Per chi le leggi sono uguali?

Mascalucia (CT), 08 Gennaio 2005

Un paziente cittadino si è cimentato nella conta delle leggi italiane scoprendo che mediamente ce ne sono (una più, una meno) ben 250 mila! In un paese, disordinato e inattendibile come l’Italia, avere 250 mila leggi equivale a non averne alcuna, anche perché non raramente si scopre che si contraddicono tra di esse ed anzicchè ordine creano un immenso disordine.


Il fatto è che la libertà, nelle democrazie come quella italiana, è una speculazione riservata ai pochi (e sono molti!) che occupano le cariche pubbliche, politiche o amministrative. Sono loro che fanno le leggi e tengono in mano la frusta; gli altri, i sudditi, ci mettono solo la schiena sulla quale arrivano, funeste e feroci, le frustate. Costoro, per vanagloria e sapendo di non durare molto, si cimentano nella compilazione di leggi che porteranno il loro nome e che resteranno come testimonianza del loro mesto passaggio nella triste storia del paese.

Poiché il paese, direttamente o indirettamente, vive e si sostiene soprattutto d’inflazioni e di reati – e coi reati commessi anche dalle istituzioni – e visto che molte leggi non sono tenute nel giusto conto proprio da chi le fa, possiamo concludere questo capitolo affermando che non è vero “che le leggi sono uguali per tutti” e che in Italia, paradossalmente, esistono anche le leggi illegali.

I cosiddetti operatori giudiziari, compresi gli avvocati, in larga parte ignorano questi particolari e preferiscono occuparsi, con i pubblici funzionari, magistrati compresi, dell’applicazione delle “leggi più o meno politiche, quand’anche idiote”. Una volta c’erano gli “operatori del Diritto”, ora si chiamano operatori delle leggi, perché il Diritto lo ignorano con paurosa disinvoltura.

Occuparsi di pratiche legali è diverso che essere “Giuristi” o conoscitori del Diritto inteso come scienza esatta!

Per chi volesse ricordarli, a parte il fideismo cattolico, esistono i dieci comandamenti che, in dieci righette, dicono chiaramente tutto quello che la società politica dice o proibisce in una biblioteca di codici spesso idioti. Ma se anche il decalogo cristiano risultasse prolisso, esiste una regola basilare che da sola risolverebbe il problema della giustizia sociale: “I Diritti e le libertà di ogni individuo finiscono dove cominciano quelli degli altri individui”. Basterebbe propugnarla con insistenza a partire dalla primissima età.

Il fatto è che con le trasgressioni – che sono ovvie dove abbondano divieti e le leggi mancano di retroterra morale – si alimentano troppe industrie collaterali che vivono, prosperano e si arricchiscono a spese dei trasgressori, anzi laddove i trasgressori mancassero o diminuissero, provvederebbero loro, con le necessarie istigazioni e con le più fantasiose invenzioni, ad accrescere il numero degli autori di delitti per mantenere strapiene le carceri, dove altri tipi di “industriali” bivaccano inarrestabilmente. Una spiegazione facile possono darcela le contravvenzioni stradali: non sono quasi mai incidentali o occasionali; sono previste e calcolate nel bilancio dei comuni e qualora non arrivassero a coprire la previsione, sarà cura degli amministratori aumentare i divieti.

Poiché la responsabilità dei delitti, quali che siano, è soggettiva e a posteriori nessuno potrà affermare se un delinquente è tale per distorsione caratteriale o per provocazione ambientale, i misfatti organizzati passano indenni e possono persino rinnovarsi. Basterebbe un poco di attenzione per scoprire che in Italia il comparto della giustizia e delle polizie funziona in modo eccellente e persino oltre ad ogni possibile eccellenza: Tutti sono indaffarati ad arrestare, a giudicare; tutti condannano, tutti difendono, tutti espiano qualche cosa; e se manca quel “qualche cosa”, sono bravi ad inventarla… salvo, poi, a scoprire gli abusi di potere che, dopo tanti anni, non pagherà nessuno.
Lo stesso zelo, da parte delle istituzioni, non si verifica in favore dei giovani nell’età della loro formazione: mancano gli istitutori, gli insegnanti sono degli incapaci; mancano i programmi scolastici; le iniziative sociali; i centri di socializzazione.

Le scuole sono luoghi d’addestramento erotico con uso di droga.


Gli insegnanti non hanno voce in capitolo e sono persino derisi dagli alunni; l’uscita dalle scuole somiglia a quella delle discoteche, altra causa primaria di vizi e di malcostume consentita dallo Stato.

Le famiglie unite, una volta attente all’educazione dei figli, ora sono sempre di meno e vivono in totale assenteismo.


La Chiesa, che promanava dettami morali, è disattesa, ridicolizzata e vilipesa. Schiere di polizie aspettano i giovani al varco per arrestarli appena sbagliano; ma nessuno si occupa di attenderli all’uscita di scuola; per aiutarli a non sbagliare; a formarsi sanamente. Nessuno aiuta le famiglie a mantenere un ritmo socio-morale costruttivo.


Nessuno cerca di ripristinare la “morale sparita”, ma tutti si affannano a spiegare che la “morale” è cambiata e della “nuova”… non si sa cosa sia e dove sia.

Questi fenomeni forse sono più accentuati in Sicilia, dove vige lo sfruttamento legalizzato di tutti contro tutti, senza alcuna contropartita e sull’esempio estenuante delle istituzioni pubbliche italiane che ci sommergono con quelle 250/mila leggi e con la pretesa di applicarle, in onore di un’astratta giustizia.

Ci opprimono col falso di un’ipotetica “mafia” che in realtà non esiste, ma serve – ed è sempre servita – ai politicanti italiani o italianizzati (ascari) che in questa sede possiamo definire i nostri disinvolti frustatori.

Frustati e frustrati e con le ferite sanguinolenti, i siciliani ci aggiriamo smarriti alla ricerca di qualcuno che scopra la nostra stanchezza e il nostro dolore. Imploriamo un momento di Pace e invece troviamo muovi inventori, pronti a bivaccare sulle medesime ferite, suggendovi quell’ultima goccia di sangue rimasta: sono le aziende fornitrici di servizi pubblici (elettricità, telefonìa, trasporti, esattoria, assicurazioni obbligatorie, fiscalismo opprimente e spesso illegittimo, costi esosi per la sopravvivenza, prezzo dei carburanti alle stelle, pedaggi illeciti per percorrere le vie demaniali, ed altro), tutti monopoli, effettivi o mascherati, che predominano in dileggio delle leggi antitrust e della relativa “autority”.

Il risultato è un’artificiosa ricchezza, festosamente e rumorosamente pubblicizzata dai massimedia, televisivi e cartacei, in una spirale d’estrema immoralità. Nulla è più immorale e criminoso della pubblicità di beni voluttuari e inutili, offerti senza soldi: l’ultimo modello di auto o moto; l’ultimo televisione; l’ultimo divano; eccetera.

Mentre banche e finanziarie, incredibilmente, pubblicizzano offerte di denaro a basso costo e lunga scadenza, anche ai disoccupati, ai protestati, agli spiantati!

Sono queste vicende e questi personaggi che bisognerebbe mettere sotto processo; non chi accede alle proposte e con ingenua leggerezza prende in consegna quei beni che, dopo qualche anno, non potranno pagare… se non organizzando nuove catene di truffe e di imbrogli.

Da noi non esiste la prevenzione del Male; al contrario esistono sistemi d’istigazione al Male, nelle sue molteplici forme degenerative. Si è instaurato un collasso morale permanente che conduce al delitto persino i cittadini più sani. Si sono innestate spirali di imbrogli, di truffe e di malaffare che non possono essere casuali.

Tutto quello che vogliamo, noi siciliani – fermamente e consapevolmente – è un poco di legalità seria, che ora manca del tutto; una ritrovata e autentica etica sociale. Vogliamo la nostra Pace.

Non abbiano bisogno che vengano le esattorie italiane, per creare finti balzelli e finte scadenze con cui scannare i cittadini: possiamo resuscitare le nostre esattorie e tesorerie comunali che funzionavano benissimo.

Non abbiamo bisogno delle aziende italiane per comunicare telefonicamente: possiamo gestirci da soli. Come da soli possiamo illuminare le nostre case e le nostre strade; possiamo dissetarci con la nostra acqua (l’acqua è soggetto di Diritto Pubblico, esente da qualsiasi tipo di lucro!). Possiamo procacciarci ed organizzare il nostro lavoro produttivo serio, rinunciando alle immense postazioni impiegatizie, destinate al personale ascarizzato che assorbe ricchezze senza produrre nulla.

Da soli, infine, possiamo organizzare la nostra PREVENZIONE, che a posteriori giustificherebbe la nostra giustizia e le nostre leggi; possiamo attrezzare la nostra giustizia e le nostre polizie, il nostro sistema penologico e le nostre carceri, i nostri futuri avvocati, seppure ce ne sarà bisogno in forma molto limitata.

Da soli possiamo fissare i limiti del nostro fisco e amministrare le nostre risorse: che adesso ci portano via senza nemmeno ringraziare, anzi insultandoci. Ora finalmente, ripristinando il peggior medioevo, minacciano di toglierci la CASA costruita coi nostri sacrifici, ipotecandola a fronte di pretese allucinanti e illegittime.

Vogliamo dire BASTA a tutto questo. Ma vogliamo dirlo pacificamente, alla luce del Diritto e dell’intelletto, sperando di incontrare interlocutori validi soprattutto sul piano intellettivo.

Vito Vinci