Il caso del GIP Clementina Forleo

Destra e sinistra si accapigliano su tutto, anche sulle cose su cui sono d’accordo, perchè son provvedimenti che, alternativamente, han preso sia l’una che l’altra, e non si capisce perchè. O meglio, lo si capisce benissimo: gli uni vogliono mantenere a tutti i costi il potere, gli altri a tutti i costi toglierglielo.

E mentre si azzuffano, non si accorgono, che l’Italia si sta sfasciando.

In 35 anni di lavoro giornalistico – un arco che comprende le bombe di Piazza Fontana, il terrorismo rosso e nero, l’assassinio di Pecorelli, la misteriosa morte di Calvi, Ustica e tanti altri misteri italiani – non ho mai visto un caso così inquietante come quello di Clementina Forleo.
Il Gip di Milano ha scritto al prefetto una lettera in cui, spiegando perchè rifiuta la scorta dei carabinieri, afferma testualmente: «La scorta non mi serve perchè ho ragione di ritenere che le minacce non vengono dalla piazza, ma da ambienti istituzionali… non posso certo accettare protezione dall’Arma dei carabinieri, la stessa istituzione dai cui vertici partono continuamente denigrazioni e attacchi nei miei confronti… Quando ero giudice delle scalate Antonveneta e Unipol da uomini delle istituzioni e di legge mi sono giunte pressioni perchè prendessi certe decisioni e non certe altre».

I nomi dei responsabili di queste pressioni e delle larvate minacce il Gip Forleo non li fa nella lettera al prefetto, spedita in copia conforme anche al Procuratore generale di Milano Mario Blandini. Non li ha detti neppure ai carabinieri, ma ha fatto sapere: «Per ora ho affidato al mio caro amico Ferdinando Imposimato alcuni appunti scritti e altre confidenze. L’ho fatto a futura memoria, perchè non si sa mai…metti una scivolata…» È evidente che la Forleo teme di essere uccisa e mette le mani avanti, sia per scoraggiare eventuali assassini, sia per smascherarli una volta che lei non potesse più farlo.

Sembra di assistere a una delle più torbide edizioni della “Piovra”, ma ambientata a Milano e non nella Sicilia in mano alla mafia. Ora le cose sono due. O la Forleo , un magistrato considerato fino a ieri estremamente rigoroso, forse anche troppo rigoroso, ha avuto un crollo nervoso, oppure, in caso contrario, le sue denunce sono di una gravità inaudita che non mi pare sia stata colta nè dai giornali, nè dall’opinione pubblica, nè, tampoco e non innocentemente, dai rappresentanti delle Istituzioni. Un magistrato, che fa parte delle Istituzioni, che ne è anzi il garante, non si fida delle Istituzioni, anzi le teme, considera lo Stato, di cui è al servizio, il vero nemico e si chiama fuori, varca la linea e si mette dalla parte dell’Antistato. O la Forleo è la protagonista di un golpe o il golpe, sotterraneo, è già avvenuto, da tempo, e lei ne è solo una delle vittime.

Alla fine di luglio i Pubblici ministeri di Matera, indagati a loro volta dal Pm di Catanzaro De Magistris nell’ambito dell’inchiesta “Why not?”, ordinarono una perquisizione alla Caserma dei carabinieri di Policoro. Ma il comandante della Caserma, Pasquale Antonio Zaccheo, un collaboratore di De Magistris in quell’inchiesta, rifiutò la perquisizione minacciando di sparare sui poliziotti che avevano l’ordine di eseguirla. Possibile un simile episodio di insubordinazione? Possibile. È accaduto. Anche se poi, dopo lunghe trattative e quattro ore di attesa, la perquisizione è stata fatta, quando era ormai inutile perchè c’era stato tutto il tempo di far sparire le eventuali prove che la polizia cercava.
E si capisce allora perchè i cittadini di Cortina abbiano chiesto, a grandissima maggioranza, l’annessione al Sudtirolo. Un passo verso l’Austria, un Paese non ancora ridotto a una sinistra Repubblica delle banane.

Massimo Fini
Fonte: www.massimofini.it/
Uscito su “Il gazzettino” il 02/11/2007