interessato, Cavour – che aveva interessi propri in quella banca (1) – impose al parlamento savoiardo di affidare a tale istituzione compiti di tesoreria dello Stato. Si ebbe così una banca privata che emetteva e gestiva denaro dello Stato !

A quei tempi l’emissione di carta moneta veniva fatta solo dal Piemonte.

Il Banco delle Due Sicilie emetteva invece monete d’oro e d’argento.

La carta moneta del Piemonte aveva anch’essa una riserva d’oro – circa 20 milioni – ma il rapporto era: tre lire di carta per una lira d’oro, dunque una “convertibilità in oro” fra virgolette.

Inoltre, per le continue guerre che i savoiardi facevano, anche quel simulacro di convertibilità crollò, tanto che la carta moneta piemontese – per l’emissione incontrollata che se ne fece – era diventata carta straccia già prima del 1861.

Ma torniamo ai fatti. Conquistata tutta la penisola, i piemontesi misero le mani nelle banche degli Stati appena conquistati.

E dopo qualche tempo fu la banca Nazionale degli Stati Sardi a divenire la banca d’Italia.

Con l’occupazione piemontese era stato immediatamente impedito al Banco delle Due Sicilie – diviso poi in Banco di Napoli e Banco di Sicilia – di raccogliere dal mercato le proprie monete d’oro per trasformarle in carta moneta secondo le leggi piemontesi, poiché in tal modo i Banchi avrebbero potuto emettere carta moneta per un valore di 1200 milioni e sarebbero potuti diventare padroni di tutto il mercato finanziario italiano.

Quell’oro pian piano passò nelle casse piemontesi, nonostante la nuova banca d’Italia non risultasse averne nella sua riserva, e nonostante appunto tutto quell’oro rastrellato al Sud. Come avevano fatto ? Avevano dato a tutto quell’oro una via “sociale”, naturalmente, quella del finanziamento per la costituzione di imprese al nord, operato da banche, costituitesi per l’occasione come socie – guarda un po’ – della banca d’Italia: Credito mobiliare di Torino, Banco sconto e sete di Torino, Cassa generale di Genova e Cassa di sconto di Torino.

Le ruberie operate, e l’emissione non controllata della carta moneta ebbero come conseguenza che ne fu decretato già dal 1° maggio 1866, il corso forzoso: la lira di carta non poteva più essere cambiata in oro.

Da qui incominciò a nascere il Debito Pubblico: lo Stato, per finanziarsi, iniziava a chiedere carta moneta a una banca privata.

Lo Stato quindi, a causa del genio di Cavour e soci, cedette da allora la sua sovranità in campo monetario, affidandola a dei privati, che non ne avevano – non ne hanno e mai dovrebbero averne alcun titolo o diritto – in quanto la sovranità per sua natura non è cedibile. Essa è del popolo e dello Stato che lo rappresenta.

Oltretutto da quando nel 1935 fu decretato definitivamente che la lira non era più ancorata all’oro, si ebbe che il valore della carta moneta derivò da allora semplicemente e unicamente dalla convenzione di chi la usa e di chi l’accetta come mezzo di pagamento.

La carta moneta, dunque, è carta straccia. Ne consegue che alla banca d’Italia – che è privata – e alla quale si dovrebbe pagare il debito pubblico, in realtà non si deve dare nulla.

Da tutta questa storia si può facilmente capire in mano a chi siamo e che, dato che la banca d’Italia ha un immenso potere finanziario e politico, qualsiasi governo in Italia conta come il due di coppe.

Ufficio stampa, L’Altra Sicilia

p.s. qui si può leggere la lista di distribuzione, una nota che ci porta a conoscenza degli effettivi proprietari della banca d’italia:

Società partecipanti al capitale di Banca d’Italia S.p.A.