20 ragioni per dire ”no” al Trattato di Lisbona

Nonostante la palese difficoltà, per il normale cittadino, di comprendere le effettive conseguenze che comporterebbe l’implementazione del trattato di Lisbona, è ormai chiaro che il rifiuto dell’Irlanda ha fatto da catalizzatore ad un malcontento inespresso, che ha trovato voce di recente anche nei presidenti di Cecoslovacchia e Polonia.

Quella che segue è la traduzione di un articolo irlandese – pubblicato prima del rifiuto referendario – che cercava di illustrare ai cittadini tali potenziali conseguenze negative. Fatto salvo per un paio di argomentazioni che riguardano l’Irlanda (la sua neutralità militare, soprattutto), il resto delle obiezioni ha lo stesso identico valore anche per noi.

20 ragioni per dire “no” al Trattato di Lisbona

1. Il Trattato di Lisbona, concordato dai leader europei nel novembre 2007, è praticamente identico alla Costituzione europea su cui si erano accordati i leader nel 2004. La Costituzione era stata respinta democraticamente dagli elettorati di Francia e Olanda, con dei referendum nell’estate del 2005.

Questi contestarono il contenuto antidemocratico e “destrorso” della Costituzione. Il fatto che i leader europei abbiano riproposto lo stesso testo in un formato differente è antidemocratico, ed è un insulto alla scelta espressa democraticamente dai popoli di Francia e Olanda.

2. L’articolo 46 del trattato di Lisbona stabilisce che “l’Unione avrà una identità legale“. Questo è un cambiamento profondo dei principi legali dell’Unione Europea, …
… perché la trasforma da una forma di cooperazione fra stati-nazione democraticamente eletti, ad una entità legale con dei propri diritti.

Una “identità legale“ permetterebbe all’Unione Europea di operare in ambito internazionale come uno stato, cosa che attualmente non ha il potere di fare. Potrebbe avere un proprio corpo diplomatico, negoziare e firmare accordi internazionali, incorporare accordi internazionali esistenti come legge, e richiedere un seggio alle Nazioni Unite.

3. Secondo l’articolo 9 del trattato di Lisbona il Consiglio Europeo cambia da una entità intergovernativa ad una istituzione dell’Unione Europea. Invece di agire negli interessi degli stati-nazione che lo eleggono, questo cambiamento significherebbe che il Consiglio potrebbe “promuovere i propri valori [quelli dell’Unione], portare avanti i propri obiettivi e i propri interessi”. Questi valori, obiettivi e interessi non vengano determinati da alcuna elezione, ma delle attuali e future leggi europee.

4. L’articolo 9 del trattato di Lisbona toglie agli stati membri il diritto automatico ad un Commissario Europeo, e riafferma l’indipendenza della Commissione: “La Commissione non riceverà ne richiederà istruzioni da altri governi o altre istituzioni, entità governative o uffici governativi”.

Poiché la Commissione è responsabile per la stesura delle leggi europee, e possiede il cosiddetto “potere di iniziativa“, questa “indipendenza“ significa semplicemente che non dovrà più rispondere ad alcun corpo di rappresentanti eletti, sia a livello nazionale che a livello europeo.

5. L’articolo 48 del Trattato di Lisbona conferisce all’Unione Europea il potere di modificare i propri trattati, senza ricorrere ad una conferenza intergovernativa, a un nuovo trattato o a una procedura di ratifica nazionale. Fino ad oggi le modifiche ai trattati europei richiedevano questi tre passaggi, assicurando che i governi nazionali – e, nel caso dell’Irlanda, la sua popolazione – venissero coinvolti nel processo decisionale.

L’articolo 48 annulla questo processo, e permette al Consiglio Europeo di apportare modifiche all’unanimità, senza alcun processo di ratifica nazionale. Questo significa che nel futuro si potranno fare importanti cambiamenti alla struttura, alle procedure o alle competenze dell’Unione Europea senza più ricorrere a un referendum.

6. Il Trattato di Lisbona contiene altri 8 articoli che conferiscono al Consiglio Europeo poteri specifici in determinate aree di azione, compreso lo spostamento della comune politica estera e di sicurezza dall’unanimità ad un voto di “maggioranza qualificata“, l’armonizzazione del codice penale, e l’estensione dei poteri ad un Pubblico Ministero europeo.

7. In totale il Trattato di Lisbona trasferisce 105 nuove competenze dal livello nazionale a quello europeo. Queste competenze coprono una ampia gamma di interessi incluso le politiche estere, di sicurezza, della difesa, del commercio, della giustizia ed economiche. Nessuna motivazione è stata offerta per lo spostamento dal livello nazionale a quello comunitario di queste aree di competenza. E’ il più importante trasferimento di poteri che sia mai avvenuto nella storia dell’Unione Europea.

8. Vi sono altre 68 aree di interesse, attualmente di competenza dell’unione europea, che passeranno da una approvazione all’unanimità ad un voto di “maggioranza qualificata” del Consiglio Europeo. Questo aumenterà il maggioritarismo del Consiglio, e ridurrà i processi decisionali consensuali.

9. Il trattato di Lisbona cambia il modo in cui vengono prese le decisioni al Consiglio Europeo. La già complessa procedura di voto per “maggioranza qualificata” verrà cambiata, con il risultato che il peso del voto dell’Irlanda verrà ridotto di oltre il 50%.

Allo stesso tempo verrà abbassata in maniera significativa la soglia che determina la maggioranza qualificata. Unitamente, questi cambiamenti ridurranno il potere degli stati più piccoli e sostituiranno progressivamente le procedure di decisione consensuale con il Consiglio maggioritario.

10. Oltre a questi significativi cambiamenti procedurali, il nuovo Trattato contiene anche degli importanti cambiamenti operativi espressi in maniera deliberatamente opaca (una lista di complicati emendamenti ai due trattati esistenti), e questo significa che vi saranno una trasparenza e un dibattito insufficienti sulle implicazioni di questi cambiamenti.

Chiarezza e trasparenza sono essenziali affinché la gente possa comprendere appieno il Trattato. Senza questa comprensione, come può la gente prendere delle decisioni responsabili su cambiamenti così profondi che riguardano il modo in cui la nostra vita viene regolamentata?

11. Il Trattato di Lisbona rafforza la direzione “destrorsa“ della politica economica, a discapito dei servizi pubblici e dei diritti dei lavoratori.

L’Unione Europea e il Trattato di Lisbona non parlano dei pubblici servizi. Anzi, li dividono in due categorie: 1) servizi di interesse economico generale, 2) servizi di interesse generale. Mentre non vi è una definizione dei servizi di interesse generale, la casistica legale europea definisce “attività economica” come l’offerta di un qualunque bene o servizio sul mercato. Con questa definizione, qualunque attuale servizio pubblico potrebbe ricadere sotto la categoria di “servizi di interesse economico generale”, invece che di “servizi di interesse generale”. L’articolo 16 del trattato di Lisbona pone nuove “condizioni economiche e finanziarie“ sui servizi di interesse economico generale (che sono specificate negli articoli 86 e 87 del trattato esistente). Queste condizioni implicano che i servizi – compresi quello sanitario, ad esempio, oppure i servizi educativi – siano soggetti alla libera concorrenza [“competition”].

Il protocollo 6 del trattato di Lisbona impone all’Unione Europea di assicurarsi che “la concorrenza non avvenga in modo distorto“. Questo conferisce all’Unione Europea il potere di rimuovere “distorsioni“ dall’esercizio dei servizi. Queste “distorsioni“ potrebbero includere i contributi statali, i finanziamenti pubblici, i mercati protetti, la salute, i diritti ambientali, quelli dei lavoratori, o i “monopoli“ statali. Presa nel suo insieme questa complessa procedura permette lo smantellamento integrale dei sussidi statali e del modello sociale europeo, promuovendo al suo posto la deregulation e la privatizzazione.

I socialdemocratici che difendono il trattato di Lisbona indicano il protocollo 9, e sostengono che questo escluda i pubblici servizi dalle regole di cui sopra. In ogni caso, non essendovi una precisa definizione dei “servizi di interesse generale”, in questo protocollo né altrove, le loro affermazioni non hanno alcun valore.

12. L’articolo 2/2 introduce per la prima volta la “stabilità dei prezzi“ come obiettivo dell’Unione Europea. Mentre nessuno ha da obiettare contro le misure che contengano l’inflazione, se questa inclusione della stabilità dei prezzi verrà usata come strumento per limitare la spesa pubblica degli stati membri, o per limitare il deficit nazionale, questo potrebbe chiaramente avere delle ripercussioni economiche negative.

Parimenti, se la stabilità dei prezzi si trovasse in conflitto con altri obiettivi – come il pieno impiego o il progresso sociale – toccherebbe alla Corte Europea di Giustizia decidere a quale obiettivo dare la precedenza, piuttosto che non ai governi degli stati membri democraticamente eletti. Per quanto ancora poco chiara, l’inclusione nella stabilità dei prezzi potrebbe finire per imporre agli stati membri una riduzione della pubblica spesa, danneggiando ulteriormente l’offerta del pubblico servizio e gli strumenti politici intesi a combattere la povertà e la diseguaglianza.

13. Gli articoli da 10 a 28 del Trattato di Lisbona incrementano il controllo europeo sulle politiche estere, di sicurezza e di difesa, aumentando la militarizzazione dell’Unione Europea, ed erodendo ulteriormente la neutralità dell’Irlanda.

L’articolo 11 dichiara che “la competenza dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune comprirà tutte le aree che riguardano la politica estera e le questioni sulla sicurezza dell’Unione“. L’articolo 27 dice che “la progressiva impostazione di una comune politica di difesa porterà ad un sistema di difesa comune” (articolo 28 b). Mentre le decisioni che riguardano la politica estera, di sicurezza e di difesa verranno prese all’unanimità, l’articolo 17 permette al Consiglio Europeo di agire come “maggioranza qualificata“ per votare sulla politica estera e di sicurezza. Come è accaduto per il mercato interno, questo è l’inizio del trasferimento del controllo delle politiche di sicurezza, estere e di difesa all’Unione Europea.

14. L’articolo 28c dice che “gli stati membri si impegneranno per migliorare le loro capacità militari“. Unitamente al “fondo di investimento iniziale“ e alle “procedure specifiche per garantire un rapido accesso ai finanziamenti urgenti nell’ambito delle iniziative della politica estera e di sicurezza comuni“ (specificate nell’articolo 28), gli stati membri saranno obbligati ad aumentare il loro contributo finanziario verso la capacità militare dell’Europa.

15. L’articolo 28/7 riafferma che “gli impegni e la cooperazione” nell’area della sicurezza e difesa comune “saranno in armonia con gli impegni presi con la NATO“. Questo effettivo allineamento con la NATO non è controbilanciato da alcun impegno a proteggere la neutralità degli stati membri come l’Irlanda.

16. Il trattato di Lisbona dimentica di prendere in seria considerazione la questione dei cambiamenti climatici, nonostante le argomentazioni portate dal governo irlandese.

Il governo è riuscito solo ad ottenere l’inclusione di sei parole alla fine dell’attuale provvigione: “promuovere misure a livello internazionale relative ai problemi ambientali mondiali, e in particolare a combattere cambiamenti climatici”.

Questa aggiunta è puramente simbolica, senza sostanza, e – considerando l’urgenza globale del problema – non fa nulla per promuovere l’impegno europeo ad affrontare seriamente la questione, nè conferisce all’Europa alcun potere aggiuntivo rispetto a quelli già esistenti.

17. L’articolo 2a conferisce competenza esclusiva all’Unione Europea sulle politiche commerciali, incluso le trattative sugli accordi di scambio internazionali. L’articolo 10 richiede che la “abolizione progressiva delle restrizioni sul mercato internazionale“ sia uno dei principi-guida nelle interazioni dell’Unione Europea con gli stati non appartenenti. Attualmente l’Unione Europea sta cercando di imporre alle nazioni in via di sviluppo l’abolizione dei cosiddetti “controlli oltre frontiera”, come imporre restrizioni ai diritti e alle regole dei lavoratori e dell’ambiente, indipendentemente dalle conseguenze che può comportare la rimozione di questi controlli. Presi nel loro insieme, questi due elementi indicano un significativo passo indietro nell’approccio dell’Unione Europea contro la povertà e la diseguaglianza nel mondo.

18. Il protocollo 12 del trattato di Lisbona, che riguarda la Commissione Europea per l’Energia Atomica, stabilisce che il trattato “resterà pienamente in vigore“. Uno degli scopi primari di questo trattato (conosciuto come EURATOM) è la promozione dell’energia nucleare. Il popolo irlandese rifiuta l’energia nucleare. Il trattato di Lisbona, come i suoi antecedenti, impone all’Europa di promuovere l’energia nucleare.

19. I difensori del Trattato di Lisbona sostengono che questo renderà l’Unione Europea più efficiente e democratica. Sostengono che il Trattato darà maggiori poteri ai parlamenti nazionali e ai cittadini, e maggiori protezioni sui diritti umani. Dicono che l’Unione Europea del “dopo allargamento“ non può più funzionare con il sistema vigente. Tutte queste argomentazioni non sono vere.

Le provvigioni relative ai parlamenti nazionali e ai cittadini sono di natura cosmetica, e vengono interamente diluite dal massiccio trasferimento dei poteri a livello europeo descritto più sopra. La Carta dei Diritti Fondamentali non aggiunge alcuna protezione ai diritti umani, e la sua applicazione è pesantemente limitata dalle leggi nazionali ed europee. L’Unione Europea ha continuato a funzionare senza crisi o cedimenti da quando è stata allargata. Questi argomenti vengono usati per distrarre l’attenzione dai 19 punti elencati più sopra.

20. I difensori del trattato sostengono anche che rifiutare il trattato di Lisbona significherà vedere d’Irlanda isolata e messa da parte nell’Unione Europea. Questo è un tentativo di imporre all’elettorato irlandese di accettare il trattato, nonostante i pericoli che comporta. Nel 2005 i cittadini di Francia e Olanda hanno respinto lo stesso testo, e questi paesi non sono stati né isolati né messi da parte. E non lo sarà nemmeno l’Irlanda se voterà contro il Trattato.

Traduzione di luogocomune.net

Fonte: http://www.anphoblacht.com/news/detail/23479

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