30 Aprile, Catania. La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto.

La manifestazione per chiedere l’applicazione integrale dello Statuto Speciale Siciliano giunge anche a Catania, dopo aver riscosso molto successo lo scorso 30 ottobre a Palermo.

Nel silenzio più totale dei media e tra la sorpresa della gente si è svolta giorno 30 Aprile a Catania la manifestazione “La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto”. Bandiere della Sicilia, striscioni recanti la scritta “ANTUDO” (ANimus TUus DOminus, “il coraggio è il tuo padrone”, urlo di rivolta del Vespro Siciliano), vessilli giganti della Trinacria e bandiere dell’E.V.I.S. hanno invaso via Etnea tra lo stupore dei passanti che ammiravano incuriositi. «Ma chi sta succidennu la Rivuluzzioni?» si chiedeva un anziano al momento del passaggio del corteo che avanzava fiero al grido di «Sicilia! Sicilia!». Ed un altro quasi ironicamente: «Ma oggi chi è la festa dâ Sicilia?». Altri più cauti: «Ma chi succedi? La Sicilia chi trasìu ‘n guerra?». Ma niente di tutto questo, anche se sul fatto che la Sicilia non sia effettivamente in guerra sono poco convinto.

La verità su quella inusuale manifestazione è un’altra: i Siciliani sono stanchi di non veder rispettati i propri diritti, sono stanchi di essere relegati a regione meridionale estrema a nord dell’Africa e non essere considerati di diritto come centro del Mediterraneo e culla di civiltà come la storia ci insegna che meriterebbe. I Siciliani, per l’esattezza i Siciliani per lo Statuto, sono stanchi di vedere la propria terra e le proprie risorse in mano alla mafia, una mafia vista non esclusivamente come “colpa” dei Siciliani, malattia endemica di questa isola, ma come strumento d’oppressione colonialista adoperato dalla politica italiana per sottomettere e tenere in scacco con il sistema clientelistico il Popolo Siciliano e del Sud Italia. Non che i politici siciliani siano estranei a questo disegno, ma anzi su di loro ricadono le maggiori colpe di questo persistente clima. Perchè parlo di colonialismo? Perchè la Sicilia dovrebbe avere propri diritti e leggi, una propria autonomia, propri fondi, una propria mini-costituzione che le consentirebbe di essere quasi indipendente ed invece dorme, ma non in un sonno benefico e ristorativo ma terminale e da cui sembra difficile vederne un miracoloso risveglio con l’attuale medicina. Avete mai sentito parlare di Statuto Speciale?

Tutti sicuramente sanno che la Sicilia è una Regione a Statuto Speciale, per l’esattezza una delle cinque regioni italiane a statuto speciale insieme alla Sardegna, alla Valle d’Aosta, al Friuli ed al Trentino-Alto Adige (anche se ormai quest’ultima è diventata nei fatti un’unione di due province autonome), ma in pochi sanno in cosa consiste effettivamente questo Statuto Speciale e quale è stato il processo storico che lo ha portato alla nascita. Non tutti sanno, perchè purtroppo la storia in Italia si studia con uno scarsissimo apporto critico e come storia dei vincitori che impongono una ben precisa versione dei fatti, che dopo e durante la Seconda Guerra Mondiale in Sicilia erano attivi il M.I.S. (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, che all’epoca contava cinquecentomila iscritti ed era il partito più forte dell’isola, dichiarato illegale con il ritorno al potere degli italiani col governo Badoglio) ed il suo braccio armato l’E.V.I.S. (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, fondato dal professore Antonio Canepa ed unica organizzazione che in Sicilia si rese artefice di operazioni belliche di stampo partigiano ai danni di truppe tedesche, fasciste e regie). Perchè dico tutto questo? Perchè lo Statuto Speciale Siciliano fu approvato il 15 maggio 1946, ancora prima del referendum che scegliesse quale doveva essere la nuova forma di governo dell’Italia, come un patto paritario tra il Re e (sintiti, sintiti!) il Popolo Siciliano in armi. Solo grazie alla concessione dello Statuto in Sicilia ebbero fine i combattimenti tra l’E.V.I.S. ed il Regio Esercito. Il problema è però che a causa dei vari ascari siciliani e della complicità dello Stato Italiano lo Statuto non è stato mai integralmente attuato ed è stato limitato nelle sue enormi potenzialità dai ripetuti malgoverni isolani.

Lo Statuto è un grande strumento a disposizione dei Siciliani, grazie alla presenza all’Assemblea Costituente di alcuni membri del M.I.S. regolarmente eletti fu possibile renderlo parte integrale della Costituzione Italiana ed ancora oggi è incluso e quindi soggetto allo stesso iter burocratico, ove si richiedessero eventuali modifiche.

La manifestazione “La Sicilia e i Siciliani per lo Statuto” che si è svolta sabato 30 aprile è nata come richiesta di un diritto essenziale del Popolo Siciliano, quello di potersi costruire un futuro nel rispetto delle proprie leggi e nella propria terra, il diritto dei Siciliani a non essere obbligati ad emigrare per realizzarsi come individui di una società e uno Stato in crisi che vede nell’allontanamento dalla propria terra l’unica speranza per i giovani e non. Questa manifestazione è nata su internet, come continuazione di un’altra manifestazione svoltasi il 30 ottobre a Palermo, i partecipanti sono giunti da tutti la Sicilia, tra di loro tantissime donne, in una percentuale del 60%, ed anche molti universitari catanesi, in particolare dalle Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e Lettere e Filosofia, che rappresentano il volto nuovo di questa terra, quello che veramente ci crede e combatte per un futuro tra la propria gente e non in fredde ed inquinate città del nord. Di chi è la colpa di tutto questo? Ma dei social network, naturalmente. Facebook, strumento visto dalle generazioni che ci hanno anticipato come realtà estraniante e banale, ha permesso nel suo speciale dono della condivisione una circolazione di informazioni che hanno permesso forme di aggregazione altrimenti impossibili con i normali mezzi di comunicazione che relegano il cittadino in un ruolo passivo e consenziente a tutto. Dalla creazione dell’evento (subito dopo la manifestazione di Palermo) si è subito creato fermento, scambio di opinioni, idee, battute e progetti. Ne è nato un Comitato Organizzativo che è riuscito a raggiungere i tre angoli della Sicilia e riunire persone che non hanno esitato per partecipare alla manifestazione a “sottomersi” a tre-quattro ore di oblio sulle autostrade siciliane (chiamiamole così, ma nei fatti sono trazzere di cui tra poco saremo costretti a pagare il pedaggio se non ci mobiliteremo in massa…).

Da un nulla virtuale si è giunti ad una manifestazione reale, una delle poche nella storia della Sicilia dal dopoguerra ad oggi che ha visto reclamare dai suoi abitanti non lavoro, non ricchezza, non giustizia, ma una cosa più essenziale, alla base della vita democratica di ogni paese e che comprende tutte e tre le cose precedenti, il Diritto. Quel Diritto negato ai Siciliani di vedere applicato integralmente il proprio Statuto, che gli consentirebbe di ritornare a sognare una vita normale, un’economia più animata ed investire nuove risorse sul territorio, occuparsi con più attenzione all’istruzione e ridurre notevolmente la disoccupazione. Quel diritto che si chiede non portando bandiere e simboli di partiti e movimenti politici, ma mettendo in primo piano l’unico vero ed antichissimo simbolo di questa terra, la Trinacria al centro della quasi millenaria bandiera giallo-rossa del Vespro, la prima rivoluzione popolare della storia. Per paradosso, il primo Popolo che storicamente si ribellò adesso da molti che hanno dimenticato la propria storia non è neanche considerato tale ed anzi è ritenuto come un qualcosa di inferiore da relegare a regionale o dialettale, se non a mero insignificante folklore.

Secondo lo Statuto Speciale la Sicilia ha competenza esclusiva sulle proprie risorse minerarie, quindi anche sul petrolio, di cui raffina il 40% del fabbisogno italiano, di cui ne estrae dalla propria terra il 20% del fabbisogno italiano, ricevendo in cambio cosa? Infiniti fondi da investire per eliminare il divario tra nord e sud? Ma quali! Altissime percentuali di sviluppo di malattie cancerogene nella zona di Priolo Gargallo e delle altre aree industriali siciliane, in cambio di pochi posti di lavoro, tutt’altro che salubri per costruirsi un futuro degno in questa terra. Pur avendo competenza esclusiva la Sicilia non riceve un solo soldo dalla raffinazione e dall’estrazione del petrolio, nemmeno le miserevoli royalties che incassa lo Stato Italiano alla facciazza di coloro che ne pagano le conseguenze ambientali e che, da sole, pur nella propria irrisoria percentuale, porterebbero nelle tasche della Regione Siciliana oltre 6 miliardi di euro che potrebbero essere investiti per migliorare il nostro scarsissimo sistema di trasporti, la nostra istruzione potrebbe ricevere grandi aiuti e infischiarsene dei tagli della Gelmini, si potrebbero creare nuove occasioni di sviluppo e limitare il triste fenomeno dell’emigrazione forzata dei nostri giovani che non ci mette sicuramente l’ottimismo quando prepariamo un esame. Si parla quotidianamente di tunisini che sbarcano a Lampedusa, ma non di Siciliani, Calabresi e Napoletani costretti ad emigrare al nord ed all’estero (nel migliore dei casi) per costruirsi un futuro da sé, un futuro che la propria terra purtroppo non è stata in grado di dargli nonostante la volontà che non manca, le fatiche sopportate nel silenzio e gli studi snervanti che spesso di vien la voglia di abbandonare, viste le rosee prospettive. L’emigrazione dei Siciliani e degli abitanti del Sud è ormai una cosa normale, non ci facciamo più nemmeno caso: i terroni devono essere costretti a bussare dai polentoni se vogliono mangiare. Non pensate sia un nostro diritto impedire in qualche modo questa tendenza?

La manifestazione partita sabato da Piazza Università ci ha provato e lo ha chiesto a gran voce Lina La Matina che la guidava con le sue bellissime poesie in siciliano recitato col megafono, il corteo ha proseguito il suo cammino per Via Etnea (incrociandosi all’altezza della Villa Bellini con l’altrettanto giustissimo corteo del “No Mafia Day”), continuando poi per Via Argentina e Via Beato Bernardo, sino al Palazzo della Regione, dove si è fermato, scortato dalle forze dell’ordine, per una forma pacifica di protesta e per la lettura di un appello. In seguito una delegazione di organizzatori ha voluto consegnare lo stesso appello letto al Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, che per l’occasione (ahimé!) non era presente in quanto all’Assemblea Regionale Siciliana si sta discutendo sulla finanziaria.

L’appello è stato tuttavia consegnato all’Ufficio della Presidenza nella speranza di suscitare nei nostri amministratori un maggiore interesse nei confronti della nostra terra e di limitarne quello verso i propri singoli affari, che una volta tanto possono aspettare. La speranza è che, come di solito avviene in queste occasioni, non facciano orecchie da mercante questi politici e reclamino effettivamente i nostri diritti, che finalmente si muovino, perchè già i Siciliani dal basso e dalla rete hanno iniziato a svegliarsi dal lungo sonno. Se i nostri deputati regionali non sono stati eletti a questo scopo, allora per cosa?

Giuseppe Coniglione

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