Stati Uniti d’Europa : è ancora valida una risposta alla Costituzione europea?

L’avvenuto allargamento dell’Unione e le ultime iniziative promosse dal senor Barroso hanno riproposto l’attenzione sull’attuale organizzazione istituzionale dell’Europa, la struttura cioè del processo decisionale di un’ associazione che ben presto comprenderà, si immagina, più’ di 29 stati membri.

Quello delle riforme necessarie al funzionamento era stato un tema che aveva coinvolto direttamente le istituzioni e gli organismi dell’Unione che, se ancora oggi appaiono superati dalle esigenze della nuova realtà, avevano comunque bisogno di un’effettiva riforma del loro modo di operare.

Ricordiamo che la convocazione della “famosa” Convenzione sull’avvenire dell’Unione, nel dicembre del 2001, avrebbe dovuto aprire – nello spirito – la strada ad una maggiore integrazione e alla riformulazione del modello di cooperazione tra gli Stati membri. Meccanismo istituzionale non identificato,quella Convenzione avrebbe dovuto realizzare una vecchia illusione: dotare l’Europa di una Costituzione, proposta che “riappariva ogni volta come punto chiave della storia dell’integrazione europea”.

Dobbiamo sottolineare che quella Convenzione non aveva certamente ricevuto mandato per procedere alla revisione dei trattati, ma che,semplicemente, avrebbe dovuto preparare il lavoro dei Capi di Stato e di governo, a monte, lasciando, in altre parole, da un punto di vista strettamente giuridico, le revisione dei trattati fondatori ancora alle strette competenze degli Stati membri. Istituzione ad hoc, quella Convenzione soffriva di un grave virus debilitante e assoluto: la mancanza di legittimità popolare.

In altre parole, quel cenacolo di personalità eminenti non avrebbe potuto mai rivendicare uno statuto d’assemblea costituente, appellativo normalmente riservato alle assemblee specialmente elette a suffragio universale per redigere un progetto di Costituzione, obbligatoriamente sottomesso poi ai cittadini per mezzo del referendum.(La cronaca dei referendum-Copenaghen, Dublino, Parigi- è diventata tormentone poi Storia…)
Inoltre, per quel che riguardava la trasparenza, ad essa non poteva certamente attribuirsi un qualsivoglia principio di legittimità equivalente a quello che invece avrebbe potuto originarsi dal risultato di elezioni, soprattutto perché i dibattiti si erano svolti, in realtà, molto lontano dai popoli. Al di là pero’ di queste osservazioni di natura procedurale, è l’oggetto stesso della Convenzione che si presentava e si presenta, ancor oggi, nonostante il seguito positivo, emblematico.

In realtà, una Costituzione è un atto giuridico di diritto interno che fissa lo statuto di uno Stato, organizzando la separazione dei poteri e proteggendo i diritti fondamentali. Per questo, parlare ancora oggi di “Costituzione Europea” ci sembra sicuramente improprio. La verità impone di dire che, contrariamente a ciò che sostenevano numerosi adepti della costituzionalizzazione dei trattati, dotare l’Europa di una “Costituzione” avrebbe significato trasformare radicalmente questa Unione Europea.

Dal momento infatti che la Costituzione genera lo Stato, una Costituzione Europea avrebbe dovuto dare vita ad uno “Stato” europeo, il quale avrebbe adottato, in un secondo momento, il suo sistema d’organizzazione interna.

Parliamoci chiaro: si trattava a questo punto, né più né meno, dell’ istituzione di un nuovo organo giuridico che si sarebbe poi imposto come tale agli ordini giuridici nazionali. Aggiungiamo che è falso sostenere, come avevano fanno alcuni, che tale Federazione europea avrebbe potuto prendere l’aspetto di una “Federazione di stati-nazione”.

Questa espressione che non corrisponde a nessuna realtà, appariva piuttosto una strana costruzione mentale che cercava inutilmente di dissimulare il fatto che la costruzione dello Stato federale europeo avrebbe rappresentato lo stadio finale di una costruzione che riposava su una pericolosa utopia – la fine delle nazioni – e su una dubbia promessa – l’avvento di un aldilà della democrazia, d’una democrazia messa al riparo dai sentimenti popolari, d’una democrazia che, in questo modo, sarebbe stata la singolare negazione di se stessa.

La nazione, che costituisce da diversi secoli il solo quadro d’esistenza politica legittimo, veniva condannata due volte. Condannata moralmente, a causa delle guerre che aveva provocato; condannata storicamente, a causa della mondializzazione cioè dall’uniformizzazione ineluttabile, irreversibile e irresistibile dei modi di produzione e di consumo.
Diventati entità sorpassate, nella misura in cui, secondo la tesi ufficiale, “I progressi della mondializzazione hanno fatto dell’interdipendenza un principio attivo del gioco internazionale che contraddice direttamente l’idea stessa della sovranità”, gli Stati-nazione sarebbero stati “invitati” a uscire dalla scena della Storia, e la nostra buona vecchia democrazia a proiettarsi con entusiasmo, come richiede la modernità, nell’incognito del post-nazionale.

Colpisce, tuttavia, vedere quanta poca attenzione era stata accordata dalla vulgata europeista allo statuto di un protagonista costantemente definito come essenziale nel processo comunitario: il popolo.
L’atto costituente, in una democrazia, dovrebbe essere elaborato secondo una procedura specifica che prevede prioritariamente il ricorso al popolo, unico titolare del potere costituente. In linea logica sarebbe stato dunque normale che la “Costituzione europea” fosse stata adottata unanimemente e senza alchimie varie (vs. )dal popolo europeo. Ma, ecco il problema: il popolo europeo non esiste!
L’Europa è composta da diversi popoli e non da un solo popolo perfettamente omogeneo. Certo, gli Europei hanno alcuni valori comuni e condividono alcuni principi fondamentali, ma hanno anche delle tradizioni storiche e politiche differenti, le quali, a volte, fanno affiorare interessi divergenti.

Una Costituzione, in vero, presuppone l’esistenza di un popolo cosciente della sua esistenza politica, vale a dire della sua unità. In quanto espressione di una volontà politica, una Costituzione costituisce l’atto attraverso il quale la Nazione, il popolo in quanto insieme, accede alla sua indipendenza costituendosi in Stato, persona giuridica e elemento della volontà della nazione.

Ripensare a questo punto all’avvenuta adozione, secondo modalità che sono rimaste peraltro estremamente oscure, della “Costituzione Europea” non avrebbe avuto allora né avrebbe ora il benché minimo senso. Per il momento, così come era stata formulata, l’idea di “Costituzione” europea era semplicemente rivelatrice di una certa concezione burocratica della costruzione comunitaria.
Bruxelles voleva la sua “Costituzione”, ma si trattava solo di una “Costituzione” fittizia, in tutti i casi incapace di fornire un vero e proprio statuto politico a questa Federazione europea nella quale il potere, usurpato al popolo, era ed è ancora esercitato da impiegati pubblici e da tecnocrati, i quali, una volta affrancati dagli Stati, dalle Nazioni e dai popoli, hanno le piena libertà di agire come vogliono.

Dietro i propositi dei federalisti europei, oggi ormai egemoni, si profilava e si è disegnata oggi un’Europa dove la politica ha definitivamente abdicato i propri diritti a favore di un’oligarchia anonima e irresponsabile; un’Europa dove solo una casta di privilegiati decide l’avvenire dei popoli; un’Europa “fredda che agisce freddamente”.

Oggi,” nell’andare riformando dei padri fondatori”, l’idea di una Costituzione, pur banalizzata nella sua adozione, è divenuta effettiva pur se subliminale e silente; noi restiamo attaccati alla metafora del troppo presto dimenticato André Malraux nella tentazione dell’Occidente:
“L’Europa evoca pochi fantasmi belli e…. curiosità ostile. II suo presente ci attira più della cornice spezzata del suo passato… ”

Eugenio Preta