Bruschette & Bruscolini (di Marina Salvadore)

Ci risiamo! Sotto tornata elettorale si cavalca la tigre giudiziaria.
Quasi ogni giorno si arrestano manipoli di “casalesi”, latitanti e stanziali e pericolosissimi boss ricercati dalla precedente incarnazione. La competizione elettorale è più energizzante di una pista di cocaina in una discoteca di Ibiza: pusher, magistrati e politici si iscrivono alle olimpiadi giustizialiste ripopolando d’incanto le arene polverose delle procure italiche, degli uffici di sorveglianza, della DIA, dei tribunali, della stampa nazionale.

Medaglie d’oro e di tolla furoreggiano sulle toghe più sportive, specialmente tra quelle che praticano il “lancio del pentito” e del “disco”, il solito delle intercettazioni, per non parlare dell’altra disciplina atletica della “palla avvelenata”, competizione classica dei triti e ritriti, dei dejà vu e passati in giudicato, rispolverati ad arte nelle grandi manovre delle naumachie subaquee nelle sedi di partito.

Sugli spalti gli italioti applaudono e fischiano, si menano tra loro per il tifo esagitato. Celebri vecchi gladiatori tornano a calpestare l’arena.

«Riina mi disse il nome dell’uomo delle istituzioni con il quale venne avviata, attraverso uomini delle forze dell’ordine, la trattativa con Cosa nostra». Lo dice per la prima volta in aula il gladiatore Giovanni Brusca, deponendo nel processo al generale Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla mafia.
L’imperatore occulto ed i giudici del processo, che si svolge davanti ai giudici del tribunale di Palermo, sono stati, oggi, in trasferta nell’aula bunker di Rebibbia a Roma per sentire alcuni altri gladiatori pentiti.
Avvilente è dir poco; è come assistere alla replica della replica di una telenovela sudamericana: la stessa squallida scenografia, la medesima monocorde sceneggiatura, le stesse brutte facce inespressive di protagonisti e comparse.
Qualche italiota senziente si interroga svogliatamente sull’attendibilità di una bestia ch’è stata capace di sciogliere nell’acido un bambino, ricordandosi anche che qualche bene immobile sequestratogli dopo l’arresto, la bestia riuscì a riguadagnarselo, come pure notti infuocate di sesso con la moglie in un alberghetto dove l’avevano messo a spurgare. come le vongole nonostante egli fosse il PEGGIORE dell’augusta stirpe criminale.
Chissà ora cosa si sono inventati i giudici di gara di Giochi senza Frontiere. Brusca racconta – o ripete a pappagallo il copione – che tra la strage di Falcone e quella di Borsellino «persone dello Stato o delle istituzioni» si erano «fatti sotto» con Riina, il quale aveva loro consegnato un «papello» di richieste per mettere fine agli attentati.. Sensazionale. lo spettacolo si fa sempre più avvincente se Il Messaggero enfatizza: “Per la prima volta in un pubblico dibattimento, Brusca afferma di aver saputo da Riina il nome della persona cui era rivolta la trattativa.”

Peccato che quando il pm Nino Di Matteo gli chiede di farlo davanti ai giudici quel nome, Brusca si ferma e dice: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, perché su questa vicenda vi sono indagini in corso e non posso rivelare nulla».

Allora, l’italiota mediamente intelligente si chiede se Brusca vuole alzare la posta, per sfottere il Banco, per caso. ma la stampa provvede a smontare l’ipotesi complottistica e prontamente suggerisce che il riferimento è all’inchiesta che viene condotta dalla procura di Caltanissetta, guidata da Sergio Lari, che da mesi ha avviato nuove indagini sulle stragi del ’92.
Già! E’ da mesi che nessuno si prende la briga, dopo aver sollevato un polverone e rovinato la dignità e la vita di alcune persone perbene di informarci sul tenore delle dichiarazioni del neopentito Spatuzza. Evincesi quindi l’evidenza eclatante della possibile ulteriore manipolazione dei testi, pentiti o spuntiti che siano; altrimenti non vi sarebbe motivo di occultare al Popolo Sovrano in nome del quale si emettono le sentenze, se non la Verità almeno la cronaca! Ancora ci brucia l’impunita faccenda del pm Olindo Canali, cui la futura irriconoscente europarlamentare dell’IDV Sonia Alfano dovrebbe tutta la sua gratitudine. ed invece sta lì a far l’Opera dei Pupi nel “teatrino italiota” con l’eroe Orlando furioso.

Piuttosto, il macabro risvolto ci pare diverso e “altro”: chi vogliono inguaiare definitivamente, questa volta, le sciare toghe rosse orfane di dio Violante? Stanno ancora a fare il pari e dispari, a seconda delle presunte fluttuazioni statistiche alle urne? Sceglieranno, se affranti, di rovinare la vita ad un altro funzionario dello Stato o – paghi, satolli e remunerati dal congruo “pizzo” – utilizzeranno senza colpo ferire il solito Bruno Contrada che. tanto. un’assurda sentenza di Cassazione connivente ha già bollato a vita? Insomma, utilizzeranno i fondi di magazzino o rinnoveranno il guardaroba del “giustizialesimo politico” con qualche altro manichino di povero cristo pronto all’uso in vetrina?
Brusca, addirittura, tira fuori dal cilindro un altro coniglio grosso come una casa: la Lega: «Tra l’omicidio di Salvo Lima e quello del dottor Falcone alcuni politici si proposero a Riina per prendere il posto che era stato dell’europarlamentare ucciso. Ma Riina non era soddisfatto, voleva di più. E qualcuno tentò di proporgli anche un contatto con la Lega di Bossi. Ma non so cosa ne fece, perché nel frattempo Riina aveva trovato il canale giusto ed era soddisfattissimo».

Certo, supposizioni dico-non-dico del genere, chiunque può farle; a me pare che Brusca non abbia detto proprio niente ma il solo fatto di aver citato a caso un partito politico per giunta del nord (anche se il più votato in Sicilia) è d’effetto, tanto ci sono i soliti paesani al bar che tra un tressette ed un bicchiere di vino si fanno loquaci e fanno giungere in piazza alle massaie e all’ortolano, alla bocciofila e all’oratorio, al farmacista e alla casalinga lo scoop fantasioso, fresco di DIA e di magistratura inquirente, fino all’abominio scandalistico, come nell’innocente gioco del telegramma dove la parola AMORE giunge all’orecchio dell’ultimo in gara come AFRORE!

Brusca, dopo tanti anni ch’è a disposizione h.24 degli inquirenti, solo ora ci rivela, come se stesse sulla poltrona della parrucchiera a ciàcolare di Beautiful che «la strage di Capaci, così come è stata fatta, Provenzano non la voleva, perché lui preferiva che Falcone venisse ucciso a Roma o in altri luoghi, senza fare troppo clamore. A Provenzano non piaceva la spettacolarizzazione degli omicidi (animo nobile!) ma condivideva con Riina l’uccisione dei magistrati Falcone e Borsellino.

Il boss, infatti, dopo l’arresto di Riina, impedì a Bagarella, Messina Denaro, Graviano e allo stesso Brusca di proseguire gli attentati in Sicilia.
Commovente davvero il candore dei magistrati che si devono tutte le ovvietà sparate a raffica da Brusca (a meno che non gli abbiano scritto il copione gli sceneggiatori della DIA, come s’usava ai primi tempi del processo Contrada).
certo, è singolare: questi non credono in Dio ma credono a Brusca! Incredibile? Mica tanto, visto che – per suprema concessione – ad altri gladiatori-pentiti si affida il compito di bastonare la Chiesa ed aprire, finalmente – dopo tutti i soldi che si sta ciullando impunemente l’organizzazione ecclesiastica, spartendo tra sottane nere quanto le sottane rosse confiscano ai mafiosi – il capitolo anticlericale, un vero punto di forza, dai tempi di Robespierre, per gli illuminati giacobini della Casta.
Ecco che dal pentito Ciro Vara fioriscono rivelazioni sui rapporti con la Chiesa. «Dopo le stragi del ’92 e del ’93 Provenzano per alleggerire la pressione dello Stato su Cosa nostra, in particolare per i detenuti sottoposti al 41 bis, aveva cercato una strada attraverso la Chiesa».

Il pentito Ciro Vara dice di aver appreso questa strategia di Provenzano nel novembre 1993 da un mafioso di Caltanissetta, Mimmo Vaccaro, che all’epoca era latitante. «Nel 1993 soffrivamo la pressione dello Stato, i detenuti in particolare, e per questo motivo incontrando Vaccaro dopo che per una settimana era stato insieme a Provenzano, gli chiesi cosa stava facendo per aiutarci.
E Vaccaro mi rispose che stava tentando la strada attraverso la Chiesa, in modo da ammorbidire la repressione della magistratura e alleggerire il 41 bis».

Abile la sottolineatura della pressione esercitata dall’efficientissimo Stato nel 1993, pubblicità gratuita ai golpisti delusi del ’92, per rimarcare il grande impegno civico. con i risultati devastanti che si sono, poi, visti.
Vara ha inoltre rivelato (anch’egli, sensazionalmente, per la prima volta in aula) che il boss catanese Pietro Balsamo, negli anni Novanta, riusciva a conoscere in anticipo le mosse delle forze dell’ordine a Catania.

«Balsamo – dice Vara – aveva notizie sempre di prima mano su arresti che doveva effettuare la Dda di Catania».

Vediamo, mo’ chi altri devono inguaiare a Catania, quale altro bersaglio è stato preso di mira. Onestamente, italioti, reputate decisive, sconvolgenti, qualificanti, esaustive. soddisfacenti.
Davvero importanti e strabilianti le “rivelazioni” di questi pseudo-pentiti a molla?
Soprattutto, vi sembrano pertinenti all’attualità, alle defaillances ed ai buchi neri della malamministrazione pubblica o non sono, per caso, l’acqua calda per allungare la brodaglia primordiale nella quale la GIUSTIZIA annaspa, perlomeno dal ’92?
Che tsunami la colga e spidocchi le polverose toghe e le incipriate boccolute parrucche!

Fiato alle trombe… d’ARIA!

Marina Salvadore – http://blog.libero.it/lavocedimegaride/