Tra il Tigri e l’Eufrate

La “primavera araba”, l’imbroglio foraggiato da UE e USA compie miracoli, primo fra tutti la disgregazione di stati sovrani, forse pure in sospetto di democraticità, ma economicamente e civilmente stabilizzati.
Senza, per questo, sottoscrivere le dittature, vorremmo ricordare che satrapi orientali avevano consegnato ad un’era di stabilità un panorama geopolitico particolarmente sensibile per le notevoli differenze religiose, per l’inarrestabile e continuo conflitto israelo-palestinese, per gli interessi dei nuovi colonizzatori che non perdevano l’occasione di tramare qualche congiura pur di accaparrarsi quelle materie prime, motore delle attività della civiltà industriale.

Un’area del mare di mezzo che avrebbe potuto, vuoi per vicinanza geografica, vuoi per influenze e predominanze culturali e politiche, proiettare la Sicilia in una funzione nodale nello scacchiere del bacino mediterraneo, oggi tanto importante negli equilibri tra occidente e oriente, ponendola come vero ponte tra Sud Europa e Nord Africa, tra attività industriali necessarie e materie prime indispensabili. Invece, questa Sicilia, resta alle spalle di tutto e perennemente in attesa del satrapo di turno.

Dopo la cancellazione dell’Iraq, la confusione dell’ Afghanistan, la consegna di Tunisia, Libia, ed Egitto agli integralismi più estremi, ora potrebbe essere il turno della Siria. Avevo partecipato nel 2002 alla delegazione del parlamento europeo a New York come estremo tentativo di bloccare l’ordine di attaccare Saddam Hussein, la decisione ONU 1441 e, vedendo Blix, l’ambasciatore svedese capo negoziatore per l’Iraq, in giro di notte nella V° strada, non è che ne sia rimasto molto ottimista. Poi anche l’indomani mattina, nel briefing con l’ambasciatore americano John Bolton, quello che non riusciva a mettere d’accordo il colore dei suoi baffi con quello dei capelli, e successivamente nell’incontro con Kofi Annan, avevo avuto la sensazione della perdita di tempo e del tutto già stabilito. Poi ci fu l’attacco a Bagdad e la conseguente distruzione di quel regime di minoranza costituto dai sunniti.

Oggi anche in Siria sembra ripetersi la situazione irachena. Il 40% della popolazione siriana è costituito da minoranze religiose: Sunniti, Sciiti, Alawiti, Drusi, Cristiani Ortodossi, Cristiani di rito Orientale e Occidentale e si trovano ben quattro etnie diverse: arabi, curdi, armeni e drusi. Convivono insieme 19 confessioni religiose. Un modello di società che andrebbe salvato e salvaguardato, invece si cerca ogni scusa pur di attaccare Assad, reo di opporsi al progetto americano del nuovo Grande Medio Oriente.

La Siria ha costituito, prima della follia della guerra civile, un’oasi di democrazia e tolleranza religiosa nel vasto mare degli integralismi, non è un paese qualsiasi, il Cristianesimo è nato in Siria ben sei secoli prima dell’Islam, quattro papi della Chiesa cattolica sono siriani, ha dato imperatori all’’Impero Romano, eppure oggi tutti parlano di primavera araba come cambiamento necessario e vogliono distruggere questa oasi di tolleranza.

In effetti questa primavera consisterebbe nel consegnare la sponda Sud del Mediterraneo all’Islam politico e integralista, malgrado la volontà popolare. Eppure ci sono tante differenze tra la Siria e le monarchie assolute del golfo, patrocinate sempre dagli occidentali… In Arabia Saudita non c’è un Parlamento, non si conosce sistema di voto, nemmeno per un condominio. Nel Qatar la stessa cosa. Possono essere protagonisti di una “primavera democratica” questi Paesi che sono monarchie assolute? La Siria invece è un paese che ha una Costituzione e un Parlamento da almeno 60 anni, se la colpa che si imputa a Assad sono le riforme, che bisogno c’è di guerre e mercenari? che bisogno di Obama e dell’Opzione Zero? Non sarebbe più’ logico e civile sedersi ad un tavolo negoziale, dopo aver appurato se effettivamente anche Assad si possa ascrivere alla categoria dei satrapi medio-orientali?

Oggi le infrastrutture in Siria sono state demolite, le ferrovie non esistono più, tutti i ponti ferroviari sono stati fatti saltare, le centrali elettriche sono state distrutte come distrutti anche gli oleodotti, c’è carenza di gas e la popolazione civile soffre attentati e carestie.
Ma perché tutto questo? A cosa serve, se non a distruggere un paese?
L’ informazione poi è manipolata e non può essere a senso unico. E’ impossibile che la rete televisiva siriana in lingua araba “Addounia”, laica, venga oscurata in Europa, una Tv libera, e invece si consente la trasmissione di decine e decine di stazioni televisive salafite, che incitano alla morte, all’assassinio, alla guerra settaria. Se oggi per un motivo qualsiasi Assad dovesse scomparire, la Siria fatalmente si spaccherebbe, gli alawiti e i cristiani della costa andrebbero per conto loro, i drusi della zona confinante con la Giordania rivendicherebbero la loro indipendenza, come i curdi.
Sarebbe una vera guerra civile. Oggi il solo ostacolo all’intervento armato di Obama è costituito dalla Russia che si vede attaccata nei suoi interessi strategici. La Russia vuole la sua base a Tartus, vuole ostacolare questo grande Medio Oriente perché non accetta la cintura Nato nelle stazioni radar in Turchia e in Polonia. Eppure tutti lavorano per la guerra. E’ vero che gli oppositori di Assad sono tanti e di differenti identità ma la Siria è un paese di tolleranza e l’occidente non può’ buttarlo nella guerra civile come sta facendo.

Sul sito Siriatruth che è un sito dell’opposizione, un’opposizione diversa dalle altre, laica, c’è scritto che chi ha messo la bomba nel quartier generale della Sicurezza Nazionale siriana è il segretario del presidente Assad, che non ha niente a che fare con l’opposizione ma è un uomo dei servizi segreti americani. E dopo l’attentato si è rifugiato nella casa dell’ambasciatore americano a Damasco. Questa è una notizia che arriva dall’opposizione. Ma è possibile che se uno Stato o un governo non è gradito agli americani lo si deve abbattere, ma non democraticamente. Perché non chiedere al popolo siriano di andare alle urne, pur sotto controllo internazionale, per vedere effettivamente cosa voglia questo popolo?
L’informazione manipolata, dicevamo prima, infatti nessuno ha scritto che Assad ha cambiato l’art 8 della Costituzione,come gli aveva chiesto il popolo, che ha ammesso 20 nuovi partiti, anche di opposizione, ma lo notizia non è trapelata in occidente perché bisognava convincere l’opinione pubblica che Assad è un dittatore, che gli obiettivi sono gli equilibri internazionali e la Siria disturba questi equilibri in nome di una primavera che non c’è mai stata né mai ci sarà.

eugenio preta