Il senato nega l’autorizzazione agli arresti per Nicola Di Girolamo: il dibattito in Aula

(aise) ROMA – Con 204 voti favorevoli, 43 contrari e un astenuto, il Senato ha negato l’autorizzazione agli arresti domiciliari richiesta dal Gip di Roma per il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo. L’Aula ha così approvato quanto proposto dalla Giunta per le Elezioni che però ha istituito un Comitato inquirente demandato a decidere se Di Girolamo era eleggibile o meno.

Come ricordato da Sanna, relatore del provvedimento, il compito del Senato non è stato quello di decidere sulla condanna o sull’assoluzione di un senatore per il quale il Gip ha chiesto gli arresti domiciliari, né tantomeno quello di autorizzare il processo.

“La procura di Roma – ha ricordato il senatore – hanno chiesto al Senato di autorizzare (ex articolo 68 della Costituzione) una misura cautelare personale che impedirebbe al senatore Di Girolamo, nel corso della sua applicazione, di esercitare la funzione parlamentare”.

A questo, dunque, il Senato ha detto “no”, niente arresto per Di Girolamo, accusato, come si ricorderà da Raffaele Fantetti, primo dei non eletti in Europa nel Pdl, di aver mentito sul possesso della residenza all’estero, requisito fondamentale stabilito dalla Legge Tremaglia.

“Questo fatto, addebitato al collega indagato, – ha spiegato Sanna – nella richiesta di autorizzazione dell’autorità giudiziaria configura il reato di attentato contro i diritti politici del cittadino, secondo quanto previsto dall’articolo 294 del codice penale. Secondo l’impianto accusatorio, per commettere questo fatto previsto dalla legge come reato, il senatore Di Girolamo avrebbe commesso altri delitti, tra i quali falsa attestazione sulla sua identità personale – in questo caso la residenza – resa nel procedimento elettorale, falso ideologico, abuso d’ufficio e infine falsa attestazione sulla sua residenza e identità durante l’interrogatorio al quale si è sottoposto”.

Sanna ha quindi ripercorso i lavori della Giunta per le elezioni che ha dapprima escluso il cosiddetto fumus persecutionis – “cioè se gli addebiti nei confronti del senatore Di Girolamo fossero manifestamente infondati ovvero se nell’attività dell’indagine che abbiamo ricostruito si fossero rilevate palesemente anomalie procedurali che evidenziassero un uso distorto delle funzioni giudiziarie in danno del parlamentare” – e poi discusso sulla “tutela della funzionalità del Senato e del suo plenum, che alla fine è la ratio dell’articolo 68 della Costituzione”. Dovendo mettere sulla bilancia da un lato il principio di eguaglianza dei cittadini nell’esercizio ordinario e normale della giurisdizione e, dall’altra, la funzionalità del Parlamento e del sistema istituzionale, la Giunta ha applicato due criteri: la sussistenza della “straordinaria gravità delle reato” e della “eccezionale rilevanza di queste misure nel procedimento penale in esame”. Nessuna delle due condizioni è stata riscontrata, così come per la Giunta non sussiste “pericolo di reiterazione di reato” perché servirebbero nuove elezioni.

Nel dibattito che ne è seguito il primo ad intervenire è stato Claudio Micheloni, senatore del Pd, anch’egli eletto in Europa, che ha detto di “riconoscersi” nella posizione e nella proposta della Giunta. Ciò che premeva al senatore del Pd era richiamare l’attenzione del parlamento sulla “urgenza” della riforma delle Legge 459/2001 magari inserendo un “limite minimo” di residenza all’estero per i candidati. troppe volte, ha aggiunto, “il collegio estero è stato strumentalizzato e considerato come un oggetto che si può utilizzare, soprattutto da parte delle dirigenze delle forze politiche residenti in Italia. E questa, oggi, ne è la dimostrazione. La comunità italiana all’estero si aspetta dal Parlamento una riforma profonda della legge sul voto all’estero”, ha ribadito Micheloni. “Dobbiamo capire se siamo coscienti che il diritto di voto all’estero, nella circoscrizione estero, e la presenza di senatori e deputati nel Parlamento italiano è importante per l’Italia, molto di più che per noi residenti all’estero”. Risolvere tale quesito, ha rilevato Micheloni, è “l’unica strada che ha l’Italia per mantenere contatti con milioni e milioni di italiani e discendenti di italiani all’estero”. Il parlamentare ha quindi richiamato l’importanza di un segnale forte da parte del Parlamento visti gli importanti appuntamenti che attendono i connazionali: la prima conferenza mondiale dei giovani, e il rinnovo di Comites e Cgie. Magari, ha suggerito, si potrebbe riprendere la proposta della Giunta per gli italiani all’estero, mettendo in soffitta il Comitato che, tra parentesi, ancora non si è insediato. “Se si potesse realizzare questa modifica del Regolamento prima della conferenza di dicembre – ha concluso – credo che daremo un grande segnale di attenzione alle comunità italiane all’estero”.

Tra i senatori intervenuti per le dichiarazioni di voto anche Luigi Li Gotti (Idv) che ha dato, se vogliamo, un altro senso alla “difesa della composizione e delle funzionalità del Senato” sottolineando infine che “nella difesa del plenum assembleare e della legittimità di coloro che hanno diritto a farne parte, non dobbiamo paradossalmente consentire che il vulnus venga rappresentato proprio da chi potrebbe impedire al legittimo titolare di un’elezione la presenza in quest’Aula”. Far sedere in Senato una persona che non ne ha diritto, insomma, è la vera “ferita”. Quindi, seppur “a malincuore”, i senatori di Idv hanno votato a favore degli arresti domiciliari.

Contrari agli arresti, invece, i senatori della Lega Nord, così come Lusi (Pd) che è anche membro della Giunta per le elezioni che ha voluto intervenire per sottolineare, in pratica, che non serve arrestare Di Girolamo, visto che anche la giunta ha verificato che le prove da trovare sono state trovate, sono inattaccabili e non più inquinabili.

“Questo signore – ha aggiunto Lusi riferendosi a Di Girolamo – un giorno risponderà di fronte all’Aula della seconda questione, e cioè se l’Aula debba procedere o meno alla decadenza dall’ufficio a cui è stato posto. Questo signore, signor Presidente, ha fatto delle cose non degne di un senatore, ed il vero problema è cosa dire ai cittadini per spiegare perché non proponiamo il consenso alla richiesta degli arresti domiciliari. Le cose fatte da questo signore non sono degne di un senatore; c’è un vulnus in quest’Aula perché c’è un problema legato ad una persona, ad un componente di quest’Aula, che vi è giunto nelle forme e nei modi che la Giunta individuerà”.

“Però – ha proseguito – ai cittadini italiani noi dobbiamo dire con molta chiarezza che non ci interessano né il tintinnio di manette né il gusto di vedere un componente della maggioranza in una condizione di soggezione personale e fisica. A noi interessa che la giustizia segua il suo corso, che il procedimento penale vada avanti nei termini e nei modi con i quali i giudici incaricati ritengano che esso sia portato avanti, che la difesa abbia i suoi spazi necessari e che questa Aula colmi in una successiva votazione, nelle forme e nei modi delle procedure previste dal nostro Regolamento, il vulnus oggi rimasto aperto”. “Non stiamo dicendo no ad un procedimento penale nei confronti del senatore Di Girolamo – ha ribadito il senatore – ma stiamo dicendo no, con queste motivazioni molto dettagliate e approfondite, alla privazione della libertà personale del senatore Di Girolamo. Ciò deve essere chiaro ai cittadini italiani, nei confronti dei quali noi abbiamo l’obbligo di spiegare qualsiasi opinione, decisione e voto che riteniamo di prendere all’interno di questa Aula”.

Contrari agli arresti anche i senatori dell’Udc, cui ha dato voce D’ALia che non ha lesinato critiche a Di Girolamo definendolo “più pericoloso per se stesso che per gli altri, considerata la leggerezza con cui ha acquisito la documentazione propedeutica alla candidatura”.

Per il Pdl è intervenuto Izzo che ha prima richiamato l’intervento di Micheloni sottolineando la necessità di “determinare le condizioni affinché la legge, che ha uno spirito assolutamente positivo, sia modificata e che sia, al contempo, costituito il Comitato per gli affari degli italiani all’estero, eventualmente trasformato anche in Giunta, in modo che possano essere approfondite anche le problematiche determinatesi alla luce di aspetti legislativi” e poi ribadito il “no” agli arresti dei senatori del Pdl.

Quindi il Presidente Schifani ha aperto la votazione elettronica a scrutinio segreto: 259 i senatori presenti, hanno votato in 258: 204 contrari agli arresti, 43 favorevoli, uno si è astenuto. (aise)