Il “Comitato” chiede le dimissioni del Prof. Pitruzzella

Il Comitato “La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto” prende atto della recente scandalosa affermazione del Prof. Pitruzzella, Presidente della Commissione Paritetica Stato-Regione, secondo la quale sarebbe la Regione Siciliana e non lo Stato italiano a non volere l’applicazione integrale dello Statuto Speciale della Regione medesima, adducendo a fondamento di questa illazione non meglio precisate stime della Ragioneria generale dello Stato secondo le quali da un’applicazione integrale dello Statuto la Regione perderebbe circa 4 miliardi l’anno di mancato gettito o di maggiori spese.

L’affermazione è grave e scandalosa per le seguenti ragioni.

In più occasioni il Prof. Pitruzzella ha fatto esternazioni in cui ha semplicemente ignorato lo Statuto Speciale della Sicilia e le ragioni della Sicilia, facendo in tal modo opera di disinformazione sistematica, tanto più grave quanto più questa proviene da un ordinario di diritto costituzionale.

L’applicazione dello Statuto speciale della Sicilia è un DOVERE, per lo Stato e per i suoi organi, tra i quali la Commissione presieduta dal suddetto Pitruzzella, ai quali non competono invece stravaganti valutazioni di opportunità sull’applicazione di un dettato costituzionale.

Le cifre “sciorinate” nel corso della conferenza rappresentano ad evidenza il punto di vista unilaterale degli organi finanziari centrali dello Stato italiano, i quali hanno ad interesse strutturale quello di limitare al massimo le risorse da devolvere alla periferia. La Ragioneria generale dello Stato è un organo tecnico e non un organo politico. Ad essa non competono valutazioni politiche di opportunità e, essendo gerarchicamente sottoposta all’autorità del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, noto per le sue posizioni pregiudizialmente antimeridionali, potrebbe essere stata indotta a fornire le informazioni che servono ad un uso politico delle stesse.

Le cifre in parola non sono suffragate da alcuno studio pubblicato, anche nei suoi aspetti metodologici, che possa essere sottoposto al vaglio di studiosi indipendenti. Esso appare un numero puro, calcolato, quando mai calcolo ci sia stato, sulla base di interpretazioni distorte dello Statuto siciliano, grazie alle quali può mantenere parte rilevante delle entrate i cui presupposti si formano in Sicilia, scaricando al contempo la totalità delle spese pubbliche sulla Regione.

Il Prof. Pitruzzella attribuisce alla Regione una volontà di inapplicazione dello Statuto che richiede quanto meno una smentita ufficiale da parte dell’attuale Governo della Regione, anche perché l’Assessore regionale all’Economia, Prof. Gaetano Armao, ha sinora rilasciato dichiarazioni di segno completamente opposto. Appare probabile soltanto che la Regione, correttamente, opponga resistenza ad un tentativo dissennato e lesivo dell’unità nazionale di deprivare la stessa di risorse vitali proprio con il pretesto dell’attuazione dello Statuto.

Se fossero vere le affermazioni del Prof. Pitruzzella, saremmo in presenza di uno Stato che non mette tra i propri obiettivi l’attuazione della Costituzione, di cui lo Statuto è parte integrante, e che quindi anziché lavorare per garantire alla Sicilia equilibrio nei propri conti finanziari, lavorerebbe per asfissiarla finanziariamente, configurando in tal modo attentato alla Costituzione.

Lo Stato, rappresentato nella Commissione Paritetica anche dal Prof. Pitruzzella, ha il dovere istituzionale di attuare lo Statuto, non di lavorare nell’interesse dell’amministrazione centrale e contro le autonomie, in particolar modo quelle speciali.

Lo Statuto va applicato integralmente, ma la sua applicazione integrale non può essere disgiunta dai principi generali dell’ordinamento costituzionale, quali le perequazioni per le regioni a minor capacità di reddito e le compartecipazioni ai tributi erariali previste dall’art. 117 della Costituzione.

Se la Regione, ai sensi dell’articolo 20 del proprio Statuto, si fa carico della totalità delle spese statali in Sicilia, compresi i trasferimenti agli enti locali ed escluse solo le spese militari, ha pertanto diritto ad una quota di compartecipazione sui pochi tributi erariali vigenti in Sicilia (imposte di fabbricazione, entrate da giochi e scommesse, monopoli) pari alla copertura di queste spese. E, come è noto, il gettito di questi tributi dalla Sicilia supera i 10 miliardi l’anno. I calcoli, se mai calcoli ci sono, sono invece a “compartecipazione zero”, e quindi completamente falsi e tendenziosi.

Il Fondo di compensazione di cui all’articolo 117, volto a compensare le minori capacità di reddito della Sicilia, e il Fondo di Solidarietà Nazionale, volto a recuperare il Gap infrastrutturale, sono rinnegati dallo Stato in questi calcoli. La Sicilia è forse in condizione di rifiutare queste compensazioni, ma si ricordi che in tal modo viene meno la leale collaborazione tra le amministrazioni pubbliche e la solidarietà statale che giustifica l’appartenenza ad un comune stato. Si consideri che in tal modo sarebbe lo Stato, e non la Sicilia, a rompere l’unità nazionale, non esistendo al mondo civile alcun paese in cui le regioni a minor capacità contributiva siano contribuenti nette rispetto all’amministrazione centrale.

Il ragionamento del Prof. Pitruzzella è anche logicamente inconsistente. Se oggi la Sicilia ricevesse davvero 4 miliardi in più di quel che le spetta, lo Stato non sosterrebbe nessun nuovo costo se facesse applicare lo Statuto e transitoriamente le desse ancora quei quattro miliardi l’anno con un percorso pluriennale di progressiva dismissione dello stesso trasferimento per dare il tempo alla Sicilia di rendersi finanziariamente autosufficiente e di recuperare i propri sprechi e le proprie sovrabbondanze di personale pubblico che la politica statale ha avallato in tutti questi decenni. Pare invece, dal tenore di questo intervento, che lo Stato preferisca “ricattare” la Sicilia, tenendola al laccio delle elemosine dei propri trasferimenti, e preferendo continuare in futuro a rimetterci finanziariamente pur di non dare ai Siciliani l’autogoverno che gli stessi si sono conquistati da soli e che finora è stato proditoriamente negato loro. Se fosse vero, questo fatto sarebbe gravissimo; lo ripetiamo: uno Stato che preferisce perdere risorse pur di mantenere centralizzata a Roma ogni decisione di rilievo sul nostro futuro economico.

Cui prodest? Alla Sicilia? Lo fanno solo per noi? Non è credibile, visto che il sottosviluppo è figlio proprio di quel centralismo che a parole, con le riforme federaliste, si vuole rimuovere, e considerato che in ogni caso la Costituzione riconosce la nostra Autonomia e quindi dispone diversamente da questo orientamento.

E pertanto, avvalorando e divulgando calcoli tendenziosi e infondati, il Prof. Pitruzzella sposa gli interessi deviati di una parte politica e di amministrazione dello Stato che, andando contro lo stesso interesse di coesione nazionale, va contro lo Stato e la sua Costituzione.

Ma appare ancora più odioso e intollerabile che questo ruolo di carnefice della Sicilia e dei suoi diritti costituzionali venga affidato ad un nostro stesso concittadino, per di più investito di una funzione che istituzionalmente lo preporrebbe proprio all’applicazione di quella Costituzione Regionale di cui, per 65 anni, la Sicilia è stata finora defraudata.

Per questa ragione il Comitato chiede le immediate dimissioni del suddetto Pitruzzella da un organo che, ad evidenza, non è più in grado di presiedere serenamente e del quale non può nemmeno fare parte senza arrecare grave pregiudizio agli interessi della Sicilia e, quindi, anche dell’Italia di cui, almeno in linea di principio, la prima dovrebbe fare parte.

Santo Trovato