La Sicilia è sotto assedio. Ci vogliono prendere per fame. Ma qualcuno lo sta capendo?

Oggi si è consumato un altro crimine contro il Popolo Siciliano.

Autore di questo crimine è la Corte Costituzionale della Repubblica Italiana.
Non abbiamo paura del reato di vilipendio di organo costituzionale dello Stato. Perché oggi è in gioco la libertà di un Popolo, sancita dai principi di quell’ordinamento internazionale cui l’Italia in teoria sarebbe legata, a doppio filo perché l’adesione ai diritti fondamentali dell’uomo sarebbe anche condizione essenziale per far parte dell’Unione Europea, e sancita soprattutto dal diritto naturale di ogni popolo a non morire in silenzio come l’Italia, con gli immancabili complici siciliani, vorrebbe che la Sicilia facesse.

E quando sono in gioco valori fondamentali come la libertà e il diritto a sopravvivere non c’è codice penale che tenga. E’ importante, almeno per la storia, che si dica che mentre l’Italia calpestava, per mezzo di una giurisprudenza arrogante e faziosa, i diritti del Popolo Siciliano, non tutti sono stati zitti. Più saranno i siciliani che si ergeranno a difesa dei nostri diritti, meno potranno fare contro di noi, più curveremo la schiena, invece, più ci frusteranno a sangue.

Oggi la Corte Costituzionale, la stessa corte di cui pare che alcuni membri siano convolti negli squallidi scandali dei “posti per i figli” nella protezione civile, ha superato se stessa, e la propria precedente giurisprudenza, già tremendamente faziosa.
Ha sancito che, mentre la Sicilia si sta progressivamente facendo carico di tutte o quasi le spese statali nel proprio territorio, come è nello spirito del nuovo “federalismo fiscale”, ma come è già nell’articolo 20 del proprio Statuto, proprio mentre si sta facendo carico di sempre più spese e lo stato italiano invece progressivamente fugge dall’isola, al contempo i tributi “prodotti” nell’Isola, cioè maturati nell’Isola ma riscossi altrove per il solo fatto che altrove ha sede legale l’impresa o altro soggetto passivo in capo al quale si producono, vadano all’erario italiano. Si è dunque resa complice di un vero e proprio atto di depredazione coloniale puro e semplice, in spregio tanto all’articolo 37 dello Statuto, che detta un disposto completamente diverso, tanto della stessa legge attuativa (già molto imperfetta), il DPR 1074 del 1965, quanto persino delle precedenti sentenze della stessa Corte Costituzionale e dell’Alta Corte per la Regione Siciliana, quando questa era operante (1947-1957).

Non abbiamo ancora letto il disposto della sentenza, ma siamo certi che con la solita spudoratezza che configura questi “colpi di mano” ormai ripetuti, avranno inventato un “metaprincipio” costituzionale non scritto da nessuna parte se non nella loro mente, teleguidata dagli interessi forti della Penisola, secondo il quale “qualunque cosa ci sia scritto nello Statuto” non si può applicare perché lo Statuto non è stato coordinato con la costituzione e quindi “ci pensano a loro” a coordinarlo buttandolo nel cesso per intero.

Ebbene dichiariamo ad alta voce che non tutte le sentenze vanno rispettate, non tutti i giudici sono da ascoltare. Intanto perché questo giudice, questo foro, è mal costituito, in quanto per la Costituzione italiana, di cui lo Statuto siciliano sino a prova contraria sarebbe parte integrante, non è la Corte Costituzionale a dover dirimere i conflitti tra Stato e Regione ma l’Alta Corte per la Regione Siciliana soppressa con “colpo di stato” del Presidente Gronchi nel 1957. E poi non abbiamo nessun rispetto nel merito per una sentenza che autorizza lo Stato italiano a fare la perequazione al contrario: trarre da una regione povera (tale anche per 150 anni di sistematici saccheggi) per dare a quelle ricche.

A questo punto non resterebbe alla Sicilia che adire le Corti internazionali per fare rispettare l’Autonomia della Sicilia, conquistata con il sangue degli indipendentisti, e poi sistematicamente violata dallo Stato italiano. Adire le corti internazionali, internazionalizzare la Questione Siciliana, e nel frattempo – se necessario – alimentare una vera e propria campagna di disobbedienza civile pacifica contro uno stato che sempre più si manifesta come stato occupante.

In soldoni, fatti alcuni conti sommari, dal “federalismo fiscale”, se dobbiamo dar credito a quanto affermato dal Presidente Lombardo dovremo farci carico di circa un miliardo l’anno di nuove spese per le quali lo Stato si disimpegnerà dalla Sicilia (ciò che resta del Fondo Sanitario Nazionale, scuole, università, etc.). Nel frattempo lo Stato introiterà circa 10 miliardi l’anno di tributi erariali maturati in Sicilia e riscossi altrove (circa 6 di imposte sui redditi, circa 3 di IVA, circa 1 di tributi minori).

Tributi siciliani che andranno ad alimentare le spese dello stato centrale a Roma o i servizi ai cittadini dell’Italia centro-settentrionale. A questi tributi “scippati” alla Sicilia con il beneplacito dei soloni della Consulta, si aggiungono quei 20 miliardi circa di accise che l’Italia cava fuori dalla Sicilia e che spetterebbero allo Stato anche secondo il nostro Statuto ma per i quali la riforma del Titolo V dispone una devoluzione parziale alla Sicilia in ragione dei servizi statali di cui la Sicilia si farebbe carico (secondo il nostro Statuto, tutti tranne quelli militari, e forse neanche quelli).

Insomma la Sicilia deve continuare ad essere la gallina dalle uova d’oro, magari poi per piazzarci anche una bella centrale nucleare o un mega-inceneritore in cui far confluire tutta la raccolta indifferenziata dello Stivale: pozzo senza fondo e pattumiera al contempo.

E nel frattempo le risorse vengono tolte alla Sicilia anche per mezzo delle politiche industriali statali, camuffate da politiche aziendali: la Fiat se ne va, OK, ma anche Trenitalia, ma anche l’Alitalia, persino il 118 con la Croce Rossa appunto “italiana”. E se ne vadano pure tutti, ma non con i nostri tributi in tasca, FAS compresi! Quelli ce li devono lasciare, ci servono per sopravvivere. Senza potremmo avere centinaia di migliaia di persone senza stipendio già dall’anno prossimo.

E’ chiaro ormai che oggi con la forza dello stato coercitivo l’Italia ha deciso di prendere per fame la Sicilia, di ridurla allo stremo, per poi poterle fare abdicare a ciò che resta della sua Autonomia e farsi saccheggiare impunemente. Noi dobbiamo resistere! Ne va della nostra sopravvivenza! E dovremmo resistere tutti, senza divisioni di partito.

Purtroppo oggi c’è un partito siciliano di traditori, anche all’ARS, che fiancheggia apertamente questo saccheggio fascio-leghista. E fra questi ci sono anche mezzi di informazione che hanno la mission di delegittimare dal basso l’Autonomia sparandole contro ogni giorno, mentre dall’alto ci pensano la Consulta e il Governo. Poi c’è anche un terzo partito che rema contro (oltre a quelli che si stringono all’attuale governo a difesa del Popolo Siciliano e agli aperti traditori): i nostalgici dell’assistenzialismo meridionalista che non tornerà mai più. Svegliamoci! Non c’è più la DC con il suo “cerchiobottismo” né ci sarà mai più. Ora c’è il razzismo leghista che per noi ha pensato ad una bella “soluzione finale”.

E’ guerra, e in questa guerra bisogna stare dalla parte dei nostri figli e del nostro sangue, non con il nemico di sempre, magari sperando in qualche regalino per i collaborazionisti!

Palermo, 27-3-2010.
Fonte: L’Esecutivo Centrale di “Terra e LiberAzione”