Amministrative ”negate” alle comunità siciliane all’estero

In questo fine-settimana, 11 comuni e 265mila siciliani saranno interessati dal secondo turno elettorale per la scelta del loro sindaco, a conclusione di una campagna elettorale passata sotto il silenziatore della stampa ufficiale e vissuta soltanto nei servizi improvvisati delle televisioni siciliane, impreparate alla disamina politica e specializzate tutt’al più nelle riproduzioni di film vecchi e datati, di campagne pubblicitarie locali per un dato supermercato o per un negozio di articoli da regalo, di filmini hard, quando i bambini dovrebbero essere a nanna.
Però’ sono gli interessi dell’Isola ad essere in gioco, la credibilità di un progetto politico in ambito cittadino, la necessità di un futuro che non ricalchi gli errori del passato ( sempre errori e sempre di attualità ) e l’analisi de L’ALTRA SICILIA è, a questo punto, dopo giorni di osservazione, disarmata ma spietata.

Iniziamo col denunciare il fatto che quasi 670 mila siciliani della “diaspora”, quelli costretti a lontananza ed emigrazione, sono stati tenuti volutamente al di fuori del dibattito, impediti a partecipare direttamente alle elezioni dei loro sindaci e dei loro consigli comunali perché non esistono misure che prevedono regole atte ad invogliarli a votare, incoraggiati, in pratica, a tagliare definitivamente quel filo con la madre terra che il tempo e questa disattenzione delle autorità hanno reso sempre più sottile.

Nonostante mille volte L’ALTRA SICILIA abbia richiesto il diritto di voto attivo e passivo per le comunità siciliane che vivono ed operano all’estero, a fronte della auspicata, solo a a parole pero’, e ribadita richiesta di partecipazione dei cittadini al voto, le comunità siciliane residenti all’estero non sono consultate in previsione del voto comunale o regionale, non possono votare, sono lasciate fuori dalle vicende politiche della loro terra d’origine e se decidono di tornare in Sicilia per votare, lo fanno a spese loro, a fronte di un elevato costo in termini di tempo e di danaro.

Abbiamo tutti dinanzi agli occhi la solerzia dei consolati nel recapitare le buste elettorali alle comunità all’estero, per il referendum, ad esempio, nell’illusione di convincerci che alle autorità nazionali interessi proprio il parere delle comunità all’estero, piuttosto che più onestamente confessare la necessità di contare anche quelle buste per ottenere il quorum abrogativo richiesto e di conseguenza validare la consultazione.

Ma amore con amore si paga: come gli italici hanno creato la legge per il voto all’estero, certamente necessaria di tante correzioni, viste le illegalità che è stata capace di permettere (vicenda De Girolamo – fortunatamente in galera – dibattito ancora in atto sulla residenza di alcuni deputati della circoscrizione esteri, Di Biagio e Fantetti in prima fila) così L’ALTRA SICILIA ha chiesto più volte al Ministro Presidente della Regione Siciliana di consentire anche ai siciliani che vivono all’estero, con una legge ad hoc, l’esercizio del diritto di voto attivo e passivo, in occasione delle elezioni che interessano l’Isola. Richiesta rimasta tuttora inascoltata, con la conseguenza che più del 13% dei cittadini oggi interessati a queste elezioni comunali rimangono nell’impossibilità di far sentire la loro voce.

Nello specifico di questo prossimo secondo turno poi, sono al confronto liste che sembrano l’una l’esatta fotocopia dell’altra, senza differenze apparenti, neanche nei nomi, interscambiabili, apparentate nella confusione del “civico” tanto che, a ben vedere, non notiamo alcuna differenza tra liste pur antagoniste come Uniti per Capo d’Orlando o Democratici per Capo d’Orlando, tra Patti Futura o Progetto per Patti futura, tra Canicattì’ città nuova o Canicattì’ futura, tra Favara futura o Ripensare Favara, una confusione ideologica indice di confusione sociale, la banalizzazione della politica al solo scopo di raccogliere il voto e poi, ci contraddicano se ne sono capaci, ricominciare il solito gioco del precariato, dell’assistenzialismo e della malapolitica.

Duole notare che nonostante i segnali che molti cittadini, nel corso di almeno due manifestazioni spontanee come le marce giallorosse con triscele di Palermo ad ottobre e recentemente a Catania, hanno inteso inviare alla classe politica dell’Isola proprio riguardo all’applicazione dello Statuto di Autonomia, nessun serio gruppo autonomista sia presente al voto.

Una richiesta dai toni garbati ma certamente dal forte valore rivendicativo delle prerogative disattese da sempre e oggi ritenute forse l’ultima occasione per dare all’Isola ed ai suoi figli quelle possibilità di sviluppo che ignavia, servilismo e dipendenza le hanno precluso.

Pero’ i partiti e le liste civiche oggi in lizza non hanno recepito il messaggio e sono rimasti legati a tradizionali interpretazioni della politica ormai superate dalle esigenze della gente che proprio nelle marce giallorosse hanno provato a inviare il segnale. Si parla di futuro, di democrazia ma l’Autonomia resta un’illustre sconosciuta.

Nella scia del federalismo assurto a valore da parte di questo governo italico lega-dipendente, riprendere il bandolo della matassa dell’Autonomia, consacrando alla rappresentanza istanze che avrebbero dimostrato la loro forte spinta popolare sarebbe servito almeno a ridare dignità alle rivendicazioni dell’Isola presentandole non più come fumose elucubrazioni storico-letterarie ma come effettiva e sentita convinzione supportata dalla richiesta popolare. E invece niente.

Si continua con PDL, PD, UDC, oggi anche FLI, in mezzo alle liste civiche armonicamente omogenee ma la Sicilia resta fuori. Una convitata di pietra di cui non se ne importa più nessuno, ma fino a quando?

Ufficio stampa

L’ALTRA SICILIA – Antudo