Elezioni europee

Quest’anno, insieme al voto per chi dovrà rappresentare i cittadini nel Parlamento europeo, saremo testimoni, per la prima volta, delle elezioni per la nomina del presidente della Commissione Esecutiva, il capo del governo di quest’Europa che impone misure e standard di produzioni, assassina l’agricoltura insieme all’artigianato e alle piccole e medie imprese degli Stati nazione, premia i diritti dell’uomo e riceve persino il Nobel della Pace, pronta poi invece a bombardare prima Sarajevo, poi anche Iraq e Tripoli ed intromettersi con la forza nelle rivendicazioni delle popolazioni filorusse dell’Ucraina per compiacere l’amico amerikano.

La nomina del Presidente dell’Esecutivo, finora spettava ai governi ed in definitiva alle forze politiche che rappresentavano i vari Paesi membri nel Consiglio europeo scegliere il candidato, con la variabile dei possibili cambi di governi che puntualmente intervengono nei Paesi membri e la conseguenza che, ad un certo punto, quel candidato prescelto potesse anche non rispettare più gli equilibri iniziali che ne avevano determinato la nomina.

Ad un Presidente di nomina a tendenza democristiana poteva non rispondere più, come spesso è avvenuto, una maggioranza del Consiglio dello stesso colore politico, con le inevitabili disfunzioni e impasse istituzionali immaginabili. Oggi, finalmente, dovrebbero essere i cittadini a votare. Ma non sarà purtroppo così.
Sintomatico il fatto che le grandi famiglie politiche abbiano espresso tutti un candidato: i democristiani l’inquisito Juncker, i socialisti lo “statista “Schultz, aggettivo avvalorato da chi lo conosce, i liberali Verhofstadt, le sinistre insieme ai verdi, Tsipras.
Delle famiglie della destra vera pero’ non giungono candidati. Segno di una mancanza di accordo e di scarsa omogeneità tra le forze che dovrebbero rappresentare l’alternativa di destra in Europa, cosa che la dice lunga sulle possibilità poi di future coalizioni per future battaglie politiche univoche.

Se poi le cose staranno così, crediamo che anche un pur ristretto gruppo delle destre nel PE, è fin da ora poco probabile con la conseguenza che si implementerà il segretariato dei NON ISCRITTI, la struttura appunto dei deputati che vogliono fare corsa da soli, difficili e non corretti politicamente, veri parlamentari di II° categoria a cui sono fin da ora preclusi posti di responsabilità, possibilità di incidere nei dibattiti e finanche strutture operative idonee.

(L’ultimo tentativo di dare un segno tangibile di opposizione istituzionale di destra risale al 1985 quando il Fronte nazionale francese, l’Epen greco, il partito unionista dell’Irlanda del nord e il Movimento sociale-DN diedero vita al gruppo delle Destre europee con la Presidenza di Jean Marie Le Pen e la vicepresidenza di Pino Romualdi.
Quelle Destre Europee vissero fino alle elezioni del 1989 quando al gruppo si aggiunsero i deputati tedeschi del partito dei Republikaner di Schonuber, una parentesi passeggera che pero’, pretendendo l’esclusione di un partito radicato come il MSI-DN, determino’, nel giro di qualche anno il logoramento e la fine di quel gruppo delle Destre Europee).

Questa volta, dopo il 5 giugno, ci potrà essere senza dubbio un gruppo di francesi con Marine Le Pen e verosimilmente un drappello di 4 o 5 leghisti che si uniranno in un gruppo parlamentare, sempre pero’ risicato e poco utile a fronte della necessità (eppure possibile) di un grande gruppo di destra che possa, nei numeri, veramente controbattere nomine e politiche a senso unico, finora appannaggio dell’accordo PPE/PSE con qualche briciola raccattata da Liberali e Verdi.

Oggi troppe individualità ed eccessiva voglia di protagonismo impediscono di far pesare una concezione alternativa nel dibattito europeo, una visione non federalista ed euro-realista nelle scelte che dovrà fare questa Europa sulla via della necessaria riforma di funzionamento e di concezione.

Questa Europa infatti, lungi dal diventare quell’entità politica sognata dai Padri fondatori, è rimasta solo una grande area di libero mercato di capitali e di merci con netta predominanza delle lobbies massoniche e bancarie e della elefantiaca burocrazia di Bruxelles, assurta a governo degli Stati nazione.

Servirebbe rimettere tutto a zero, prima di tutto BCE e moneta unica, e poi cercare di ripartire dalle esigenze dei popoli.

In questo dibattito, purtroppo, mancherà una visione politica importante, non ci sarà la destra e la stessa lotta che si faranno nominalmente PPE e PSE sarà solo un’aspetto dello stessa medaglia: quella federalista, del tutto informe e del tutto omogeneizzato, con buona pace dei popoli europei…

eugenio preta