L’Avviso 20? Serve alla politica, non ai lavoratori

Fabrizio Russo è rappresentante sindacale dello Snals Confsal e più volte ha partecipato al dibattito sulla formazione professionale aperto dal nostro giornale. Abbiamo voluto sentire il suo punto di vista in relazione all’avviso 20 ed alle condizioni complessive in cui versa la formazione professionale in Sicilia.

L’Avviso 20 risolverà i problemi della formazione professionale dell’Isola?

“Ho già avuto modo, proprio grazie al vostro giornale, di esprimere forti perplessità in riferimento alla ‘operazione’ Avviso 20. Al di la dei comprensibili problemi di finanza regionale che pare abbiano indotto il Governo regionale a ricorrere ai fondi europei, ritengo tutta l’operazione una sorta di ‘furbata’, cioè un modo anche piuttosto rozzo di trasferire all’Europa tutte le contraddizioni irrisolte della formazione professionale siciliana”.

A quali contraddizioni si riferisce?

“Non ritengo particolarmente grave che nell’ambito di valutazioni politiche complessive si faccia ricorso per la formazione Siciliana a risorse europee. Il punto e chiedersi come si è arrivati a questa decisione. Da lì nascono le contraddizioni. Diciamolo chiaramente: la politica siciliana, anzi, la mala politica siciliana ben rappresentata dal Governo Lombardo, dopo avere saccheggiato letteralmente la formazione professionale, trasformandola, di fatto, in una sorta di ulteriore costo della politica ha pensato bene in tempi di risorse finanziarie scarse di scaricare il pezzo più debole di questa macchina infernale, cioè i lavoratori”.

Si riferisce agli oltre 8 mila lavoratori in Cassa integrazione?

“Certo”.

Molti invece sostengono che l’Avviso 20, con tutte le risorse finanziare di cui dispone, servirà innanzitutto a salvaguardare i posti di lavoro della formazione siciliana. Come la mettiamo?

“Andiamo con ordine. Dicevo che con l’Avviso 20, intanto, il Governo regionale e la mala politica tentano di liberarsi dei lavoratori, provando, peraltro maldestramente, ad azzerare la legislazione regionale in materia di formazione professionale, senza avere avuto la necessaria forza politica per approvare, invece, una riforma organica della formazione siciliana. E’ questa è la prima contraddizione. Anzi la prima furbata”.

Scusi, quali sarebbero le successive?

“Arrivo: dopo avere trasformato la formazione professionale nella succursale dei potentati politici siciliani e nazionali, contribuendo alle fortune economiche di taluni e assumendo in campagna elettorale migliaia di disoccupati, ora si scopre che il re è nudo: e cioè che sono finite le risorse, o meglio è finito il tempo di gestire in un certo modo le risorse e, dunque, occorreva e occorre liberarsi dei lavoratori, per altro in parte pure figli di una altra stagione politica. Risultato: hanno buttato a mare migliaia di lavoratori e le loro famiglie tentando di salvare il vero grumo, il tumore del fenomeno, cioè gli enti della formazione professionale, ovvero i centri di spesa con annessi sperperi e privilegi”.

In sostanza, a casa i lavoratori e noi continuiamo a fare le “nostre cose”?

“Se per le ‘nostre cose’ s’intende ‘l’affare’ della formazione professionale temo che la risposta sia sì. D’altra parte, basta fare una ricognizione storica, dal 2010 in poi, per capire che non può esserci altra risposta: la mala politica siciliana sta tentando, con l’Avviso 20, di salvare i propri privilegi, cioè l’affare rappresentato dalla formazione professionale”.

Non le sembra di fare della facile e peraltro gratuita sociologia ?

“Cerco allora di essere più preciso. La legge regionale numero 24 del 1976 e la legge regionale 25 del 1993 e, in generale, la legislazione regionale in materia di formazione professionale pone in essere paletti ben precisi in termini di garanzie per i lavoratori. Con l’Avviso 20 sembra trionfare quella sorta di mantra predicato in questi anni dal duo Centorrino-Albert, ovvero: ‘Finanziamo progetti e non stipendi’, tentando così di cancellare con un colpo di spugna diritti acquisti e consolidati dai lavoratori ma, soprattutto, provando a sottrarre la struttura regionale alle sue responsabilità di controllo. Il ragionamento sarebbe: io finanzio progetti, ergo non so nemmeno chi siano i lavoratori, né che fine fanno i soldi per i loro stipendi. Peccato, però, che si tratti di risorse pubbliche ed in qualità di ente erogatore la Regione siciliana ha delle responsabilità precise sull’uso che i terzi ne fanno”.

Vuole forse dire che l’assessorato non ha controllato l’utilizzo dei soldi che confluivano verso gli enti?

“Non solo non ha controllato, ma addirittura ha dato un solido sostegno agli enti, per esempio ‘aiutandoli’ ad aggirare alcuni adempimenti che invece vengono richiesti a qualsiasi ‘normale’ azienda siciliana”.

Ci perdoni, questa è un’ accusa gravissima. Può chiarirla e motivarla meglio?

“Posso provarci. Gli enti della formazione professionale siciliana non debbono attestare l’avvenuto pagamento delle retribuzioni attraverso un bonifico bancario, così come invece è richiesto alle aziende artigiane o alle piccole aziende che partecipano o fruiscono di erogazioni pubbliche. Questo a causa alla modifica dell’articolo 4 del Decreto del dirigente generale. Tutto questo con l’avallo delle orgnizzazioni sindacali, sulla pelle dei lavoratori del settore. Gli enti, oggi, godono di una sorta di licenza a fare ciò che gli pare. Mi chiedo: come è possibile che il dipartimento regionale della Formazione professionale continui ad erogare risorse verso enti inadempienti, enti che violano leggi e contratti non pagando gli stipendi ai lavoratori?”.

C’è dell’altro?

“Sì. I rappresentanti legali hanno sottoscritto modulistiche dove attestano il rispetto del contratto di lavoro, articolo 28 compreso. Ma come si può dichiarare di avere rispetto del Contratto nazionale di lavoro se da mesi non pagavano e non pagano i lavoratori? Si tratta oggettivamente di dichiarazioni false, che il dipartimento e l’assessorato regionale alla Formazione professionale non hanno mai voluto controllare, determinando un danno gravissimo ai lavoratori. Poi, c’è la questione della normativa del Durc che, stranamente, nella formazione professionale è stata applicata con grave ritardo, solo alla fine del 2010, malgrado le leggi nazionali parlino chiaro”.

Questo cosa ha comportato?

“Di certo sono stati danneggiati i lavoratori ai quali, in molti casi, non sono stati versati i contributi. Per concludere, gli enti della formazione professionale sono stati trattati dalla pubblica amministrazione regionale in maniera diversa da qualsiasi altra azienda siciliana. Anzi direi che sono favoriti rispetto a queste ultime. Ciò di per sé è un vero scandalo, soprattutto se poi si verificano i risultati: in molti casi, infatti, si tratta di aziende tecnicamente fallite che stanno in piedi grazie ai favori della politica e di una pubblica amministrazione molto distratta”.

Insomma:uno scenario a tinte fosche…

“Io mi limito a prendere atto di comportamenti e di fatti. Il compito di verificare possibili profili penali in questa materia non è certo mio, ma di autorevoli livelli di controllo. Ai quali ovviamente mi sono rivolto nella mia qualità di rappresentante sindacale come, del resto, era mio dovere fare. Per quanto riguarda, poi, le cose accadute non posso che prendere atto che governo e parlamento, senza – mi pare – alcuna voce di dissenso hanno in tutti modi tentato di salvaguardare non il lavoro ed i lavoratori, ma esclusivamente gli enti ed i loro privilegi. Il caso della legge 10 del 2011, poi impugnata dal commissario dello Stato, è il caso più significativo, arrivando addirittura a tentare di modificare una normativa nazionale – quella del Duc per intenderci – per cercare di ‘aiutare’ gli enti a diluire il pagamento dei contributi previdenziali. Per tutte le altre aziende siciliane attanagliate dalla crisi economica e dalle banche questo occhio di riguardo non c’è stato. Si tratta di fatti gravi che colpiscono il tessuto produttivo della nostra regione”.

Ma non erano anche i sindacati favorevoli? Non erano misure necessarie per aiutare i lavoratori?

“Guardi, nella formazione professionale e, in generale, in Sicilia facendo finta di ‘aiutare’ i lavoratori si commettono illegalità e misfatti incredibili. E’, questa, una delle peculiarità della mala politica siciliana. Sarebbe pure ora di finirla. Per quanto riguarda, poi, il sindacato meglio far cadere un velo pietoso”.

Non vorrà prendersela pure con il sindacato?

“Guardi dalla Cisl e dalla Uil siciliane, ormai, ci si può aspettare di tutto. Non riesco a comprendere, poi, come può un sindacato come la Cgil, che il vostro giornale santifica spesso, firmare, per esempio, nel settembre 2011, un accordo sulla modifica dell’art 4 del decreto del dirigente generale n. 2116. Un provvediento che, praticamente, ha consentito agli enti di non pagare gli stipendi dei lavoratori. Forse mi dovrò rassegnare all’esistenza di due Cgil: quella di Giusto Scozzaro e la Fiom di Landini”.

Noi non abbiamo santificato proprio nessuno. Abbiamo solo preso atto di una nota dell’ex segretario generale, Italo Tripi, dove si afferma che la Cgil non è proprietaria di alcun ente. Perché mettere per forza tutti nel mucchio se la Cgil siciliana si è chiamata fuori dalla formazione?

“Nessun mucchio, nessun polverone. Tuttavia il buon Italo Tripi sa meglio di me che il punto non è soltanto non avere enti di proprietà e rischiare di trovarsi nell’imbarazzante condizione di rappresentare datore di lavoro e lavoratori, ma capire anche quali sono gli atti concreti posti in essere dal sindacato a tutela dei lavoratori. Mi limito, a questo proposito, a prendere atto di non avere mai visto un sindacato cosi tanto collaborativo. Ecco diciamo cosi…”.

Scusi, ma tutto questo che attinenza ha con l’Avviso 20? Non siamo andati fuori tema?

“Il punto non è mettere in discussione le risorse europee. Noi denunciamo da tempo che le cose avvenute nell’anno formativo 2011 sono cosi gravi da avere inevitabilmente alterato la graduatoria dell’Avviso 20. Un esempio per tutti che ritengo clamoroso: l’Ancol, che da sempre i mezzi di informazione riconducono al messinese Giuseppe Buzzanca Buzzanca, presenta un consistente debito verso i lavoratori. Pare, addirittura, che debba erogare ancora decine di mensilità ai dipendenti. Come può un ente in queste condizioni partecipare ad una bando pubblico? Come mai non è stato definanziato? E’ stato verificato se ha accantonato il Tfr dei lavoratori? Qual è la sua condizione finanziaria complessiva? Queste valutazioni, questo monitoraggio andava fatto prima che si pubblicasse l’avviso 20. E avrebbe dovuto essere fatto su tutti gli enti della formazione siciliana. invece si è fatto esattamente l’opposto, ammettendo nelle graduatorie aziende tecnicamente insolventi, fallite con grave danno verso i lavoratori e versi il pubblico erario. Eppure l’accordo sulla buona formazione alla fine del 2010 parlava chiaro”.

Cioè?

“Direi che l’articolo 10 della legge regionale numero 24 è stato completamente tradito e disatteso. Invece di colpire i centri di spesa si è preferito colpire i lavoratori, mantenendo cosi inalterate le degenerazioni della formazione professionale siciliana. In questo senso il caso del Cefop è illuminante”.

Spieghiamo meglio cosa succede al Cefop.

“Non in questa questa sede. Quello che posso dire è che la vicenda Cefop è davvero inquietante. Rappresenta emblematicamente ciò che è stata la formazione siciliana al tempo dell’onorevole Raffaele Lombardo. Credo che, al di la delle sorti politiche del Governo Lombardo e al di la delle sorti dell’Avviso 20, il dirigente generale -dottor Ludovico Albert – è il principale responsabile delle cose accadute e si dovrebbe dimettere”.

A noi pare che i lavoratori aspettino con ansia, dopo mesi di sofferenza, questo benedetto Avviso 20. Addirittura, pare che, in caso di ‘bocciatura’ da parte della Corte dei Conti, qualcuno abbia ipotizzato problemi di ordine pubblico.

“I lavoratori debbono capire che dall’Avviso 20, così come stanno le cose, avranno solo gravi danni e l’aumento della loro condizione di precarietà. Ma soprattutto debbono capire che l’unica prospettiva che garantirà loro il lavoro è uscire dall’illegalità e dalla schiavitù della mala politica. Per quanto riguarda il Governo regionale, mi sorprende che dopo avere determinato una terribile macelleria sociale contro i lavoratori della formazione ora si preoccupi dei loro destini. In realtà ha soltanto a cuore di garantire un po’ di milioni di euro ai soliti noti. Se poi i lavoratori vorranno continuare a farsi prendere in giro partecipando a manifestazioni ad uso e consumo di taluni, liberi di farlo. Ma come recita un vecchio adagio, chi è causa dei suoi mal pianga se stesso”.

Giulio Ambrosetti
Fonte: Linksicilia.it