Napolitano si è fermato a Reggio

L’ultima volta lo abbiamo visto defilato riparare all’isolotto di Stromboli grazie alla scialuppa della capitaneria di porto, mentre a Palermo ben altro tipo di scialuppa portava ospite il Sultano dell’Oman.

Nei giorni scorsi (15 gennaio) quel povero Cristo di Napolitano non è più riuscito neanche a sfiorarlo il territorio della Nazione Siciliana e si è fermato oltre faro, in quel di Reggio Calabria, per una visita di due giorni. Tre chilometri più a sud l’Arcivescovo di Messina, Mons. Calogero La Piana, nel frattempo iniziava l’assalto per la liberazione della città di Messina rompendo il secolare silenzio sulla “cappa massonica” che avvolge la città:

«C’è una forma di ipocrisia che è tipica della nostra città. Una città che troppo spesso vive di effimero e di apparenza. E l’ipocrisia è l’espressione di una realtà più vasta che è la massoneria. La nostra è una città che vive sotto una cappa massonica che controlla tutto e tutti, che impedisce lo sviluppo per poter dominare tutto»

Ed a poco servono le allucinate parole di replica del Grande Oriente d’Italia che, a mezzo del notaio Silverio Magno, piccato, puntualizza (La Gazzetta del Sud, 14 gennaio 2009):

Nelle 11 logge [?] del Grande Oriente esistenti in città, non si discute di affari, né di politica; si parla di come sia possibile elevare l’uomo, affrancarlo dai “metalli” [??] che ne sviliscono l’esistenza (…) Riteniamo che Messina non abbia bisogno di fantasmi o di anatemi, ma usando espressioni a noi care, operai che sappiano lavorare le Pietre [???] della virtù, dell’altruismo e della disponibilità etc etc.

Servono a poco perché nel confronto tra il numero di logge citato dall’uomo di chiesa («tra 32 e 38») e quello dichiarato dall’avvocaticchio (e nell’ipotesi che nessuno dei due sia completamente uscito di senno) c’è la conferma dell’esistenza di numerose logge segrete che parlano e straparlano proprio di affari e di politica [*].

L’area dello stretto aveva già visto attestarsi i due nemici su queste posizioni in un’altra recente occasione. Per l’anniversario dell’immane terremoto di Messina, avvenuto il 28 dicembre del 1908, una particolare agenzia di stampa fu diramata da una massoneria sin troppo loquace negli ultimi tempi:

“(…) la massoneria calabrese del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani commemorerà l’evento con un concerto di musica sacra cui faranno da cornice una introduzione dello storico Santi Fedele dell’università di Messina e le conclusione del gran maestro Raffi.”

Anche Raffi, Gran Maestro dell’Oriente d’Italia, sembra essersi fermato a Reggio. E siccome il fraseggio dei comunicati stampa non è mai casuale, l’Arcivescovo ne deve aver tratto le conseguenze che lo hanno portato a pronunciare (ed era ora, direi!) l’anatema di cui sopra.

Altri strani movimenti che denotavano un qualche cambiamento, come l’accucciarsi di Sgarbi all’ombra di Lombardo ed il lento spostarsi dell’Innominato verso lo stesso, sembrano ora tutti preamboli al simbolico capolinea di Reggio al quale si sono fermati determinati poteri “occidentali”. Il nemico riconosce la nuova linea del fronte con una ritirata sperando anche di lasciare i Siciliani (ed i loro alleati “esterni”) al faro, impedendogli di raggiungere l’obiettivo finale: la Puglia, ultima speranza rimasta all’Europa per affrancarsi dal ricatto energetico russo.

Pochi giorni fa a proposito della crisi del gas nostrana (poi terminata in coincidenza di quella russo-ucraina) avevamo scritto che: “L’Italia è già divisa in due: la Sicilia e la “Padania” (…) Il sud Italia invece è ancora conteso (…). Ed è per via di questa contesa che il governo nazionale (svuotato di ogni reale potere) è surrettiziamente tenuto in vita (…). Sarebbe preciso interesse dei “padani” fare precipitare gli eventi staccando la spina a Montecitorio e lasciando che la Sicilia vada per i fatti suoi sin da subito senza più avere la possibilità di immischiarsi politicamente in questioni d’oltre faro.”

Torniamo a chiederci: è veramente questa la situazione?

Non appena Napolitano segnala il capolinea di Reggio Calabria, improvvisamente tutti i nemici interni di Lombardo, da Castiglione, presidente della provincia di Catania e delfino di Firrarello, sino all’ascaro Enzo Bianco, ex sindaco della città etnea, prendono il treno. Ma non per ritirarsi definitivamente dall’isola. Solo per arrivare a Palermo. Ed accortisi, dopo qualche decennio, che ci vogliono ben 5 ore per percorrere 200 km, invocano finalmente la costruzione della linea veloce tra le due città, l’opera simbolo della libertà e dell’autonomia della Sicilia:

«E’ una vergogna contro cui bisogna battersi, al di fuori di ogni schieramento politico. Negli anni sia il centrodestra sia il centrosinistra hanno dimenticato il Mezzogiorno. Di fronte a situazioni come questa, dobbiamo battere i pugni sul tavolo tutti insieme, anche con iniziative clamorose come questa, per reclamare il diritto di essere una regione moderna che può guardare con fiducia al suo sviluppo»

Già, “negli anni” tuona Bianco… ma lui, ex ministro dell’interno, dov’è stato sino a ieri?

Insomma, tutto un crescendo che tende a stravolgere le posizioni e che porta allo scavalcamento della retorica autonomista del Presidente Lombardo da parte di quegli stessi che fino a pochi mesi fa chiedevano l’intervento dell’esercito nell’isola per ammazzare definitivamente ogni speranza di autonomia reale.

Con la ciliegina della clamorosa seduta all’ARS di ieri (21 gennaio) in cui “San Gennaro” ci ha fatto il miracolo, per dirla alla napoletana. Ecco come la racconta il quotidiano di Parlagreco:

I deputati del parlamento regionale per una volta si trovano tutti d’accordo, fanno pressing sul governatore Lombardo e votano all’unanimità due mozioni presentate dal Pdl e dal Pd, che mirano a salvaguardare gli interessi siciliani. Una, quella del centrodestra, applica l’articolo 37 dello Statuto, che prevede la riscossione da parte della Regione delle imposte pagate dalle imprese industriali e commerciali che hanno stabilimenti nell’Isola, ma sede centrale in altre Regioni d’Italia. L’altra, presentata dal Pd, primo firmatario il deputato questore Baldo Gucciardi, impegna il presidente della Regione Raffaele Lombardo a intervenire urgentemente affinché al disegno di legge delega sull’attuazione dell’art.119 della Costituzione sul federalismo fiscale, in discussione al Senato, vengano apportate modifiche “tali da rispettare la specialità siciliana e salvaguardare la piena attuazione delle norme sancite dallo Statuto autonomistico”.

Siamo al paradosso: mentre l’MPA rimane avvinghiato all’inconsistente stato italiano, lo stesso stato sembra volerci (finalmente…) mandare via per davvero. E Lombardo, legato mani e piedi non più a Roma o ad Arcore, ma a Mosca, non vuole acconsentire. Rischiando anche di essere veramente scavalcato e di vedersi nuovamente piombare l’insulso Napolitano a Palermo a riprendere possesso.

Se da un lato questa “richiesta” di separazione della Sicilia potrebbe essere una vera sfida dietro la quale si nasconde un insidioso tranello, dall’altro quali ragioni potrebbero esserci per continuare a temporeggiare?

Dall’unificazione ad oggi questa è la prima volta che la Sicilia si trova in una posizione di forza reale nei confronti di Roma. Applicando lo Statuto tutti i rapporti finanziari tra stato centrale e regione sarebbero regolati, costringendo Palermo a “vivere di quello che ha”. Tanto per fare un esempio, una volta applicato lo Statuto Berlusconi non potrebbe più “salvare” Catania. Visto che nel primo periodo di “autonomia” ci saranno sicuramente vacche magre per tutti, Lombardo potrebbe voler “spremere” il più possibile.

Abbiamo poi il “problema” russo. L’appoggio alla Sicilia non viene certo gratuitamente. Uno degli obiettivi russi è il controllo del sud Italia e della Puglia in particolare. Lombardo non può certo lavarsene le mani. Staccare la spina ora vorrebbe dire lasciare momentaneamente la preziosissima penisola pugliese all’Europa. Da qui la necessità di temporeggiare ulteriormente.

Rimane poi il discorso della sicurezza interna in Sicilia. Avere il nemico a pochi chilomentri di distanza non è certo una bella prospettiva. Come già detto altre volte, si rischierebbe una “belfastizzazione” di Messina. Quindi Lombardo ha le “sue” ragioni per voler fare le cose con calma. Vediamo quanto dovremo ancora aspettare.

E chissà che la prossima volta Napolitano non si debba fermare ad Eboli.

[*] Le parole del notaio non sembrano dirette a noi, ma ai poveri ingenui iscritti a quelle 11 logge ufficiali, la fede dei quali alle parole del prelato potrebbe aver vacillato infiltrando in essi il sospetto di essere semplici paraventi per le ben più significative logge segrete.

Fonte: http://ilconsiglio.blogspot.com