La Festa è finita

logo_laltrasiciliaCon i risultati delle recenti elezioni amministrative e ancora di più con quelli registrati nel primo turno elettorale svoltosi in Sicilia, ci sembra essere giunti alla fine di un ciclo; un percorso politico che aveva fatto intravedere un rinnovamento, un modo nuovo di vedere la politica finalmente senza gli ostruzionismi e i distinguo che la sinistra era solita frapporre per mettere fuori gioco qualunque proposta minasse proprio quelle rendite di posizione che le avevano consentito di occupare giornali, tv, letteratura, persino la cultura, la società in generale.

Il profeta del rinnovamento, non solo a noi, ma a più della metà degli italiani era sembrato Berlusconi, purtroppo non da solo, (sarebbe stato meglio) ma accompagnato da una folla di mercanti riciclati provenienti da sinistra e da destra che, alla fine, ne hanno decretato il tramonto.

E della differenza tra chi cercava di manifestare idee di rinnovamento e chi invece, paradossalmente progressista, restava legato al vecchio, ce ne siamo accorti nei talk show, nelle interviste e nelle prese di posizione che hanno fatto oggetto di dibattito. Questi, poco convinti, veramente scarsi e poca cosa, rispetto alle ragioni che i pseudo progressisti riuscivano invece a veicolare, esposte con convinzione come fossero verità inconfutabili.

La prova lampante dell’abbandono l’abbiamo avuta esplorando i gazebo alla vigilia del 2° turno delle amministrative a Milano: quelli di Pisapia affollati, rumorosi, colorati, quelli del Pdl ancora chiusi, ed era quasi mezzogiorno. Siamo oggi convinti che non è l’uomo che fallisce ma la corte dei miracoli che lo circonda.

Abbiamo conosciuto gli uomini di Silvio in Europa e ne abbiamo riportato impressione confermata di incapacità e di poca convinzione. Vivevano alla giornata curandosi l’orticello personale piuttosto che portare avanti un progetto politico generale che riflettesse, com’era opportuno, la voglia di cambiamento che doveva iniziare dall’occupazione di tutti i gangli delle istituzioni. Perennemente in lite tra di loro, sono riusciti oggi nell’impresa di consegnare alla sinistra, democratica o no, le avanguardie del potere.

E come avverrà in Italia, oggi nelle istituzioni gli uomini di sinistra vengono collocati nei punti nevralgici e decisionali, in attesa di chiudere il cerchio quando anche l’autorità politica sarà cambiata. Se i berluscones non sono riusciti a capire questo, che possiamo fare noi?

Immaginiamo come avrebbe potuto vincere a Milano il decotto Pisapia, se di fronte non avesse avuto una nullità piena di soldi ma vuota di idee e di convinzioni. Una strada in discesa purtroppo per chi veicola idee vecchie e partigiane, con buona pace del Silvio che aveva creduto che mettere il suo nome avrebbe significato vittoria e avrebbe evitato a Formigoni e i ciellini, a Bossi e La Russa di fare campagna elettorale.

Siamo convinti che il Berlusca sia il meno peggio in circolazione, pero’, e questo sito ne è testimone, abbiamo sempre denunziato il sistema che lui è riuscito a mettere in opera, la cosiddetta “quadra”.
Ci spieghiamo: tutto inizia dall’approvazione del sistema elettorale, non più aperto al pluripartitismo (che, dicono, impedisce di governare…) ma chiuso a due blocchi (quanto coesi nel loro interno è sotto gli occhi di tutti) con le famigerate liste bloccat , vero passe-partout per costruire la casta dirigent , una classe politica fatta non dal merito ma dal legame di amicizia col capo. Una casta che si divide i posti in parlamento, in senato, nelle aziende statali, negli organi decisionali, lasciando il popolo fuori dalla porta, abilitato solo a guardare.

Abbiamo denunziato il sistema berlusconiano che ha messo in posti importanti di decisione vere nullità, Minetti o Moratti, ha mandato in Europa a presidiare gli interessi nazionali Mauro, Bonsignore, Renzulli o Iva Zanicchi, riesce a creare miti come Santoro o ballaro’, emilio fede o lele mora: basta essere introdotto da un amico e, meglio se donna e ….ficona, e le porte del paradiso ti vengono aperte, ma anche da procacciatori di voti come Mokbel che ha determinato la vicenda Di Girolamo, senza nascondere i pesanti sospetti ancora non chiarificati rispetto alla residenza all’estero di Di Biagio, Picchi o Fantetti, consacrati paladini delle comunità che vivono all’estero (ahi, ahi).

La festa è finita dicevamo, ma anche la festa continua diciamo se osserviamo i risultati del primo turno elettorale nella nostra martoriata Isola. Silenzio assoluto dei media su un panorama regionale che d’altronde è di piatta assoluta. Si sono riconfermati i vecchi amministratori che sono riusciti ad accontentare gli amici, o almeno lo hanno promesso, nella tradizionale linea di quelli che propugnano il nuovo e poi si siedono dietro le segreterie alla ricerca della sistemazione.

Nessun vento di novità da questo primo turno di elezioni amministrative, nessun eletto eccellente, come l’ “onorevole” presidente Massimo Romagnoli che è riuscito a far tornare a Capo d’Orlando per farsi votare, anche una manciata di residenti emigrati, soprattutto in Germania, certamente emigrati ma sicuramente non scemi, tanto da farsi pagare il viaggio e poi non incidere più dei 182 voti ottenuti dall’ex deputato residente in Grecia…

Più preoccupantemente nessun interprete di quel nuovo che ha sfilato recentemente a Palermo e Catania, dietro le bandiere giallorosse della Trinacria. Niente, la Sicilia rimasta nel sogno di Tommasi di Lampedusa, addormentata e silente.

Non ci vengano poi a dire che bisogna risvegliarci, che bisogna occuparci di politica se il vecchio ancora avanza e si consolida, il nuovo non esiste e assistenzialismo e precariato rimangono la declinazione di queste parafrasi della politica che, purtroppo ancora lascia aperta “la sola via dei canti” come unica e sola possibilità di sviluppo e di occupazione permessa ai nostri giovani e a chi non è stato capace di abbassare la testa: la partenza, che è sinonimo di separazione, l’emigrazione che diviene sinonimo di futuro possibile, ahimé!

Ufficio Stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo