Storie di ordinario colonialismo energetico mediterraneo

Riflessioni a margine di alcuni fatti di cronaca

La cronaca di questi giorni pasquali è un susseguirsi di fatti apparentemente non collegati tra di loro, ma in realtà strettamente legati tutti dalla infelice condizione politica alla quale la Sicilia è legata.

Li elenchiamo subito, senza alcun commento preliminare:

  • “gira” una proposta di modifica dello Statuto volta ad attribuire direttamente alla Regione, e non piú allo Stato, le imposte di fabbricazione (le famose “accise petrolifere”) di cui al secondo comma dell’art. 36;
  • “gira” parimenti la notizia che a largo di Ragusa e di Pantelleria gli americani sono pronti a trivellare il trivellabile, con tanto di permesso dello Stato italiano, con le accise piú basse del mondo e delle quali non un centesimo va alla Sicilia perché a quanto pare le acque territoriali della Sicilia sono “italiane” quando ci sono soldi da prendere e “siciliane” quando ci sono spese da sostenere;
  • la guerra contro il regime libico di Gheddafi scivola sempre piú verso un intervento diretto dell’Occidente volto a “risolvere il problema”, visto che gli insorti “sparacchiano davanti alle telecamere” come dice Luttwak, e in questo – ovviamente – la base logistica di tutti, (italiani compresi?) sarà la “portaerei siciliana”, casa nostra va’…;
  • “Libero” attribuisce piú del dovuto al presidente Lombardo propositi separatisti, ma soprattutto svela ai Padani che i Siciliani sono “l’eccezione” rispetto al Mezzogiorno, perché hanno in mano la chiave che spegne il motore energetico dell’Italia, lasciando soprattutto sorpresi i siciliani ascari che a questa uscita ci sono rimasti proprio male e increduli;
  • sabato pomeriggio prossimo, a Catania, un movimento apartitico di cittadini, “La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto”, sfilerà a partire da Piazza Università e fino al Palazzo ex Esa della Regione per chiedere nientemeno al presidente della Regione che intenzioni ha per fare finalmente applicare lo Statuto siciliano dopo 65 anni (Miih! E chi c’è dietro? Dicono quelli abituati evidentemente a non fare nulla se non hanno qualcuno alle spalle, magari stando piegati a 90 °…).

Devo proprio metterli insieme questi fatti? O non si mettono piuttosto insieme da soli? Scusate l’irruenza ma di fronte a tutto ciò l’incazzatura è d’obbligo, soprattutto verso alcuni miei concittadini, piú che verso i “tinti furasteri” che ci sfruttano, e fanno bene, perché molti di noi non chiedono di meglio.

Insomma, da un lato chiediamo un ampliamento dei confini dell’autonomia statutaria per aggirare una giurisprudenza costituzionale illegittima e nemica, e dall’altro chiediamo che lo Statuto finalmente si applichi. E mi chiedo: ma aumentando i margini dell’autonomia statutaria cambierà qualcosa? Se non hanno applicato quel che già c’è perché dovrebbero applicare qualcosa in più?

Il problema – come al solito – non è giuridico ma politico, economico, storico. Il problema è che nella sostanza la Sicilia non è affatto una regione d’Italia ma un possedimento coloniale, per di piú – a quanto pare – in joint venture con europei e americani. Vogliamo ancora negarlo? Dicono gli psicologi che la “rimozione” aiuti a vivere meglio certi drammi, chissà…

Posso “camurriare” i lettori con la lettura di un passo della Costituzione? L’art. 119 dice che “le Regioni [anche la nostra? o siamo speciali in negativo, al contrario?]…dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio”, e, piú avanti, che “le risorse di cui ai precedenti commi [tra cui quindi anche le suddette compartecipazioni] consentono … alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni loro attribuite”. E fin qui questo vale per tutti.

Ma…ma in Sicilia i tributi erariali sono solo tre (gli altri in teoria sono già tutti regionali), tra i quali le famose accise e nello stesso tempo (art. 20) tutte le funzioni statali, anche quelle soggette a legislazione dello Stato, dovrebbero essere devolute alla Regione.

Il combinato disposto di Costituzione e Statuto ha un solo significato: la Regione si fa carico di tutto, con la sola esclusione implicita di esteri e difesa, e in cambio lo Stato dà alla Regione tutto quello che incassa in Sicilia di gettito erariale; se avanza qualcosa dopo il “finanziamento integrale” allora si può devolvere allo Stato. Chiaro?
Non ci sarebbe quindi bisogno di modificare un tubo per avere le famose accise. Ci spettano già.

Il risultato è quello di cui parla Libero: la Sicilia fa cantare e ballare l’Italia intera e, quel che le darebbe ancora sarebbe un “regalo” che faremmo ai nostri concittadini della Penisola per il solo piacere di essere loro concittadini. Altro che mantenuti…altro che default della Regione e dei Comuni… quelli ci sono solo per le rapine peninsulari sulla Sicilia!

Vogliamo comunque attrarre ai tributi propri anche le accise, facendole passare dal 2° comma dell’art. 36 (tributi erariali che poi si possono/devono devolvere anche con compartecipazioni parziali) al 1° comma dello stesso articolo (tributi propri in tutti i sensi), così si supera definitivamente la giurisprudenza ostile della suprema corte? E perché no? Purché sia solo questa la modifica allo Statuto e purché la Sicilia in cambio si faccia carico di tutta la spesa statale in Sicilia, altrimenti c’è il rischio che “questi” con i soldi si turino le falle di sanità, enti locali e formazione e con ciò che avanza assumano altri 10.000 precari…

Ma – parliamoci chiaro – in questo caso la vera partita da giocare è che la Sicilia torni o meglio diventi finalmente padrona delle risorse energetiche che si trovano nel suo suolo e nelle acque circostanti. E allora la trattativa Sicilia-Italia dev’essere prima a tutto campo su questo fronte, senza infingimenti di sorta: da ora in poi l’Italia “compartecipa” delle nostre fonti energetiche e non ne è più padrona assoluta. Siamo pronti tutti i Siciliani a stringerci intorno al nostro governo in nome della nostra Terra? Qualche dubbio, solo a leggere qualche commento siculofobo sul web, mi pare lecito.

E allora si scriva pure che è trasferita alla Sicilia ogni competenza sulle acque territoriali e non solo sul demanio marittimo prospiciente la costa. In mancanza ci dovremo sorbire la solita giurisprudenza che ci ha attribuito la gestione delle acque territoriali (e quindi il lavoro per dare concessioni di pesca e altre rogne) … con la sola esclusione (ma vaa?) delle “fonti di energia” che restano “nazionali”, cioè in pratica non nostre!

Siamo noi, e solo noi, che dobbiamo decidere se fare trivellazioni off shore o no, e se malauguratamente le dovessimo fare, il gettito dev’essere esclusivamente nostro! Non posso leggere che, adeguando le royalties a quelle richieste dalla Libia o dalla Russia, o dalla stessa Alaska, lo stato italiano si toglierebbe in un anno un quarto dell’intero debito. Spero che si tratti di conti giornalistici errati, perché se fossero veri, attribuendo anche solo la metà di questo gettito alla Sicilia diventeremmo in un anno la regione più ricca d’Europa, azzereremmo il debito di regioni ed enti locali, stabilizzeremmo tutti i precari, ci doteremmo delle migliori sanità, scuola e università del Mediterraneo intero e così via.

Ma i siciliani non lo sanno, e forse non vogliono neanche saperlo. La sera si buttano stanchi sul divano di casa e tifano per Silvio o per Di Pietro…e se proprio gli parli di Sicilia sanno solo inveire contro tutto ciò che è siciliano, Ars, Governo, Presidente, con un sano qualunquismo al quale TV e giornali li hanno preventivamente e accuratamente educati… Dimenticando che un pelo del nostro Vicepresidente della Regione vale più di tutti i “responsabili” messi insieme, siculi e non.

E la Libia che c’entra in tutto questo? Perché l’ho tirata pure in ballo?

C’entra, c’entra, eccome… Anche quella è “partita energetica”, è “imperialismo”.

Sgombriamo subito il campo da ogni idiota simpatia per l’orrido regime totalitario della Jamahiria con cui non pochi “anticapitalisti” da salotto si trastullano. E sgombriamolo pure dalle sordide solidarietà che una parte del nostro mondo politico e imprenditoriale, soprattutto a Nord, ha mostrato inequivocabili in queste settimane.

Quando c’è un popolo che chiede libertà si deve stare sempre dalla parte della libertà, sempre. Ma “stare” significa riconoscere, dare soldi, anche dare armi, consiglieri militari, oppure significa anche fare la rivoluzione per loro?

La libertà è un valore sacro che – quando serve – si conquista col sangue, ma con quello proprio, non con quello degli altri. Nessuno può essere il giustiziere del mondo, e se gli oppositori non ce la fanno, o “sparacchiano” come dice Luttwak, a un certo punto peggio per loro. Nostro dovere è quello di riconoscere i governi che ci sono, non sostituirli con quelli che ci piacciono. Se non ci piacciono ci sono le sanzioni, ci sono mille tipi di pressioni internazionali, che senso ha sganciare bombe sulla popolazione civile per “portare la libertà”? E perché non in Siria? E perché non a Gaza, dai, armiamoci e partite!

Il vero fatto è che, con la scusa di una “vera” (lo sottolineo) rivoluzione libertaria e democratica, i paesi occidentali si stanno avventando contro la Libia in una sporca guerra coloniale per il petrolio. E a un certo punto la facciano pure. Neanche con loro possiamo atteggiarci a giustizieri del mondo. Il mio sogno è del resto una Sicilia smilitarizzata e neutrale al centro del Mediterraneo.

Ma noi che c’entriamo? Chi ha dato loro le nostri chiavi di casa? Chi ha consentito loro di chiuderci l’aeroporto di Trapani? L’Italia, sovrana di carta sulla Sicilia, è forte con noi, ma debole, debolissima nei confronti dei burattinai occidentali, nei cui confronti anche il Presidente della Repubblica si inchina ossequioso, come nei confronti di un’Europa che appare ogni giorno di piú solo un’invenzione di avidi banchieri che nulla ha a che fare con le aspirazione di pace e fratellanza dei popoli europei del Dopoguerra che ci hanno venduto per decenni.

Se alzeremo il passaggio a livello, se gli regaleremo casa nostra, uno di quei banchieri, ma di nazionalità italiana, diventerà Governatore della Banca Centrale Europea. Pensa che sogno…pensate che siamo fortunati.

E se il Governo e il Parlamento della Regione buttassero tutti fuori? Via gli Americani, i Francesi e … gli Italiani dalla Sicilia! La Sicilia sia smilitarizzata e difesa solo da armi convenzionali italiane come era previsto dal Trattato di Parigi. Che farebbero? Pagherebbero un killer per far fare al nostro presidente la fine di Kennedy? Chissà,…

E allora Siciliani state zitti. A voi il disagio dei profughi, l’inquinamento delle trivelle americane, il disprezzo continuo dei leghisti, all’Italia le briciole del gettito tributario, agli Americani e ai Francesi tutto il resto.

Ma cosa dissero i nostri antenati dei Francesi nel 1282? Non ce lo ricordiamo più?

Sono un po’ sopra le righe? Forse sì, ma oggi chiedo venia ai lettori. Sono davvero “incazzato”, coi siciliani soprattutto.

Massimo Costa