L’alto tradimento di Crocetta che sta impiccando 5 milioni di siciliani!
Si è parlato molto, in questi giorni, dell’accordo finanziario tra Stato e Regione. Le opposizioni lo considerano scellerato. Io stesso, insieme ad altri rappresentanti di associazioni siciliane, ho sottoscritto la petizione per la sua sostanziale inibizione (mentre la manovra di assestamento / 3a finanziaria lo sta in sostanza ratificando).
Il Governo regionale e la maggioranza, ovviamente, lo difendono. L’on. Baldo Gucciardi,capogruppo del PD all’Ars, dice che in fondo stiamo rinunciando a “ricorsi inutili”. Cerchiamo ora di capirne di più, tecnicamente, ma in modo divulgativo, per vedere se in questo momento drammatico per la Sicilia stiamo veramente facendo un buon affare o un vero e proprio regalo coloniale.
L’assessore all’Economia, Maurizio Agnello, ha dato una quantificazione del “quantum” dei contenziosi. Dice che si tratta di una rinuncia a circa 4 miliardi di euro. Io ho molto rispetto delle competenze professionali e della correttezza morale dell’attuale assessore, che conosco da tempo. E tuttavia non posso fare a meno di notare che, nel suo ruolo, non può che svolgere una difesa d’ufficio dell’operato del Governo. In altri termini, la sua posizione è una posizione di parte. I 4 miliardi sono tutt’al più un limite minimo. Altre quantificazioni più realistiche danno la cifra intorno ai 6 miliardi di euro.
Ora, la semplice rinuncia a un fondo di tale entità costituisce in sé un danno alle ragioni della Sicilia. Su questo primo elemento, indiscutibile, c’è veramente ben poco da dire. Per dare un’idea della cifra di cui stiamo parlando, con quei soldi si potrebbe azzerare ogni debito della Regione, portando il rapporto Debito/Pil attualmente pari a circa il 6,9 % (ebbene sì, la tanto sgangherata Sicilia oggi ha un rapporto Debito/Pil più basso di quello della Germania) contro il 134% della fallitissima Italia, allo 0% (dicesi “ZERO”!). Cioè, con quel contenzioso azzereremmo, o quasi, tutto il debito attuale dell’Amministrazione regionale.
Teniamo conto che il pretesto per la truffa del cosiddetto “Patto di Stabilità” (e di crescita?) per il quale ci fissano un tetto alle spese, e ci ricattano decidendo a Roma di quanto alzarlo o no, è che ogni eccedenza rispetto al livello di spesa garantito dovrebbe andare a ripianamento del debito. Ma di quale debito parliamo se la nostra rinuncia è pari, in sostanza, all’intero debito siciliano?
D’ora in poi, sempre che questi ricorsi fossero vinti, beninteso, ogni limite alla spesa pubblica in Sicilia sarebbe fatta solo nel nome del debito pubblico dello Stato italiano. Se non si fosse fatto questo accordo sarebbe diventato chiaro come il sole ciò che oggi è oscuro alla maggior parte dei Sicilani, e cioè che se la Sicilia naviga in cattive acque ciò è dovuto quasi ESCLUSIVAMENTE alla nostra appartenenza/sudditanza ad un Paese sgangherato dal nome “Italia”.
Vinti quei ricorsi si aprirebbero solo due strade: o il superamento del patto di stabilità, con una crescita esplosiva di redditi e occupazione, o il suo mantenimento forzato, ma con l’inconveniente che a quel punto tutti i Siciliani diventerebbero indipendentisti, perché toccherebbero con mano il fatto che la palla al piede per noi è appunto lo Stivale, e non viceversa.
Ma la rinuncia agli effetti dei contenziosi passati dà soltanto una prima idea della reale perdita per la Sicilia. L’accordo, infatti, – checché ne dicano i rappresentanti “ascari” – pregiudica di fatto i ricorsi futuri, e finanche la stessa attuazione dello Statuto siciliano in materia fiscale.
Oggi siamo l’unica Regione a non aver attuato il proprio federalismo fiscale, a non avere un accordo tra Stato e Regione di carattere definitivo, a non poterlo avere praticamente più. Già ho sentito una dichiarazione delirante di un sottosegretario di questo Governo Renzi dire che l’art. 37 “è già attuato” e che il discorso è chiuso.Ma stiamo scherzando? Già nel testo-truffa dell’accordo sull’art. 37 è scritto a chiare lettere che l’attuazione è provvisoria per il triennio e poi… si vedrà, e già il discorso è chiuso?
In pratica, non stiamo solo rinunciando ad una grandezza-stock, ma – e questo è ben più grave – a una grandezza-flusso a regime. Le mancate entrate della Regione per l’inattuazione dello Statuto valgono, almeno 7 miliardi L’ANNO!!
Capite, cari concittadini siciliani, a cosa stiamo rinunciando? Potremmo rimuovere il blocco ai consumi e ai servizi pubblici, rilanciare l’economia con un grande piano di investimenti, realizzare una fiscalità dalle dimensioni umane e di vantaggio, spezzare la spirale della continua desertificazione economica.
A questo stiamo rinunciando con questo contenzioso.
L’accordo, poi, è ben strano: vincola solo la Regione a stare con le mani legate dietro la schiena. Lo Stato, invece, nella sua “slealissima collaborazione” con la Regione, resta con le mani libere. Quando vuole può esigere “ad libitum” quote maggiori, praticamente illimitate, del nostro gettito tributario se le “sue” esigenze lo impongono. In pratica, abbiamo consegnato loro (e come s’è visto possiamo fidarci) il nostro magro portafoglio, con l’intesa che – se ne hanno bisogno – possono attingere come e quanto vogliono. Un bell’affare, no?
L’assessore dice che l’accordo riguarda “solo” i ricorsi in materia di finanza, cioè, in soldoni, in materia di “picciuli”. Per i ricorsi di natura amministrativa e varia… non passa lo straniero! Beh, però, hai detto niente: “solo” in materia di finanza… Tutto gira intorno alle risorse. Che ce ne facciamo di competenze senza risorse? Mah!
I fatti, ormai incontestabili con il ritiro dei ricorsi, sono, ad esempio, che la legge di stabilità nazionale del 2012 affibbia alla Regione nuove funzioni in assenza di copertura finanziaria, ovvero che in diversi campi è saltata (ma c’è mai stata?) la cooperazione tra Stato e Regione e, soprattutto, che la Commissione Paritetica e gli accordi che da questa dovevano nascere sono completamente saltati!
Su questo e altro la Regione di Raffaele Lombardo e Gaetano Armao aveva fatto giustamente ricorso. Su questo e altro adesso dobbiamo accettare il comportamento coloniale di un’Italia che ci considera ‘Nemici’ e lo facciamo arrendendoci senza neanche combattere.
Altra rinuncia riguarda l’IMU del 2012, che andava a finanziare lo Stato, togliendo risorse ai Comuni, e a valere su tributi di spettanza regionale. In altre parole, lo Stato, con l’operazione IMU 2012, toglie risorse nette alla Regione e se le prende senza tanti complimenti. Il resto lo fanno i giornali e telegiornali servi o complici che dicono che la Regione è “in default”, senza spiegare chi è il vero ladro.
Oppure, altro ricorso importante, ricordiamo la rinuncia ad aumenti di carico regionale delFondo sanitario nazionale, non compensati da alcun passaggio di tributi o di risorse dallo Stato alla Regione per compensare tale maggior onere. Siamo al ladrocinio alla luce del sole. Siamo al brigantaggio dello Stato italiano, che usa il nostro stesso Statuto come corda alla quale impiccarci. E Crocetta firma…
Ci sono anche tributi minori, illegittimamente accaparrati dallo Stato e contestati dalla Regione, per circa 100 milioni l’anno. Fanno ad oggi 400 milioni circa, computati in quei 4 o 6 miliardi di cui si diceva sopra. Ma nessuno conta quanto ci costerà questa rinuncia non per il passato, ma per gli anni a venire, per sempre. Solo solo su questa voce ci sarebbe di che organizzare il servizio antincendio su basi razionali e rispettose di tutte le esigenze.
Ma fra tutti i ricorsi ritirati il più grave è quello che riguarda i famigerati “accantonamenti” a favore dell’Erario, che operano in aperta e conclamata violazione del decreto attuativo del 1965: i famosi 915 milioni del 2013, più di un miliardo e 140 milioni di euro per il 2014, e – con le mani libere per lo Stato – tendente a infinito per i prossimi anni. La Regione “rinuncia” a questi soldi per conto nostro e per sempre.
Addirittura rinunciamo ad un’impugnativa fatta dall’ex assessore Luca Bianchi (noto sicilianista?) contro la legge di stabilità statale del 2014 che impone irrazionali tagli di spesa alla Regione per circa un miliardo l’anno e altre minori entrate dirottate verso l’Erario.
Beh, però, si difende il Governo Crocetta, dicendo che ci sono pure i vantaggi derivanti da questo accordo. Quali?
Vediamoli, magari ci è sfuggito qualcosa.
Primo: ci hanno alzato il livello di spesa di alcune centinaia di milioni del patto di stabilità. Su questo molti autorevoli commentatori, pur critici con il Governo Crocetta, dicono: “Ci danno poche centinaia di milioni in cambio di svariati miliardi”. Ci danno? No, cari amici: ERRORE! Non ci danno proprio nulla. Il patto di stabilità è un’autorizzazione a spendere i NOSTRI soldi. Capite l’orrore? Ci autorizzano, per ora, ma possono quando vogliono cambiare idea, a spendere un filino in più delle NOSTRE risorse. È o non è questo sciagurato patto di stabilità un’autentica truffa ai danni dei popoli?
Immaginate di aver dato la decisione di come spendere il vostro reddito familiare a un terzo, a un banchiere ad esempio, il quale abbia diritto di decidere quanto potete spendere per le esigenze della vostra famiglia e quanto dovete tenere vincolato in banca per ripagare il vostro mutuo. Che ne pensereste? Ebbene, questo è il famoso patto di stabilità, peraltro per la Sicilia rimesso nel quantum all’arbitrio, malevolo, dello Stato italiano. Dov’è la tanto decantata Autonomia?
Secondo: vero è che rinunciamo a fare ricorso contro i furti illegittimi derivanti dagli accantonamenti all’Erario delle tasse dei siciliani (e a tante altre cose), ma lo Stato (per ora, ma può ripensarci se crede) si impegna a… rubare un po’ meno (gli accantonamenti saranno più bassi di qualche centinaio di milioni l’anno, che so? un miliardo e cento milioni? Ecco, grosso modo…). E anche questi non sono soldi dati alla Regione, tutt’al più… minori furti….
Terzo: il rispetto del patto di stabilità ora sarà su base triennale anziché annuale. E che ci guadagniamo se i livelli sono sempre gli stessi, anzi sempre più severi nel tempo? Ci guadagniamo che, nel breve periodo, ci fanno pagare qualche stipendio, così, alla giornata, per poi strangolarci definitivamente alla fine del triennio, magari dopo le prossime elezioni politiche in cui la dittatura PIDDINA finirà di consolidarsi.
Quarto: lo Stato, se perde un ricorso, come l’ultimo scorso, si impegna … a non fare leggi per riprendersi per via legislativa ciò che ha perso per via giudiziaria. Questa slealtà dello Stato è di una vergogna tale che mi rifiuto persino di commentarla.
Fine dei vantaggi.
In compenso, visto che i ricorsi non si possono fermare, ci impegniamo a restituire allo Stato quello che eventualmente la Corte Costituzionale (che è quella che è nei nostri confronti) ci dovesse eventualmente riconoscere. Immaginate un commerciante che denuncia un mafioso che lo costringe a pagare il ‘pizzo’, e immaginate che il mafioso, non potendo fermare il processo, faccia firmare una carta al commerciante nella quale questi si impegna a ridare al mafioso ciò che eventualmente il Tribunale gli riconoscesse. È esattamente ciò che è successo.
Poi c’è un altro aspetto che non è mai abbastanza sottolineato. Ma come mai un accordo così vantaggioso è venuto alla luce solo ora: non una delibera di Giunta, non una discussione parlamentare, non una dovuta informativa ai cittadini.
Alto tradimento? Sì, alto tradimento, non riesco ad usare altri termini.
E comunque questo furfantesco “patto di stabilità” è alzato poco poco poco per il solo 2013, in modo da farci superare gli esami, poi è subito nuovamente abbassato per gli anni successivi. E, per le drammatiche condizioni della Sicilia, questo repentino e drastico abbassamento non può che essere definito CRIMINALE, nei suoi devastanti effetti economici. E – non lo si ripete mai abbastanza – se vuole lo Stato può ulteriormente abbassarlo, mentre la Regione si lega le mani per ogni eventuale innalzamento.
Infine, non è certo la cosa più importante, ma voglio ricordarla, la Regione rinuncia alla propria competenza legislativa in materia di leggi contabili, e lo fa in maniera strisciante: con una legge recettizia unilaterale e dinamica. In pratica, la Regione si assimila, CON PROPRIA LEGGE, a tutto ciò che nel presente e in futuro la legge dello Stato stabilirà per le Regioni a statuto ordinario. Quando tenterà di legiferare di nuovo, le sarà impedito con qualche principio generale dell’ordinamento costituzionale.
Ma oggi questa potestà ce la leviamo da soli, in maniera silenziosa. Nel 1977 anticipammo lo Stato di un anno con l’introduzione del bilancio pluriennale, in futuro ciò non potrà mai più accadere. Ma allora c’era Piersanti Mattarella, i Governi di “solidarietà autonomistica”. Un po’ “ascaretti” pure loro, intendiamoci, ma al confronto di oggi giganti smisurati.
Si potrebbe anche obiettare che in un accordo “segreto” il Presidente si impegna “per conto” del Parlamento che ancora non era stato interpellato a “far leggi” in un certo modo. Ma, proprio su questo punto, la terza finanziaria ratifica tutto senza che neanche sia spesa una parola!
A proposito: la finanziaria è incostituzionale. Le leggi di bilancio sono tenute distinte dalle finanziarie (ora chiamate, ipocritamente, “di stabilità”) per effetto di un obbligo costituzionale che vuole che la legge di bilancio sia solo legge formale. E così legge formale deve essere anche la legge di assestamento di bilancio. Qui abbiamo fatto un ibrido tra la legge di bilancio (assestamento) e la legge di stabilità. E queste cose non si fanno, non si fanno in un Paese civile. Chissà se il Commissario se ne accorgerà, o se si accorge solo se sono in gioco interessi finanziari dello Stato.
Ora il quadro è chiaro. La Sicilia sta fallendo perché la nostra deputazione e il nostro governicchio la stanno regalando allo Stato, a uno Stato nemico.
Ma non dovrebbe finire così. I termini della questione sono così chiari, che ogni iniziativa, anche giudiziaria, deve essere posta in essere, per trascinare i due contraenti (sì, anche, anzi soprattutto, lo Stato) nei Tribunali competenti, nazionali e internazionali.
È lecito per la Carta Europea dei Diritti violare così apertamente e scorrettamente il proprio diritto costituzionale interno, conculcare i diritti delle minoranze, e continuare ad essere considerati Stato di diritto? Se ci sono opposizioni all’Ars, portino avanti iniziative di questo tipo, e non solo politiche che li vedrebbero soccombenti. E ai deputati siciliani dei partiti di maggioranza, a quelli che non consideriamo “cose inutili”, l’obbligo di chiedere immediate spiegazioni a Renzi.
Infine una richiesta al presidente Crocetta: il Parlamento non la sfiducia, è stato consigliato male, o ricattato, non so, non credo abbia volutamente danneggiato in maniera così grave i Siciliani. Ponga però lei termine a questa insostenibile legislatura, visto che nessuno ha il coraggio di farlo. Si dimetta, per favore, e pazienza per i vitalizi che, prima di aprile, non sono maturati per i deputati. I Siciliani gliene sarebbero grati.
Questa sciagurata vicenda del regalo di miliardi all’Italia non può finire così. Altrimenti NOI siamo finiti.
Massimo Costa