La Corte Costituzionale nega le imposte alla Sicilia

sabato, 27 marzo 2010

“La Corte costituzionale, con la sentenza n.116 depositata in cancelleria il 25 marzo, ha negato il diritto della Regione Siciliana a percepire il gettito dei tributi erariali, spettanti alla Regione secondo il suo statuto, il cui presupposto impositivo si realizza in Sicilia. Secondo la Corte, invece del criterio del luogo della manifestazione della capacità contributiva del soggetto passivo d’imposta, deve seguirsi, ai fini della determinazione della spettanza del tributo, il criterio del luogo di riscossione”.

Lo ha reso noto Raffaele Lombardo, aggiungendo che: “Secondo questo criterio, seguito dalle amministrazioni finanziarie dello Stato, si realizzano esiti paradossali.

Le ritenute d’acconto, operate dalle amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici con sede fuori dal territorio regionale, su stipendi ed altri emolumenti corrisposti a favore di dipendenti o altri soggetti che abbiano espletato stabilmente la propria attività lavorativa in Sicilia, non saranno attribuite alla Regione. Egualmente la Regione sarà privata dell’IVA sulle operazioni imponibili il cui presupposto si realizza in Sicilia, ma che, in relazione alla residenza fiscale del soggetto passivo dell’imposta, viene riscossa al di fuori del territorio siciliano”.

“È evidente come, in questo modo”, ha proseguito Lombardo, “la Regione non potrà ottenere le risorse che le sarebbero spettate secondo un lettura lineare del suo statuto. Somme superiori ad un miliardo di euro, indispensabili per fare fronte agli oneri finanziari che deriveranno dal trasferimento alla Regione di nuove, ampie competenze amministrative, in attuazione del disegno federalista costituzionalizzato dallo Statuto siciliano e dalla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione approvata nel 2001.

Ciò che sorprende, nella decisione della Corte, è la sottovalutazione della norma di attuazione dello statuto secondo cui nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche quelle relative a tributi maturati nell’ambito regionale che affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della Regione. La sentenza supera la precedente giurisprudenza costituzionale che ha sempre affermato il criterio del luogo della manifestazione della capacità contributiva del soggetto passivo d’imposta (sentenze nn. 306/2004 e 138/1999).
Certamente, la Regione Siciliana, anche in questa occasione, non può che prestare ossequio alle decisioni della Corte costituzionale, ma non può fare a meno di rilevare la gravità della situazione finanziaria in cui si trova e che è destinata ad aggravarsi in assenza di meccanismi di riequilibrio come quelli prospettati dalla Regione davanti alla Corte”.

Inoltre, il Presidente della Regione ha sottolineato che “nessuna tolleranza deve esistere per gli sprechi e le inefficienza della spesa pubblica regionale che in passato ci sono stati, ma, da tempo la Regione ha intrapreso la strada del risanamento finanziario, del contenimento dei costi, della ricerca dell’efficienza, come dimostrano i lusinghieri risultati ottenuti con l’attuazione del “piano di rientro” in Sanità. Ora che si sta seguendo la difficile via del risanamento finanziario e la scelta univoca a favore dell’efficienza, del merito, della lotta al parassitismo, i siciliani non possono essere oltremodo penalizzati per le scelte dei governanti del passato“.

Senza adeguate risorse c’è il rischio di un aggravamento della crisi finanziaria che attanaglia gran parte dei comuni e rischia di provocare il blocco dei servizi pubblici essenziali. In un periodo in cui la crisi economica globale sta producendo i suoi nefasti effetti sul debole tessuto produttivo siciliano, com’è evidenziato in modo eclatante dalla vicenda della Fiat di Termini Imerese. Una classe dirigente che abbia senso di responsabilità ed abbia a cuore la coesione sociale e la pace interna, dovrebbe affrontare con equilibrio e prudenza questa difficile situazione“.

Infine. il presidente si è rivolto “all’autorevolezza morale e istituzionale del nostro Presidente della Repubblica, affinché, nel suo ruolo di rappresentante e di garante dell’unità nazionale, possa richiamare tutti i soggetti investiti di responsabilità pubbliche a considerare con animo più equanime i problemi del nostro Mezzogiorno ed in particolare della Sicilia, affinché si eviti il rischio, che vedo grandissimo, della disgregazione del Paese e di una conflittualità sociale ingovernabile“.

fonte: Terra e Liberazione