Ma quale ponte… salviamo l’occupazione siciliana nella Fiat di Termini Imerese

Quando finirà la farsa degli stabilimenti Fiat di Termini Imerese? Quando verranno prese in seria considerazione le paure dei 1300 addetti, il 25% dei quali ormai da tempo vive in cassa integrazione parziale? Quando pagherà Lombardo, Ministro-Presidente dello Stato regionale di Sicilia i soldi già intascati ma mai girati alla Fiat, non fosse altro per bloccare ogni pretesto e costringere Montezemolo e Marchionne a gettare la maschera?

La Fiat, già costretta per gli incentivi statali della Cassa del Mezzogiorno a creare nella Conca d’oro una catena di montaggio auto, sempre mal sopportata dal sistema produttivo industriale italico che – certo a ragion veduta – vedeva nella mancanza di una seria rete infrastrutturale di trasporti e di collegamenti in Sicilia, una penalizzazione in termine di costi, di tempi e di progetti oggi, con la scusa della globalizzazione, della crisi finanziaria e dello stallo dei consumi, vuole mettere fine alle attività industriali del settore automobilistico in quel di Palermo, invece di rivedere il fantasmagorico progetto per il Ponte sullo Stretto.

Il presidente della Fiat Montezemolo e l’AD Marchionne hanno infatti dichiarato lo scorso venerdì che tra 10 giorni presenteranno al ministro Scajola “un Piano industriale intelligente” il che implicitamente presupppone la chiusura di Termini Imerese, sacrificato sull’altare del salvataggio di Arese, Pomigliano d’Arco e Avellino, perché secondo questi personaggi targati Agnelli (gli utili all’IFIL e le perdite allo Stato…), 6 stabilimenti in Italia sono troppi in un periodo di crisi dei consumi e perché tutti insieme equivalgono a quello che si fa in una sola fabbrica in Brasile.

E i nostri governanti siciliani, con il Presidente Lombardo in primis, perché non insorgono? Come intendono intervenire per evitare il licenziamento di 1300 lavoratori e per non dismettere un’attività industriale che, nonostante tutto, in una terra di endemica mancanza di serie iniziative imprenditoriali, rappresenta ancora una possibilità di lavoro e di occupazione?

Marchionne da tempo considera eccessiva la produzione di auto in Italia ma si getta col suo ridicolo pullover nell’avventura Chrysler USA. Nel suo mirino svizzero c’è soprattutto Termini Imerese dove la Fiat dichiara di non aver mai ricevuto un euro dei 500 milioni promessi dalla Regione Siciliana e rinforza la dose con la richiesta di eco-incentivi per il mercato dall’auto proprio per rilanciare il settore e ricattare il governo su Termini Imerese.

La proposta della Fiat sembra intransigente perchè l’azienda, giocando sulla debolezza dei sindacati, vuole rimettere in discussione la sua presenza nel sud italia, dopo aver delocalizzato a Torino da Arese. Soltanto Mirafiori infatti, la cittadella rossa che dal 1939 rappresenta la roccaforte degli ultimi operai della Fiat, sembra potersi salvare dal piano di chiusura, oggi che non esiste più la Fiat come azienda domestica e il Mezzogiorno paga sulla sua pelle il costo delle folgorazioni del manager svizzero. Grazie agli alibi che offre la teoria della gobalizzazione si vuole proiettatre la Fiat in Polonia, Brasile e Stati Uniti dove in ballo c’è il rilancio di Chrysler, candidata a costruire i motori Fiat a discapito degli stabilimenti del Mezzogiorno.

L’alibi della globalizzazione offrirà senz’altro scuse sempre più plausibili a Marchionne .Non esitiamo infatti a pensare che l’operazione mondiali di calcio del 2010 avrà allertato l’AD sulle possibilità che si aprono a Fiat anche sul mercato del Sudafrica, a danno sempre del nostro Mezzogiorno.

Ricordiamo però che dal Sudafrica, nel 1980, la Fiat dovette scappare per lo scandalo dei salari sottopagati agli operai di colore: usciti dall’Apartheid, quelle autorità africane, loro sì con orgoglio, difesero la dignità dei loro lavoratori, cosa che noi siciliani dimostriamo non solo di non fare, ma nemmeno di essere in grado di pensare.

Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia – Antudo

Repetita Iuvant: pubblichiamo di seguito un vecchio articolo de L’Altra Sicilia sulla richiesta del polo automobilistico siciliano (Leggi l’articolo).