Le coincidenze parallele

La storia torna a mangiarsi la coda e, a settecento anni dalla battaglia di Bannockburn, un fiume delle alte terre dove Roberto Bruce, divenuto re Roberto I° di Scozia, aveva sbaragliato le truppe guidate da re Edoardo II d’Inghilterra, gli scozzesi hanno deciso di rispolverare quella loro storica vittoria sugli inglesi fissando così al 2014 la data del referendum deciso per raccogliere quel milione di firme necessarie al sostegno della richiesta popolare di indipendenza della Scozia.

Attualmente, dalla Scozia al Galles, la possibilità che le componenti nazionali del Regno d’Inghilterra decidano di sganciarsi dal Regno Unito non sono più mera ipotesi di scuola ma materia di acceso dibattito, passato ora dalla sfera di racconto fantastico ad ipotesi assai realistica e del tutto possibile.

Cinque milioni di scozzesi dopo essersi riappropriati della loro bandiera che sventola ormai su tutti gli edifici istituzionali, le banche, le scuole e persino i pub ed i supermercati e dopo aver ricatturato al centralismo di Londra, troppo impegnato a disinnescare la bomba referendaria, sovranità specifiche di un vero stato nazione indipendente come sanità, sicurezza, e istruzione, tentano ora anche la carta del controllo delle tasse così da poter agire sulla leva fiscale per aumentare la competitività delle loro industrie e attrarre investimenti stranieri e rimangono in attesa di poter gestire difesa e politica estera per quadrare il cerchio di un’indipendenza effettiva.

Molte coincidenze sembrano accomunare, com’è nella logica delle rivendicazioni di popoli sovrani costretti a sottostare ad un centralismo che ne impedisce sviluppo e autonomia. le rivendicazioni di Scozia e di Sicilia, ma è soltanto fantasia, la realtà resta molto differente.

Da lontano, anche Re Roberto, per eccessivo che possa sembrare, riporta alla Sicilia con le sue origini normanne ma soprattutto attraverso l’annosa guerra per l’indipendenza della sua terra. Visto più da vicino, Alex Salmond, il leader dello Scottish National Party, lavora dal 2011, non per ribaltare risultati elettorali o maggioranze raccogliticce, ma per erodere con il consenso dei suoi cittadini, più poteri allo Stato centrale e per raggiungere la piena indipendenza del suo Paese

Come per l’Italia nel caso (molto recondito) dell’indipendenza della Sicilia, anche per Londra quella della Scozia suonerebbe come una catastrofe economica.

Se ad esempio i profitti delle aziende petrolifere come Eni, Agip, eccetera dovessero restare in Sicilia per scelta di un Parlamento indipendentista (e non partire per Nord come hanno deciso con una legge i deputati-servi dell’ARS, a dispetto delle prescrizioni dello Statuto di Autonomia) creerebbero sviluppo e occupazione ma rappresenterebbero una perdita importante per le casse statali così come lo sarebbero per gli inglesi se le estrazioni petrolifere nel mare del Nord dovessero restare agli scozzesi.

Situazione ancora più grave (per gli Stati centrali) nel comparto della finanza energetica, se la Scozia, già ricca di petrolio, e, con un volo di fantasia, solo di fantasia, la Sicilia, che fornisce l’80% del fabbisogno petrolifero italiano ( benzina che ritorna in Sicilia gravata da tasse e accise a favore delle imprese italiche ma a tutto svantaggio dei siciliani) diventassero propulsori, ognuno nel suo territorio di influenza anche delle energie rinnovabili, eolico e solare in testa.
Vorrebbe dire, oltre a creare sviluppo del territorio anche provocare lo Stato centrale nelle sue prerogative inderogabili (il governo italiano ha sospeso gli incentivi alle fonti energetiche alternative).

Comunque andrà a finire, resta una differenza basilare nelle coincidenze accennate delle due realtà: la novità rappresentata dagli indipendentisti al potere.

A Nord Salmond ed lo SNP, partito nazionalista ma, a dispetto della vulgata corrente che riporta a destra le rivendicazioni nazionali, di mera matrice progressista, che ha seminato nel sociale e nel consenso tanto da poter poi, con un secondo passaggio, convincere gli scozzesi all’indipendenza forte dell’acquisito socio economico e occupazionale.

In Sicilia gli indipendentisti sempre in ordine sparso e sempre in diffidenza reciproca, perdenti a vantaggio dei partiti romani centralisti ed incapaci di capire che oggi la vicenda politica non si gioca più sulla base degli interessi di classe o di ideologia, ma su quella dell’opposizione tra centro e periferia.

A riprova di ciò, a Nord la spinta indipendentista di Edimburgo che ha riacceso le sopite voglie nazionaliste anche del piccolo Galles dove, una lingua ormai ridotta ai minimi storici di utenza, il celtico, aspira a contrastare la secolare inglesizzazione sulla base di un sussulto di orgoglio identitario che fa tremare già il regno, una volta Unito.

A sud la confusione sconcertante di un governo che si perde dietro processi e collusioni mafiose, staffette di assessori per calmierare gli alleati ed elezioni anticipate in un “dejà- vu” di interessi di bottega e di precarietà che costringe il cittadino nell’angolo, altro che sviluppo e orgoglio identitario!

eugenio preta